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mercoledì 7 aprile 2021

Danza: In Spagna sfilata di protesta delle scuole di Flamenco

Anche in Spagna, nei giorni scorsi si sono svolte manifestazioni di protesta contro le chiusure decise dal locale Governo. 

Nel Paese iberico spesso le manifestazioni di protesta si trasformano in una sorta di sfilata, forse retaggio di antiche tradizioni. 

Una di queste sfilate, in particolare, a nostro avviso, risulta interessante, quanto meno a livello coreografico.

Si tratta della protesta delle scuole di Flamenco, ballo molto popolare in Spagna, che sono state chiuse dal Governo ed hanno quindi deciso di far sfilare per le strade di Madrid, le ballerine nel loro tipico costume. Indubbiamente una manifestazione simpatica che non ha mancato di riscuotere successo da parte di coloro che si sono trovati a passare lungo il percorso dello strano corteo. fonte:  https://fiorenzaoggi.it

martedì 23 marzo 2021

Arte > Firenze: A Palazzo Strozzi "La Ferita" di JR dal 19 marzo al 22 agosto 2021

Dal 19 marzo 2021 Palazzo Strozzi cambia volto attraverso l’intervento di JR, artista contemporaneo tra i più celebri al mondo, chiamato a reinterpretare la facciata di un simbolo del Rinascimento a Firenze con una nuova opera site specific intitolata La Ferita, che propone una riflessione sull’accessibilità ai luoghi della cultura nell’epoca del Covid-19.

Alta 28 metri e larga 33, la monumentale installazione di JR propone una sorta di squarcio visivo sulla facciata di Palazzo Strozzi, che si apre alla visione di un interno reale e immaginato allo stesso tempo. 

 

L’opera, realizzata con un collage fotografico in bianco e nero tipico dello stile dell’artista, è costruita come una anamorfosi, un gioco illusionistico in cui, osservando da un preciso punto di vista, si schiudono davanti agli occhi, proprio come all’interno di una ferita, diversi ambienti di Palazzo Strozzi: il colonnato del cortile, un’immaginaria sala espositiva e una biblioteca.

Inserendo opere iconiche del patrimonio artistico fiorentino e citando direttamente un luogo reale come la biblioteca dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, JR propone una diretta e suggestiva riflessione sull’accessibilità non solo a Palazzo Strozzi ma a tutti i luoghi della cultura nell’epoca del Covid-19. Palazzo Strozzi diviene così il palcoscenico spettacolare per una ferita, simbolica ma dolorosa, che accumuna tutte le istituzioni culturali italiane e non solo: musei, biblioteche, cinema e teatri, costretti a limitare o a non poter far accedere il pubblico ai propri spazi. 

L’iniziativa è promossa e organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Andy Bianchedi in memoria di Hillary Merkus Recordati.
Sostenitori Fondazione Palazzo Strozzi: Comune di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio di Firenze, Fondazione CR Firenze, Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi, Intesa Sanpaolo.
Con il patrocinio dell’Institut français Firenze. Si ringrazia Galleria Continua per la collaborazione al progetto di JR.

JR (Francia, 1983)

JR utilizza il collage fotografico come tecnica caratteristica del suo stile, esploso nella dimensione dell’arte pubblica nelle città di tutto il mondo. Come afferma lo stesso artista: “Ho la più grande galleria d’arte immaginabile: i muri del mondo intero”. 

La sua ricerca unisce originalità e appropriazione, sempre distinguendosi per una forte connotazione pubblica e di partecipazione che lo ha portato a creare opere di grande impatto visivo e coinvolgimento in luoghi e contesti sempre diversi, dalle favelas di Rio de Janeiro alla grande piazza della Piramide del Louvre, da Ellis Island a New York alla prigione di massima sicurezza di Tehachapi in California.

fonte:  www.palazzostrozzi.org

venerdì 8 gennaio 2021

Musica > Il Covid paralizza l’America: per la prima volta nella storia rinviati i Grammy Awards

La 63a cerimonia annuale per la consegna dei Grammy Awards, inizialmente prevista per il 31 gennaio prossimo è stata rinviata al 14 marzo.

La notizia è di queste ore: la 63a cerimonia annuale per la consegna dei Grammy Awards, inizialmente prevista per il 31 gennaio prossimo, è stata rinviata al 14 marzo a causa dell’emergenza legata al Covid-19, particolarmente grave negli Stati Uniti e in particolare nell’area di Los Angeles. Si dovrà dunque attendere un mese e mezzo in più (sempre che le cose vadano per il meglio) per conoscere i vincitori di quello che è senza dubbio il più prestigioso e ambito riconoscimento nel mondo dello spettacolo, l’equivalente degli Oscar in campo musicale. photo. Grammy Awards

Le nomination di quest’anno, annunciate a novembre e tra cui spiccano i nomi di Beyoncé (che se n’è aggiudicata ben nove in otto categorie), le cantautrici Taylor Swift e Dua Lipa, oltre a quello del rapper Roddy Ricch, hanno già acceso la curiosità di addetti ai lavori e fan, ansiosi di scoprire chi conquisterà l’agognato grammofono dorato. 

Ma nel periodo così anomalo che stiamo vivendo, in cui sono radicalmente mutate le forme di realizzazione e di fruizione artistica e la pandemia ha costretto a sospendere ogni tipo di performance in presenza del pubblico, la tutela della salute assume una priorità assoluta. Quindi i dettagli relativi alla cerimonia dei Grammys sono rimasti avvolti nell’incertezza, al punto che l’anticipazione del rinvio fornita dalla rivista Rolling Stone sulle prime non è stata ufficialmente confermata dai vertici organizzativi del premio. È poi circolata la data del 21 marzo che, malgrado sia stata subito annullata, ha continuato a rimbalzare sul web e sugli organi d’informazione, fino all’annuncio definitivo.

Comunque, pur se posticipata, la cerimonia – che come al solito non ha mancato di sollevare polemiche da parte degli artisti ritenutisi a torto esclusi – rimane l’evento clou dell’anno per l’industria dell’entertainment: assisteremo perciò alla classica sfilata di volti più o meno noti, di star più o meno sfolgoranti, che non perderanno occasione per mostrarsi in tutto il loro glamour. Tanto più che questa edizione si preannuncia scoppiettante, malgrado le restrizioni imposte dall’emergenza sanitaria; il nuovo produttore Ben Winston, succeduto a Ken Ehrlich, organizzatore dei Grammys dalla bellezza di quattro decenni, ha infatti affermato di voler introdurre novità entusiasmanti. C’è poi in ballo la rete televisiva Cbs, che trasmette la cerimonia in diretta con share altissimi, benché ultimamente in calo. 

Insomma, intorno all’evento che ha premiato nel corso dei suoi oltre sessant’anni di vita artisti del calibro di Pierre Boulez, Vladimir Horowitz, Henry Mancini, oltre agli inossidabili Stevie Wonder, Bruce Springsteen, U2, Quincy Jones e Pat Metheny, ruota uno straordinario indotto economico e d’immagine, che non sarà certo fermato dal Coronavirus. Trasformato sì, ovviamente, così come è successo per altre manifestazioni quali gli Mtv Video Music Awards, svoltisi ad agosto, o i Latin Grammys, tenutisi a novembre, tutti senza pubblico e con gli artisti che si sono esibiti da remoto. Del resto, la stessa cerimonia degli Oscar è stata posticipata di due mesi, dal 28 febbraio al 25 aprile, al pari dei Golden Globe, rinviati al 28 febbraio: neanche in questo caso si conoscono i particolari relativi alle modalità di svolgimento.

Quali che siano i cambiamenti cui assisteremo, di una cosa si può comunque star certi: the show must go on.   

fonte: Di Giuseppe Costigliola  https://giornaledellospettacolo.globalist.it

sabato 2 gennaio 2021

Dance stars from the UK, US, Europe & Australia judge creativity competition to help students through lockdown

To counter the negative impact of lockdown on the psychological and emotional state of young people, dance stars from the UK, US, Europe, and Australia have come together to judge a creative competition:

  • Cynthia Harvey, Artistic Director of the American Ballet Theatre School and former ABT and Royal Ballet Principal
  • Alexzandra Sarmiento, Dance Captain for the West End Hamilton
  • Steven McRae, Royal Ballet Principal
  • Carrie-Anne Ingrouille, Choreographer of Six the Musical
  • Liam Francis, Rambert Principal
  • Tommy Franzen, Choreographer for Strictly Come Dancing and bbodance alumnus

Hosted by bbodance, the online competition is open to all non-professional dancers of any age and ability. The organisation’s previous competition, held this summer, engaged more than 150 students from seven countries and resulted in a choreographic film about their experience.

“Your competition was just what my daughter needed. Lockdown has been the first time she’s struggled with her confidence, motivation, and inspiration. As a parent, it’s been quite worrying. It’s been so uplifting for us to see her creating, choreographing, and having the confidence to dance again,” one parent said.

The dance film was available on the NHS mental health app, MeeTwo, a safe place where teens discuss their challenges.

A 90-year-old organisation, bbodance has moved its entire educational offering online to help students through lockdown.

Find out how to enter here: https://bbo.dance/news/creativity-unlocked-is-now-open

Competition closes: 18 January 2021   #bbodance

source:  www.onedanceuk.org

Eventi: Teatro Stabile del Veneto non si ferma e ha in cantiere altri spettacoli streaming

Teatro Stabile del Veneto, in cantiere altri spettacoli streamingTeatro Stabile del Veneto, in cantiere altri spettacoli streaming

In estate 25 titoli per oltre 100 serate di spettacolo e 30 attori e compagnie hanno calcato le scene dei teatri di Venezia, Padova, Treviso e Cortina d’Ampezzo coinvolgendo oltre 5mila spettator

Venticinque titoli per oltre 100 serate di spettacolo e 30 attori e compagnie che nei mesi estivi, da luglio a settembre, hanno calcato le scene dei teatri di Padova, Venezia, Treviso e Cortina d’Ampezzo coinvolgendo oltre 5mila spettatori. Ma anche un palcoscenico virtuale, quello della piattaforma web Backstage del Teatro Stabile del Veneto, che a seguito della chiusura dei teatri per il protrarsi dell’emergenza sanitaria, da ottobre ad oggi ha accolto già 14 produzioni digitali e che nei prossimi mesi del 2021 vedrà il debutto in streaming di altri 4 spettacoli con la partecipazione totale di più di 60 attori e maestranze veneti e la risposta di un pubblico virtuale che ha superato le 4mila visualizzazioni.

Settore penalizzato

Sono numeri, questi, che parlano di successo per un settore come quello dello spettacolo dal vivo fortemente penalizzato dalla pandemia in corso, ma che grazie agli interventi messi in campo dalla Regione Veneto in collaborazione con il Teatro Stabile del Veneto, nell’ambito di un accordo di programma per la “Stagione teatrale 2020-2021” con un finanziamento complessivo di 400mila euro e condiviso al 50%, non ha mai interrotto le attività.

Il progetto

«Oggi possiamo dire che è un cuore che batte forte quello dello spettacolo dal vivo in Veneto – dichiara l’assessore alla Cultura della Regione Veneto, Cristiano Corazzari –Siamo soddisfatti dei risultati ottenuti grazie agli interventi della Regione e alla collaborazione delle istituzioni culturali del territorio come lo Stabile del Veneto, che ha saputo adattare alle difficili circostanze un progetto nato all’inizio dell’estate per favorire la ripartenza delle attività culturali dal vivo. Nonostante il protrarsi dell’emergenza questo progetto, infatti, ha consentito di mantenere in vita l’attività nelle sale teatrali, dove gli spettacoli sono stati registrati a porte chiuse e in completa sicurezza e nel rispetto delle normative per la prevenzione dei contagi, generando così un’importante ricaduta occupazionale per artisti, tecnici e compagnie del territorio regionale».

Esperimento riuscito

“Dopo l’impegno per riaprire le sale nei mesi estivi e ripartire con lo spettacolo dal vivo, è ancora una volta grazie alla Regione Veneto e in particolare all’assessore Corazzari se anche a seguito della nuova chiusura dei teatri abbiamo potuto aprire virtualmente il sipario ed entrare nelle case dei nostri spettatori continuando ad intrattenere il pubblico con contenuti di alta qualità – afferma Giampiero Beltotto, presidente del Teatro Stabile del Veneto –. Si tratta di un esperimento riuscito e a dimostrarlo sono i numeri. Questi dati, infatti, parlano di soddisfazione e di un grande lavoro fatto con il coinvolgimento di molti attori, maestranze e compagnie del nostro territorio”.

Dalla scena al web, l’evoluzione del progetto “Stagione teatrale 2020-2021”

Il progetto per la “Stagione teatrale 2021-2021” ha avuto inizio nel mese di luglio 2020 svolgendosi in una prima fase nelle sale teatrali, aperte al pubblico con una capienza di circa il 50%, cosa che ha consentito lo svolgimento di un’intensa programmazione nei mesi estivi nei teatri di Venezia, Padova, Treviso, Cortina D’Ampezzo. La recrudescenza del contagio da Coronavirus e la conseguente emanazione dei DPCM del 24 ottobre 2020 e del 3 novembre 2020 ha di fatto impedito, a partire dalla fine del mese di ottobre, lo svolgimento di tutte le attività teatrali aperte al pubblico, non consentendo la prosecuzione ed il completamento del progetto nella forma originaria dal vivo. Per garantire comunque il raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di programma la programmazione prevista dal vivo è stata integrata con un programma di spettacoli realizzati per il web trasmessi attraverso la piattaforma streaming Backstage del Teatro Stabile del Veneto: dal Romeo e Giulietta di Babilonia Teatri con Ugo Pagliai e Paola Gassman a I due gemelli veneziani di Carlo Goldoni diretto da Valter Malosti, oltre allo spettacolo Ludwig Van con Luciano Roman e la regia di Giuseppe Emiliani e agli 11 racconti per bambini della rassegna Un mondo di fiabe ideata dalla giovane compagnia Matricola Zero.



Potrebbe interessarti: https://www.veneziatoday.it/eventi/spettacoli-teatro-stabile-veneto-2020-2021.html
L’accordo di programma con il Teatro Stabile del Veneto, d’altra parte, si inserisce in un più ampio progetto della Regione Veneto con l’obiettivo di favorire una significativa ripartenza delle attività culturali e che ha coinvolto anche l’Associazione regionale per la promozione e la diffusione del teatro e della cultura nelle comunità venete, Arteven di Venezia, la Fondazione Teatro Comunale di Vicenza e la Federazione Italiana Teatro Amatori del Veneto.

fonte: Redazione  www.veneziatoday.it

sabato 12 dicembre 2020

Addio al grande regista: È morto Kim Ki-duk

Il regista sudcoreano deceduto per complicazioni legate al Covid-19. Con Pietà vinse il Leone d'Oro a Venezia nel 2012. Tra i suoi film, L'isola e Ferro 3. Aveva 59 anni. 

Kim Ki-Duk - foto di Karen Di Paola

Il regista sudcoreano Kim Ki-duk è morto in Lettonia, in seguito a complicazioni legate al Covid-19. Aveva 59 anni. Lo annuncia il sito lettone Delfi.lt. Kim Ki-duk era arrivato in Lettonia il 20 novembre nei pressi della località marittima di Jurmala. Da alcuni giorni il suo entourage aveva del tutto perso i contatti.

A nove anni si trasferisce a Seoul e frequenta una scuola professionale per poter lavorare nel settore agricolo. Problemi occorsi in famiglia lo costringono ad abbandonare gli studi e ad arruolarsi, quindi, nell’esercito. L’esperienza militare influenzerà moltissimo il suo modo di intendere i rapporti interpersonali, come anche le sue opere cinematografiche. La passione per l’arte, coltivata da sempre, ad un certo punto prende il sopravvento e lo spinge ad abbandonare la patria in direzione dell’Europa.

Sarà Parigi ad accoglierlo col suo fascino bohémien. Qui vive di arte, dei suoi dipinti e comincia anche a scrivere sceneggiature per il cinema. Nel 1992 torna in Corea dove vince il premio della Korea Film Commission per la migliore sceneggiatura di Jaywalking. Debutta come regista l’anno seguente con The Crocodile. Nel 1997 è sceneggiatore, scenografo e regista di Wild Animals e nel 1998 di Birdcage Inn.

Anche Seom – L’isola (2000) ottiene un grande successo e costituisce un primo spartiacque tra quanto realizzato prima e quanto verrà dopo. Shilje sanghwang (2000), infatti, sarà il primo insuccesso del maestro, insuccesso attribuibile, più che altro, alla matrice fortemente innovativa di questo lavoro e, sostanzialmente, incompresa. Dopo alcune prove estremamente cupe e crude, il film Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera (2003) irradia letteralmente una luce nuova, anche in senso artistico, e lo consacra, finalmente, come regista noto in tutta Europa.

 

Anche il 2004 è un anno prolifico: La samaritana vince l’Orso d’oro per la miglior regia al 54° Festival del Cinema di Berlino, mentre Ferro 3 – La casa vuota, ritenuta la sua summa artistica, ottiene un Leone d’argento per la miglior regia alla 61a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e una candidatura al David di Donatello come miglior film straniero. A Venezia 2016, Kim Ki-Duk con Lee Won-Gun e Ryoo Seung-Bun, interpreti di Il prigioniero coreano (foto di Karen Di Paola)

Seguono L’arco (2005), Time (2006), Soffio (2007), Dream (2008), Rough Cat (2008). Anche il ritmo forsennato della sua produzione conosce una battuta d’arresto, e dal 2008 al 2011 non escono suoi lavori. Arirang (2011) trarrà spunto proprio dal lungo periodo di silenzio e crisi artistica del regista. Nel 2012 il suo Pietà vince il Leone d’Oro alla 69a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Torna alla Biennale nel 2013 con Moebius e nel 2016 con Il prigioniero coreano, distribuito nelle sale italiane nel 2018.

 

 

 

Qui un estratto dal libro Isole di cinema – Figure e forme dell’insularità di Simona Previti (Edizioni FEdS, 2010, Collana Frames)

fonte: Redazione  www.cinematografo.it

lunedì 26 ottobre 2020

Teatro > Agis: "Lo spettacolo dal vivo è un luogo sicuro, dal 15 giugno rilevato un solo contagio"

Su quasi 350.000 spettatori, fra spettacoli monitorati tra lirica, prosa, danza e concerti, dal 15 giugno si è registrato un solo caso di contagio da Covid 19.

Nonostante continui il quasi blocco totale delle attività teatrali e in generale dello spettacolo dal vivo (che a causa delle restrizioni è pressoché fermo), nei luoghi che dal 15 giugno hanno riaperto ad attività di teatro e spettacolo si è registrato un solo caso di contagio: è quanto emerge da uno studio dell'Associazione Generale Italiana dello Spettacolo. Vediamo in dettaglio quanto emerge dall'analisi svolta.

Il comunicato dell'AGIS

"Su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli monitorati tra lirica. prosa, danza e concerti, con una media di 130 presenze per ciascun evento, nel periodo che va dal 15 giugno (giorno della riapertura dopo il lockdown) ad inizio ottobre, si registra un solo caso di contagio da Covid 19 sulla base delle segnalazioni pervenute dalle ASL territoriali. Una percentuale, questa, pari allo zero e assolutamente irrilevante, che testimonia quanto i luoghi che continuano ad ospitare Io spettacolo siano assolutamente sicuri.

E' quanto emerge da un'indagine elaborata dall'AGIS — Associazione Generale Italiana dello Spettacolo su un campione interamente rappresentativo della pluralità dei generi e dei settori dello spettacolo dal vivo e che copre tutto il territorio nazionale.

Uno studio che, grazie all'APP IMMUNI. ha individuato un solo "caso positivo", e che in seguito ad accertamenti sanitari ha certificato la negatività di tutti gli spettatori entrati in contatto con lo stesso.

L'assenza di casi dal giorno in cui sono state riprese le attività di spettacolo, se correlata alla curva crescente di contagi che purtroppo sta colpendo il nostro Paese nelle ultime settimane, evidenzia quindi come il settore dello spettacolo sia stato, in termini di sicurezza, assolutamente "virtuoso", grazie alla professionalità degli operatori ed al senso civico degli spettatori.

L'esito dell'indagine dimostra, numeri alla mano, come il settore dello spettacolo, sempre nel pieno rispetto delle norme igienico sanitarie, ha dimostrato di essere capace di garantire la massima sicurezza ai propri lavoratori e al proprio pubblico"

fonte: 

Il mondo della cultura si mobilita: Cinema e teatri chiusi. Artisti e lavoratori dello spettacolo lanciano una petizione

Una decisione “difficile” per il presidente del Consiglio. “Un dolore” per il ministro Franceschini. Cinema, teatri e sale da concerto saranno chiusi fino al 24 novembre. Le misure restrittive anti-Covid imposte dal nuovo Dpcm colpiscono i luoghi della cultura e dello spettacolo in modo grave. E dal mondo della cultura si leva un coro di proteste.

 
Il teatro e il cinema non possono fermarsi perché sono la riserva invisibile di senso per la vita pubblica e individuale dei nostri concittadini”: è il testo dell’appello lanciato dall’associazione Cultura Italiae che chiede di mantenere aperti tutti i luoghi della cultura, nel rispetto delle misure di sicurezza.  
 
Si sollevano gli assessori alla Cultura delle più grandi città italiane (Roma, Milano, Napoli, Genova, Torino, Bologna, Venezia, Ancona, Bari, Cagliari e Firenze) che in una lettera al governo sottolineano la necessità di una “revisione della disposizione” e di “un’immediata attivazione di ammortizzatori sociali”.
 
C.Re.S.Co., il coordinamento delle Realtà della Scena Contemponranea, chiede “l’attivazione immediata di tavoli specifici di confronto” per lo spettacolo dal vivo, mente per l’Associazione 100autori la decisione potrebbe essere mortale per il mondo della cultura. Unita (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo) sostiene che “la chiusura di cinema e teatri fa sì che l’Italia diventi il primo Paese Europeo a non garantire ai suoi cittadini che l’industria delle cultura e dello spettacolo continui a produrre per loro”.
Intanto Riccardo Muti rivolge al Corriere il suo accorato appello per non chiudere i luoghi della cultura perché “l’impoverimento della mente e dello spirito è pericoloso e nuoce anche alla salute del corpo”.
 
E’ disposibile la petizione su change.org >>>  Non chiudiamo Cinema e Teatri.

fonte:  www.arte.it

mercoledì 7 ottobre 2020

Il mondo del fashion piange Kenzo, lo stilista del Flower Power

Il 4 ottobre a Parigi è morto Kenzo Takada, per complicanze dovute al Covid

Un’altra vittima tra i personaggi noti. Il 4 ottobre a Parigi, nell’ospedale americano di Neuilly-sur-Seine, è morto Kenzo Takada, lo stilista giapponese. Aveva 81 anni. Ripercorriamo insieme le tappe principali della sua vita.

Kenzo nasce, quinto di sette figli, nel 1939 a Hyogo, sull’isola di Honshū. A 26 anni, dopo il diploma preso nella scuola di moda Bunka Gakuen, a Tokyo, si stabilisce a Parigi. La capitale francese, incantata dall’originalità delle sue proposte, gli spalanca le porte delle sfilate. Primo stilista giapponese a conquistare le passerelle parigine, insieme a Cardin, Dior e Chanel, Kenzo raggiunge presto una grande notorietà.

A Parigi Kenzo collabora con la maison francese Feraud e con la rivista Jardin des modes. Nel 1970 presenta la prima collezione alla Galerie Vivienne e apre la sua prima boutique Jungle Jap. Le riviste di moda più prestigiose cominciano a mettere in copertina modelle vestite Kenzo. Mentre le collezioni vengono presentate anche a New York e Tokyo. Il resto è una strada in discesa. Gli anni successivi al riconoscimento del Fashion Editor Club of Japan, nel 1972, sono solo una conferma di un successo annunciato.

Morto Kenzo, stilista originale, eclettico e controcorrente

Celebre la sfilata del 1973, alla Bourse de Commerce: un vero cocktail etnico, nel segno del gioco e del divertimento. Le modelle indossavano dal rebozo, l’indumento-fascia per portare il bambino della tradizione messicana, ai dirndl, classica mise femminile delle aree alpine, dai maglioni oversize scandinavi agli abiti di lana bianca con frange. Famose anche le sfilate del 1978 e 1979, entrambe svoltesi in un tendone da circo e conclusesi con l’entrata in scena in groppa a un elefante.

Insomma, Parigi aveva amato e quindi ricompensato con il successo il designer che era divenuto maestro del Flower Power. La locuzione, espressione tipica del movimento hippie, usata durante la fine degli anni sessanta e i primi anni settanta come simbolo di una ideologia non violenta, diventa con Kenzo sinonimo di una moda coloratissima, che mixa stampati floreali a fantasie camouflage. Flower sarà nel 2000 il nome di un profumo di successo, probabilmente in onore di quella prima geniale intuizione che aveva rivoluzionato il mondo della moda.

Abiti e accessori, ma anche costumi e profumi

Ma oltre che originalissime e controcorrente, Kenzo ha dato prova di grande eclettismo, mettendo a segno nel corso degli anni Ottanta alcuni lanci. Realizza costumi per il teatro e per il cinema, una linea per bambini e una di abbigliamento maschile e firma, siamo giunti al 1998, una licenza per i profumi. Non mancheranno  prodotti per la cura del corpo, sotto il marchio Kenzoki, realizzati però dopo la vendita del brand, avvenuta nel 1993, al gruppo del lusso francese LVMH. Kenzo resta direttore creativo fino al 1999, quando sarà sostituito dallo stilista scandinavo R. Kreiberg.

Attualmente alla guida della maison c’è dal 2019 il designer portoghese Felipe Oliveira Baptista. Fa quasi sorridere pensare che alla sua ultima sfilata a Parigi hanno colpito i cappelli-zanzariera protagonisti delle collezioni Primavera/Estate 2021. Cappelli a falde larghe da cui partiva il tulle che copriva anche le gambe, certo adatti al distanziamento sociale. Ironia della sorte, nel frattempo, mentre lo stilista preparava la collezione, Kenzo lottava in ospedale contro la malattia.

Stampe macro floreali sbocciano su tutti i capi, dagli abitini ai pant cargo, ai giubbotti e spolverini over. Ai piedi zoccoli infradito giapponesi con suola di legno squadrata. Ma una collezione pervasa anche da una dicotomia. Ha sottolineato lo stilista: «Il mondo piange, e piangono anche i fiori sulle stampe per la collezione. Papaveri e ortensie degli archivi Kenzo sono stati lavorati al digitale con un effetto di lacrime». Oggi c’è un motivo in più per versarle.

fonte: Di Cinzia Cinque www.tustyle.it   Foto Getty Images

lunedì 20 luglio 2020

Il Maggio Musicale Fiorentino sale sul tetto del teatro a causa del Covid: per la prima volta arrivano le opere nella cavea all’aperto

Due opere di Verdi - «Un ballo in maschera» e «La Traviata» – proposte al pubblico in forma di concerto nel teatro all’aperto sul tetto dell’edificio, terrazza con vista sul centro di Firenze, che per la prima volta dall’inaugurazione viene utilizzata per delle rappresentazioni di musica lirica. | CorriereTv IL VIDEO QUI

Per la prima volta la musica lirica risuona nella cavea del Maggio Musicale Fiorentino. Sono due opere verdiane in forma di concerto – «Un ballo in maschera» e «La Traviata» – a essere proposte al pubblico nel teatro all’aperto sul tetto dell’edificio, straordinaria terrazza con vista sul centro di Firenze, che per la prima volta dall’inaugurazione – nel 2014 – viene utilizzata per delle rappresentazioni di musica lirica. 

I due titoli, che facevano parte del programma dell’83° Festival del Maggio annullato a causa dell’emergenza Covid, vengono riproposti all’aperto e in forma di concerto, seguendo le regole anticontagio che vedono ridotti a 600, per garantire il distanziamento, i posti disponibili.

Ancora due recite in programma: «Un ballo in maschera» andrà in scena sabato 18 luglio e «La Traviata» il 19, entrambe con un cast di celebrità e il maestro Carlo Rizzi sul podio. Krassimira Stoyanova, Carlos Álvarez, Enkeleda Kamani Judith Kutasi e Francesco Meli (che ritorna a Firenze dopo il suo recital dello scorso 7 giugno che ha segnato la riapertura del Maggio, prima fondazione lirico sinfonica italiana a riprendere la sua attività dopo il lockdown) interpretano «Un ballo» e Sonya Yoncheva, Francesco Demuro e Leo Nucci nei tre ruoli principali si esibiranno ne «La Traviata». 

fonte:  https://video.corriere.it/

giovedì 16 luglio 2020

Moda: Brunello Cucinelli dona "all'umanità" capi invenduti per 30 milioni di euro

L'imprenditore spera che la donazione diventi un "segno sensibile del nuovo modo di pensare il capitalismo che noi prediligiamo" ph. Alessandro Bianchi / Reuters

Per Brunello Cucinelli sono una “amabile risorsa” i capi rimasti invenduti nelle boutique di tutto il mondo in seguito alla pandemia di Covid. Per questo l’imprenditore “illuminato” della moda ha deciso di farne “dono all’umanità”.

 Individuando un consiglio che dovrà decidere a quali progetti e organizzazioni destinare la merce, che ha un valore di produzione di 30 milioni di euro. Sulla quale ci sarà un’etichetta indelebile con la scritta “Brunello Cucinelli for Humanity”.

“Questo progetto che noi tutti definiamo ‘intenso’ mi sembra che in qualche maniera elevi la dignità dell’uomo e renda onore a tutti coloro che hanno lavorato nella realizzazione di tali capi” ha sottolineato Cucinelli. “Camminerà di pari passo con l’altro, partito ormai diversi anni fa - ha aggiunto -, che consiste nel riparare, recuperare e riutilizzare tutti i nostri prodotti. Tutto ciò va a completare il più grande progetto di ‘umana sostenibilità’ nel quale da sempre abbiamo creduto e che ci piace riepilogare in: ‘clima ed emissioni, cura della terra e degli animali e cura della persona umana’. Sarebbe per me un vero piacere se questo gesto simbolico fosse accettato come segno augurale verso un nuovo e duraturo tempo nuovo”.

L’azienda di Solomeo ha spiegato che ad averla guidata è stato il pensiero di diversi filosofi occidentali e orientali secondo i quali “non esiste il male assoluto come non esiste il bene assoluto”. “C’è sempre un po’ di bene nel male - sottolinea il marchio del cachemire - e sempre un po’ di male nel bene ed entrambi ci sono maestri. Pensando a tutto questo abbiamo sentito il desiderio di far dono all’umanità di quei capi di abbigliamento che a causa dell’interruzione temporanea delle vendite si trovano ancora nelle nostre boutique. Il loro valore di manifattura, di stile e commerciale è lo stesso, ma il loro significato è fortemente aumentato, perché ora diventano segno sensibile del nuovo modo di pensare il capitalismo che noi prediligiamo, e che vede nell’armonia tra profitto e dono uno dei suoi momenti umanistici più significativi”.

La Brunello Cucinelli ha sottolineato di volere “immaginare questa scelta come un investimento per il futuro della nostra impresa nel grande progetto di ‘vivere e lavorare in armonia con il creato’”. Ha quindi spiegato che è stato per questo costituito un “Consiglio a sostegno dell’Umanità” composto da dieci persone, sei della famiglia, tutto interno all’azienda, con il compito di gestire questa importante quantità di capi. L’azienda di Solomeo ha poi spiegato che i partners in tutto il mondo si sono dimostrati “più sensibili e disponibili ad un progetto che li mette in contatto con persone umane dedicate a sostenere persone più bisognose, inviando loro dei piccoli pacchi contenenti tali capi di abbigliamento come dono”.
fonte:  ANSA via www.huffingtonpost.it

giovedì 18 giugno 2020

Musica > Fedez: “Farò concerti per 100-200 persone, voglio aiutare i lavoratori della musica disoccupati, quando tornerò sul palco sarà per loro”

Il rapper lancia il nuovo singolo “Bimbi per strada (Children)”, sulla musica di “Children” di Robert Miles e già pensa di lanciare un altro brano inedito per l'estate.

Nel frattempo annuncia che potrebbe tornare a fare concerti, soprattutto per sostenere i lavori fragili della filiera della musica Live

Non solo imprenditore con Doom (Dream of Ordinary Madness) per aiutare i giovani che vogliono cimentarsi nella produzione digitale tra moda e musica, Fedez torna al suo primo amore: la musica.

È uscito il singolo “Bimbi per strada (Children)”, sulla musica di “Children” di Robert Miles del 1995, che arriva dopo altre due canzoni uscite durante il lockdown. Ma il rapper non si fermerà qui. “Problemi con tutti (Giuda) non è andato in radio e Le Feste di Pablo era un featuring in un brano di Cara. – ha dichiarato Fedez a La Repubblica – Posso dire che sto cercando di togliermi dalle logiche discografiche: questa era un’uscita che volevo fare, a breve ne seguirà un’altra per l’estate, contro il parere del marketing che nn voleva due brani fuori assieme, per non confondere le radio. Nel lockdown ho creato, cercando di tornare al mio sound delle origini, diciamo più spartano.  

Se e quando avrò voglia e l’esigenza artistica di pubblicare qualcosa lo farò. Ma al momento non ho dischi in canna”.

In questi mesi si è tanto parlato dei concerti che sono saltati questa estate e della filiera della musica in ginocchio, a causa del contraccolpi economici, in seguito alla pandemia. La voglia di tornare sul palco con una serie di concerti, c’è. “Appena sarà possibile ne farò, ma per 100-200 persone (il dpcm prevede infatti che per eventi al chiuso ci siano al massimo 200 persone, mille per luoghi all’aperto, ndr). – ha spiegato il rapper – Non solo perché tempo che il tempo delle adunate sia lontano ancora, ma anche perché voglio aiutare concretamente i lavoratori della musica disoccupati: elettricisti, operai, tecnici. Quando tornerò sul palco sarà per loro. Lo streaming è una buona alternativa ma appunto non fa lavorare queste persone”.
fonte: di   www.ilfattoquotidiano.it

sabato 13 giugno 2020

Lirica: 3000 posti in Arena di Verona, via libera del governo

Una buona notizia per lo spettacolo dal vivo e per l’Arena di Verona.

Con il nuovo Dpcm firmato ieri, oltre alla riapertura - con alcune cautele - dei luoghi per lo spettacolo dal vivo, si è stabilito che le Regioni, in base all’andamento della situazione epidemiologica nei loro territori, potranno stabilire un diverso numero massimo di spettatori in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi.

A comunicarlo i parlamentari dem Gian Pietro Dal Moro, Vincenzo D'Arienzo, Alessia Rotta e Diego Zardini.

La Fondazione Arena aveva sollecitato, con la presentazione di un dettagliato protocollo di sicurezza, la possibilità di aumentare il numero degli spettatori autorizzati ad entrare, da 1000 a 3000 posti, in ragione della capienza del teatro e delle numerose viste di accesso e uscita.

"Come parlamentari del Partito democratico - affermano i parlamentari dem - avevamo portato questa richiesta sul tavolo del governo e del ministro dei Beni Culturali. In tal senso, grazie alla deroga prevista dal dpcm, l’Arena potrà aumentare considerevolmente i numeri attualmente previsti previo parere favorevole della Regione. Ringraziamo il Ministro Franceschini per aver ascoltato le istanze della Fondazione Arena. La riapertura dell’Arena- seppure in forma ridotta e con eventi speciali - rappresenta un simbolo di ripartenza per la nostra città".
fonte:  https://m.tgverona.it

martedì 9 giugno 2020

Fashion News > Dolce & Gabbana: tutto sulla sfilata del 15 luglio

Il brand sfilerà con modelli e pubblico nei giardini dell'Ospedale Humanitas

Dolce & Gabbana annuncia la prima sfilata, con pubblico e modelli, dell'era post covid. La nuova collezione del brand sfilerà il 15 luglio 2020, alle 17.30 nei giardini del Campus University dell’Ospedale Humanitas a Milano (Rozzano).

Dall'inizio della pandemia Dolce & Gabbana ha supportato Humanitas con diverse attività benefiche rivolte a superare la crisi sanitaria.


Uno show all’aperto e in completa sicurezza per invitati e modelli che saranno chiamati a rispettare le ultime indicazioni dell'Istituto Superiore di Sanità. Inoltre, la sfilata del 15 luglio sarà trasmessa in diretta sulla piattaforma della prima edizione digitale della Milano Fashion Week. 


 Con questo evento Dolce&Gabbana rientra dopo oltre 20 anni nel calendario ufficiale e nella Camera Nazionale della Moda Italiana. Il brand era uscito da CNMI nel 1998 per divergenze di pensiero con il direttivo del tempo.

Ad aprile 2020 Dolce & Gabbana ha partecipato all'iniziativa solidale di CNMI “Italia, we are with you”, che ha permesso di donare alla Protezione Civile macchine respiratorie e altri materiali medici, affiancando al proprio impegno individuale di sostegno alla lotta contro la pandemia questo progetto collettivo.

“Siamo da sempre innamorati dell’Italia e di tutte le sue bellezze e risorse, e abbiamo investito la nostra energia per sostenerla e farla conoscere al  mondo. La moda ha bisogno, ora più che mai, di forte positività e unione. In un momento particolare come questo abbiamo pensato fosse importante e giusto unire le forze. Abbiamo sostenuto il progetto di Camera della Moda “Italia We Are With You”  e poi abbiamo scelto di far parte della Digital Fashion Week. Queste collaborazioni  ci hanno riavvicinato a Camera della Moda e rientrare a farne parte è stata una conseguenza naturale. Speriamo che uniti si possa guardare insieme al futuro dando alla moda il rispetto e l’attenzione che si merita, sia per sostenere la filiera produttiva, sia perché la moda stessa è una delle massime espressioni della creatività italiana.”, hanno commentato gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana.

“Quello di Dolce & Gabbana è un grande ritorno, che rafforza il nostro sistema e la nostra associazione. Avviene in un momento difficile per la moda ed è figlio del forte legame che hanno gli stilisti con il nostro Paese. Oggi più che mai è importante essere uniti per fare sistema e salvaguardare la nostra industria unica al mondo.” commenta il Presidente di Camera Nazionale della Moda, Carlo Capasa. “Domenico e Stefano, oltre alla grande generosità di cui hanno dato prova in questa pandemia, hanno sempre messo al centro del loro lavoro un rapporto privilegiato con il nostro Paese promuovendolo attraverso la loro creatività e dimostrando un’attenzione unica per la filiera. Grazie alla loro sensibilità hanno risposto positivamente al nostro invito nella convinzione che in questo momento sia importante dare un forte messaggio di disponibilità verso il sistema rafforzando il valore della comunità attraverso un contributo simbolico e reale all'industria della moda italiana.”
fonte:   Ph.©Monica Feudi   www.vogue.it

domenica 7 giugno 2020

Verona e Parigi alleate a supporto degli artisti, dal 15 al 21 giugno

L’unione fa la forza anche per sostenere gli artisti in crisi a causa del coronavirus.



Nell’Europa che torna progressivamente a vivere, un gruppo di galleristi ha scelto di federarsi per andare in soccorso degli artisti duramente colpiti dalla crisi.


L’iniziativa è inedita, è stata intitolata “Aiutiamo gli artisti”, e nasce da un’idea dei galleristi Hèlène de Franchis titolare di Studio la Città, a Verona, e Alessandro Pron della Galerie Italienne di Parigi, insieme con il critico d’arte Marco Menguzzo e il sostegno di Angelo Martini, direttore dell’omonima casa d’aste di Brescia, una delle zone più colpite dal Covid-19.

"Aiutiamo gli artisti - Vendita eccezionale a beneficio degli artisti e del mondo dell’arte" è stato concepito per fornire sostegno concreto a coloro che nell’ultimo periodo si sono resi protagonisti di slanci di solidarietà assolutamente lodevoli, magari mettendo a disposizione le loro opere per cause benefiche, ma che poi, troppo spesso, sono stati dimenticati.

Tra i protagonisti della vendita, in programma dal 15 al 21 giugno, Andreco, Miguel Chevalier, Anne Deguelle, Maurizio Donzelli, Arthur Duff, Herbert Hamak, Luigi Mainolfi, Donato Piccolo, Pietro Ruffo, Giacomo Segantin, Giorgia Severi, Tracey Snelling, Timothy Tompkins.
Tutti artisti cosiddetti giovani ma garantiti dalla galleria da cui vengono presentati, il che impedisce di avere nomi importanti al fianco di amatori, pittori della domenica al fianco di artisti consapevoli di essere all’interno del grande sistema dell’arte.

Altra particolarità: l’asta si svolgerà esclusivamente on-line sulla piattaforma www.martiniarte.it
Agli artisti andrà la parte del leone, con 70% dei proventi, il restante 20% andrà alle gallerie organizzatrici e il 10% alla casa d’aste. Ogni artista potrà proporre due opere di dimensioni contenute per un valore di mercato compreso tra i 2.000 e i 10.000 euro.
fonte:  www.larena.it

Musica: Mick Jagger si trasferisce a Firenze


Il cantante dei Rolling Stones ha scelto le colline toscane per vivere i prossimi mesi in sicurezza e tornare al lavoro nel post-Coronavirus
  

Mick Jagger ha dato mandato ai propri agenti di trovare una villa isolata vicino Firenze per vivere in sicurezza e lavorare a nuove canzoni. Foto da RockOn.it

L’obiettivo del frontman dei Rolling Stones è di restare almeno fino all’autunno, per progettare i prossimi impegni e mettersi al lavoro per comporre nuovi brani.

Attualmente, Mick Jagger si trova nel suo castello di Pocé-sur-Cisse, in Francia, ma - secondo indiscrezioni rilanciate da SkyTg24 e calciomercato.com - ha tutta l’intenzione di spostarsi in Italia.
La richiesta, filtra dal suo entourage, sarebbe quella di una villa con almeno sei stanze da letto per sé e i propri congiunti.

Il cantante dei Roling Stones starebbe inoltre cercando anche un'altra residenza nei paraggi per ospitare il personale, la sicurezza e i musicisti.

L'indiscrezione  ha ovviamente allertato tutti e sono tante le ville esclusive proposte a Mick Jagger: non solo sulle dolci colline fiorentine ma anche in Val d’Orcia, Maremma e Chianti.
E chissà che Sir Michael Philip "Mick" Jagger non scelga una villa vicino a quella di Sting, che da oltre 20 anni vive grandi periodi dell’anno in Toscana con la moglie Trudy.
In questi mesi, riporta ancora SkyTg24, i Rolling Stones avrebbero dovuto suonare in giro per il mondo con il “No Filter” tour.

Ma il tour è stato rimandato a causa dell'epidemia da Covid-19. In realtà, non si sono fermati e infatti Mick Jagger e Keith Richards hanno continuato a lavorare e produrre musica.
Proprio a fine aprile, è stata pubblicata “Living In A Ghost Town”, canzone che racconta la situazione vissuta dal mondo durante l'epidemia.
fonte: www.firenzetoday.it

domenica 31 maggio 2020

Cultura, paradosso Covid: gli enti guadagnano, a perdere sono artisti e tecnici

L’Arena di Verona senza spettacoli metterà in crisi il bilancio della Fondazione?
No, perché gli incassi da biglietteria e sponsorizzazioni coprono solo una parte dei costi. Il resto arriva dallo Stato. Senza esibizioni si abbassano i costi di produzione. E, con i lavoratori in cassa integrazione potrebbe arrivare perfino a migliorare i suoi bilanci.

Lo stesso accade alla Fenice, al Rossetti, alla Biennale e in tutte le altre realtà che godono dei finanziamenti statali. A rimetterci, di certo, saranno invece i “non garantiti”: artisti, stagionali, allestitori e tecnici 

In questi mesi di emergenza sanitaria il mondo dello spettacolo si è unito in un unico grido di dolore: teatri chiusi, spettacoli cancellati, concerti annullati, festival rimandati a data da destinarsi. Pesantissimo è l’impatto sull’indotto economico generato da questi eventi, che normalmente muovono persone e consumi. E drammatica è la ricaduta su enti teatrali e fondazioni culturali…o almeno, è quello che sembra, leggendo o ascoltando le numerose interviste rilasciate dai vertici di queste realtà nelle ultime difficili settimane.

“Le norme per il distanziamento uccideranno i teatri”, “Non sappiamo quando potremo ricominciare a respirare”, “Gli stanziamenti previsti dal governo non sono assolutamente sufficienti per tamponare l’emergenza”, “Siamo stati costretti a mettere tutto il personale in cassa integrazione”: queste sono solo alcune delle dichiarazioni che sono state ripetute in quotidiani e telegiornali. Ma siamo davvero sicuri che le cose stiano effettivamente così?

Guardiamo a l’Arena di Verona. È di un paio di settimane fa la notizia che, causa Coronavirus, il festival operistico dovrà essere rinviato al 2021. E anche se Federico Sboarina, sindaco di Verona, e Cecilia Gasdia, sovrintendente della Fondazione Arena, hanno annunciato che, indicazioni del governo permettendo, si terranno “una decina” di concerti lirici sinfonici nei fine settimana di agosto 2020, collocando l’orchestra al centro di quella che normalmente è la platea, distanziando gli strumentisti e prevedendo per ogni evento “un massimo di 3mila persone”, verranno comunque meno gli incassi del festival lirico, che, stando al bilancio 2018, sono stati poco più di 23 milioni di euro, e delle relative sponsorizzazioni, pari a circa 5 milioni. Numeri neanche minimamente avvicinabili da quelli che potranno produrre i concerti agostani, nel caso potessero essere realizzati.

Situazione drammatica, dunque, per le compatibilità economiche della Fondazione? No, anzi. Se guardiamo la situazione nel complesso, ci accorgiamo che, non mettendo in moto la macchina del festival lirico, verranno meno anche tutti i costi per gli allestimenti e per i servizi esterni, calcolati in circa 18 milioni. E iniziano a essere consistenti i costi non sostenuti a causa dello stop se poi consideriamo anche la voce dei costi per gli stipendi del personale, pari a 21 milioni, che si dividono in due tipologie: il personale stagionale, che all’Arena è davvero consistente, e dipendenti stabili della Fondazione.

E’ evidente che il costo per gli stagionali scompare del tutto, mentre per quanto riguarda i dipendenti stabili, posti come sono in cassa integrazione da metà marzo, il risparmio dovrebbe essere sufficiente a coprire buona parte dei mancati introiti derivanti da biglietteria e sponsorizzazioni. Il ricorso agli ammortizzatori sociali, peraltro, è stato duramente contestato dai sindacati, secondo i quali “il Bilancio della Fondazione, oggi, non ha sofferenze particolari tali da giustificare il blocco degli stipendi e conseguente cassa integrazione”. Tesi assai singolare considerato che, nel settore privato, chi non svolge attività in cassa integrazione ci va (purtroppo) senza discutere molto e augurandosi di salvare il suo posto di lavoro. Che all’Arena sembra invece garantito.

I bilanci di una Fondazione come l’Arena sono certamente complessi e una lettura per sommi capi come quella che abbiamo formulato non tiene conto di tanti altri elementi che andrebbero valutati. Ma, sommando i mancati costi per allestimenti e servizi esterni con i mancati costi per il personale, e al contributo pubblico che nel 2018 era di 18 milioni,  possiamo affermate che una situazione di pareggio non sembra così lontana dalla realtà. Insomma, da questo si può desumere che il blocco imposto dall’emergenza potrà non avere un impatto così negativo sul bilancio dell’ente coem qualcuno potrebbe immaginare.

E quella dell’Arena non è una situazione isolata. Andando a controllare i ricavi e i costi dei principali enti culturali, ci accorgiamo, come raccontiamo negli altri servizi giornalistici di questo numero di Cult, che lo schema è sostanzialmente identico per tutte le realtà che accedono al Fus e ad altri fondi statali o regionali.

“Posso parlare in via confidenziale?” ci ha detto un operatore. “È evidente che la situazione sia così. Tutto questo mondo è costruito in modo tale che se si resta chiusi ci si rimette meno. Per cui tanti piagnistei che sentiamo in questo periodo servono soltanto per cercare di farsi dare dal governo più soldi, mentre il problema è che a rimetterci sono solo due categorie: l’indotto che queste manifestazioni generano in termini turistici, e gli operatori non garantiti, come tecnici audio e video, allestitori e artisti”.

Forse, allora, quegli artisti e tecnici che sostengono la tesi che i Fondi del Fus, stanziati quest’anno a prescindere dal fatto che gli spettacoli siano realizzati o meno, dovrebbero finire in parte anche a loro, non hanno tutti i torti. Anzi. L’etica imporrebbe che, di fronte ad una crisi del genere, i sacrifici siano ripartiti in maniera eguale. Ma siamo in Italia, il Paese che con il Covid ha scoperto di essere spaccato a metà: tra garantiti e non garantiti.
fonte:  Filiberto Zovico  www.veneziepost.it

venerdì 29 maggio 2020

Cannes, Venezia, Giffoni: come si svolgeranno i festival del cinema?

A causa della pandemia globale i festival del cinema sono stati inevitabilmente costretti a rimandare le celebrazioni o modificarle. Ecco cosa succederà.

I festival del cinema sono tra le attività che hanno subito le conseguenze della pandemia di coronavirus. Rispettare le misure di sicurezza in contesti così grandi e internazionali risulta infatti impossibile. Ogni festival ha dunque deciso come comportarsi: se rimandare la cerimonia, svolgerla in modo ridotto o addirittura a distanza.

Il Festival di Cannes 2020 non si terrà. Tuttavia il 3 giugno Thierry Fremaux comunicherà ugualmente la Selezione Ufficiale. I film selezionati otterranno dunque il bollino dorato di Cannes: è un modo per sostenere tali pellicole negli altri festival e nelle sale. Ma è anche un modo per ostacolare la concorrenza, a partire dal Festival di Venezia.

Il Festival del cinema di Venezia 2020, infatti, si svolgerà, seppure in versione ridotta in modo da rispettare le misure di sicurezza. Venezia ha tuttavia già rifiutato la proposta di presentare alcuni dei film targati ufficialmente Cannes. Sappiamo già che tra i film selezionati da Fremaux ci saranno The French Dispatch di Wes Anderson, Memoria di Apichatpong Weerasethakul, Ete 85 di Francois Ozon, Another Round di Thomas Vinterberg, Comes morning di Naomi Kawase, e, forse, anche On the Rocks di Sofia Coppola.

Sappiamo inoltre che Netflix non presenterà nessun film ai festival del cinema dell’autunno 2020, sebbene usciranno lo stesso entro il 2020 sulla piattaforma streaming. Tra questi  Mank di David FincherI’m Thinking of Ending Things di Charlie Kaufman; Hillbilly Elegy di Ron Howard; White Tiger di Ramin Bahrani; Ma Rainey’s Black Bottom di George C. Wolfe.

A svolgersi sarà anche il Giffoni Film Festival, appuntamento dedicato soprattutto ai ragazzi. Sarà il primo festival a svolgersi sul posto e non in digitale, sebbene con alcune accortezze. Sarà infatti suddiviso in quattro momenti diversi, in base al target di età: la prima si svolgerà dal 18 al 22 agosto, la seconda dal 25 al 29 agosto, la terza tra settembre e novembre e la quarta dal 26 al 30 dicembre. Anche il numero dei giurati sarà ridotto ed ogni evento si svolgerà evitando assembramenti e nel massimo rispetto delle misure di sicurezza.
Questo e molto altro su CiakClub.it
fonte: by  Gaia Franco    www.ciakclub.it

giovedì 28 maggio 2020

Milano, a rischio la riapertura della Scala: il teatro perderà 50 mila euro al giorno



La stima è stata fatta in base alle nuove regole che prevedono la presenza massima di 200 persone

La Scala perderà 50 mila euro al giorno se rispetterà le linee guida inserire nel decreto legge approvato dal governo lo scorso 17 maggio. La stima è sulla scrivania del sovrintendente Dominique Meyer, che giovedì la porterà al Consiglio di amministrazione del teatro convocato per l'approvazione del bilancio. Una somma che si aggiungerebbe ai 20 milioni di euro già persi dalla Scala per colpa del lockdown imposto dall'emergenza per il Covid 19 dallo scorso 25 febbraio mettendo seriamente a rischio il futuro del teatro lirico più famoso del mondo. 
 
"Sarà difficile trovare un equilibrio tra i costi e i ricavi", ha spiegato nei giorni scorsi Meyer, che ha aggiunto guardando al futuro: "Credo che l'anno venturo sarà molto più difficile perché gli ammortizzatori sociali non ci saranno più, avremo pieni costi, ma meno ricavi".

In teatro c'è molta preoccupazione. Il rischio è che la Scala possa decidere di non riaprire, se le regole non cambieranno. Visto che la presenza del pubblico è indispensabile per far reggere i conti nei prossimi mesi. Le linee guida sugli spettacoli al chiuso che il governo ha adottato in vista di una possibile riapertura a partire dal 15 giugno infatti prevedono per un teatro come il Piermarini un numero massimo di 200 persone presenti. Tra spettatori e interpreti. 
 
Oltre alla distanza tra i posti in sala di almeno un metro non solo lateralmente, ma anche in avanti. Limiti che di fatto costringerebbero la Scala a cancellare, per esempio, le recite già annunciate a settembre dei tre titoli che dovrebbero chiudere la stagione in corso, che è stata interrotta dopo il debutto de "Il Turco in Italia" di Gioacchino Rossini e durante le prime prove di "Salomè" di Richard Strauss, mai andata in scena. Basti pensare che i due allestimenti storici di "Aida" e " Bohème" firmati da Franco Zeffirelli esaurirebbero il tetto massimo previsto dalle nuove norme solo con le comparse. Stesso discorso anche per "La Traviata" con la regia di Liliana Cavani visto che nel computo si dovrà tener conto anche del personale di sala, dei pompieri e dei tecnici che consentono al teatro di alzare il sipario. 
 
Si salverebbe, probabilmente, solo la "Messa da Requiem" di Verdi diretta da Riccardo Chailly per commemorare le vittime dell’epidemia solo perché l'esecuzione è prevista in Duomo, dove, come è noto, l'acustica non è il massimo ma lo spazio non manca. Mentre sarebbe impossibile confermare la "Nona sinfonia" di Ludwig van Beethoven in teatro perché solo orchestrali, coristi e solisti supererebbero il numero massimo di persone consentite dalle linee guida. Un vero rebus per il nuovo sovrintendente, che si è dato come primo obiettivo quello di cercare di mettere in sicurezza i conti del teatro e di scongiurare la chiusura prolungata.
fonte: . ph. (fotogramma)  milano.repubblica.it

lunedì 18 maggio 2020

Semiotica e moda: come ci siamo vestiti in quarantena e quanto ne saremo influenzati

Semiotica e moda: il quadrato semiotico del vestire in quarantena. Come ci siamo vestiti in quarantena e quanto ne saremo influenzati

Durante la quarantena XChannel – la prima società di marketing e comunicazione crosscanale in Italia – ha condotto un’indagine per rispondere a questi interrogativi, analizzando attraverso i principi della semiotica e dell’antropologia il modo di vestire degli Italiani per lavorare da casa in smart working.

 

 L’indagine netnografica 

Semiotica e moda? Una combo insolita solo all’apparenza, che riesce ad individuare in maniera semplice ed efficace com’è cambiato (oppure no) il nostro modo di vestire mentre lavoriamo da remoto. Ma come si può rappresentare l’universo semantico della moda in quarantena? Attraverso un questionario netnografico (ovvero, costruito con il metodo etnografico e diffuso attraverso la rete) XChannel ha chiesto a un campione di utenti web, composto da uomini (44%) e donne (56%) di un’età compresa tra i 24 e i 50 anni, di rispondere. Ecco i risultati.

Il cambiamento in atto

La larghissima maggioranza del campione analizzato ha variato il suo modo di vestire. Lo ha fatto di modo da poter dichiarare senza dubbio il mutamento di costumi in atto. Più di 9 utenti su 10 (92%) ha dichiarato infatti che il proprio modo di vestire per lavoro è cambiato in questi due mesi di quarantena. Va tenuto conto che questo è stato per la maggioranza degli Italiani il primissimo approccio con il mondo e il modo di lavorare in smart working e da remoto.

 

Vestire in quarantena 

Ma quale (o quali) direttrici ha preso il cambiamento? La prima linea di tendenza è quella della comodità: vale per il 56% degli intervistati. Al secondo posto l’informalità: più di un quinto (21%) del campione pensa di essersi vestito più informale di prima. Al terzo posto c’è il vestirsi in maniera più sportiva. Ha risposto così il 17% dei partecipanti. Un dato che si parla con il boom di acquisti registrati online per tutti i prodotti utili a fare della casa una “nuova palestra”: tappetini da yoga, pesi, elastici.  

 

Dai meeting alla videoconferenza 

Queste direttrici di comodità, informalità, sportività come si sono intrecciate con la necessità di condurre meeting con colleghi, manager, fornitori, clienti?  Per la maggioranza di noi l’influenza si è fatta sentire eccome, anche negli incontri virtuali di lavoro: il 63% degli utenti si sono infatti vestiti in maniera diversa per le videoconferenze. Questo è un dato centrale: significa che i cambiamenti nel nostro modo di vestire in quarantena hanno già influenzato anche il nostro modo di presentarci agli altri, siano essi colleghi o clienti / fornitori.

 

Incontrarsi da remoto

Infatti è qui che prende forma la conclusione dello studio netnografico di XChannel. In videoconferenza infatti i comportamenti si polarizzano in maniera chiara, da un lato. Se una minoranza si presenta ancora in maniera formale (13%) quasi il triplo si sente a suo agio se informale, stile che certo ben si adatta allo strumento (33%). Emergono altri due tipi di mettersi davanti allo schermo e a favore di telecamera: il casual, che pesa quasi come l’informale (32%) e infine lo sportivo che è più piccolo (7%) ma che ben si parla con il trend casa=palestra della quarantena.

 

L’interpretazione semiotica

Per indagare le ragioni e le tendenze che hanno indotto il campione interrogato a dare queste risposte è stato utilizzato un approccio semiotico. Perché la semiotica? Perché la semiotica, che deve il suo nome al termine greco semeion, cioè “segno”, studia le relazioni tra il segno e la cosa a cui esso rimanda: un punto esclamativo su un cartello ci dice di prestare attenzione, l’emoji del cuore sta per amore. Con l’obiettivo di analizzare i risultati ottenuti è stato usato il quadrato semiotico che, individuata la categoria del vestire in quarantena, ha permesso di articolarla in quattro posizioni (attraverso tre diverse relazioni: contrarietà,  implicazione, negazione) che rappresentano anche, nemmeno a farlo apposta, alcuni dei più comuni “tipi” del presentarsi in quarantena agli altri, quando cioè entrano in gioco le regole dello stile, della moda e perché no dell’apparire. Ma vediamo come!

 

Il quadrato semiotico della quarantena

Le relazione di opposizione tra i “tipi” rappresentati da formale e informale è perfetta per partire. Proviamo a esplorare il campo semantico della relazione contrarietà/presupposizione tra il businessman IRRIDUCIBILE [formale] e il più flessibile TECHY [informale] (due modi di affrontare le videoconferenze da casa agli antipodi quanto d’immediata comprensione); da questa relazione si può derivare quella dei subcontrari ATHLEISURE [sportivo] versus la SUPER-COMFY [casual] (che a loro volta hanno un rapporto di implicazione oppure di contraddizione con i termini che li sovrastano). Il risultato è il quadrato semiotico di seguito.

Sembra complicato? In realtà non lo è, perché questo apparente groviglio di relazioni logiche identifica una mappa, una “topografia del senso”, quattro modi di attribuire valore ai codici che usiamo nel vestire, per svelarci agli altri per quello che siamo o che vogliamo comunicare di essere.

I tipi conseguenti sono individui molto ben definiti e immediatamente identificabili, che abbiamo tutti incontrato – virtualmente, s’intende, ma non troppo – in questi giorni di lockdown. Li incontreremo anche nel mondo fisico, ora che il peggio è alle spalle? Il buon senso direbbe di sì: fenomeni indotti a lungo e in un contesto per molti versi traumatico non possono che lasciare il segno. Soprattutto se si collocano nella direttrice di mutamenti ancora più ampi e strategici. Un esempio: il 69% dichiara di aver introdotto nella propria quotidianità la tuta, ma il trend degli sweatpants era in atto già da un paio di stagioni. E infatti alla domanda se il modo di vestire in quarantena avrà un impatto diretto e duraturo quasi un quinto degli intervistati ha risposto di sì.

D’altra parte è ovvio che tutti questi modelli, questi tipi, siano in costante mutamento, come lo è ogni segmento del mondo del fashion. Lungi dall’essere uno strumento rigido, il quadrato è uno strumento dinamico che permette analisi duttili quanto precise. Esattamente quello che serve per analizzare al meglio i fenomeni legati alla comunicazione. E anche alla moda.

La quarantena ha modificato il nostro modo di vestire per lavorare? E, se sì, i mutamenti introdotti sono qui per restare, almeno in parte? Quali effetti qualitativi dobbiamo aspettarci come conseguenza del boom quantitativo delle app per la videoconferenza e del loro utilizzo? Il nostro studio, che unisce antropologia e semiotica, ma che parte da assunti quantitativi e dai big data, è partito proprio con l’obiettivo di rispondere a queste domande” dice Federico Corradini, CEO di XChannel, che aggiunge: “La semiotica ha una lunga consuetudine con le ricerche sui trend e sulla moda, che parte da Barthes e passa attraverso Greimas e poi Floch. L’approccio netnografico come premessa alla costruzione del quadrato aggiunge un elemento quanti-qualitativo e profondità all’analisi condotta con il metodo ibrido, impuro, di XChannel”.
fonte: www.cinquecolonne.it  Scritto da Redazione CinqueColonne