Alla Trans Health Conference a Philadelphia.
Gli psichiatri americani hanno definito che la "disforia di genere" non sia più da considerare una patologia
L’ American Psychiatric Association ha stabilito che una persona transgender non potrà più essere classificata tra gli individui che soffrono di “disordini”.
La decisione sarà ufficializzata nel prossimo DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), pubblicazione internazionalmente riconosciuta come strumento per uniformare in uno standard comune i disturbi mentali.
Sarà così sancito che, chi abbia una percezione del proprio genere sessuale che non coincida con il sesso biologico, non sia più diagnosticato come un soggetto che ha un disturbo dell’identità, come era descritto nella terza edizione del DSM pubblicata nel 1980.
Da come riporta l’ Associated Press, riferendo da fonti interne a l’ APA, da maggio 2013 il Manuale Diagnostico, nella sua quinta edizione, ci hanno lavorato 1500 esperti per ben 13 anni, sostituirà il termine “disturbo” con un più neutro “disforia di genere”.
La definizione allontana il peso di una diagnosi psicopatologica e non pare essere solo una concessione al politicamente corretto, ma è frutto di una sostanziale osservazione di anni, da parte degli psichiatri americani, nei confronti di persone che raccontavano a loro contraddizione riguardo al genere.
Il fatto che i soggetti transgender, anche se in maniera più morbida, siano ancora comunque inseriti nel manuale dei problemi psichiatrici dovrebbe, almeno sembra dalle intenzioni, offrire una possibilità in più solo che per coloro che abbiano intenzione di cercare terapie adatte allo stress psicologico che loro comporta avvertire il loro stato come problema.
Questi avranno comunque la possibilità di accedere a cure e interventi terapeutici specializzati per le loro esigenze.
Chi viva serenamente la sua condizione trans gender avrà ancora di più la sicurezza di non essere considerato un malato dalla comunità scientifica.
E’ importante ricordare, a proposito che, solo nel DSM del 1973 fu cancellata l’ omosessualità, fino a quel momento considerata una patologia.
Fu quello un passo fondamentale, contribuì all’abbattimento di una giustificazione scientifica per la discriminazione riguardo alle scelte sessuali ed emotive degli esseri umani.
Gli psichiatri americani sembrano sì decisi ad allontanarsi dall’idea di trattare come una patologia definita e specifica anche il transito di genere, ma piuttosto considerarlo come oscillazione variabile tra una precisa identità sessuale, ma è ancora aperta un’altra questione, che ancora non sembra del tutto risolta.
Come sarà possibile permettere comunque di poter usufruire della copertura assicurativa quelle persone che desiderino sottoporsi a un intervento ormonale, o chirurgico, per uniformare il loro corpo all’identità interiore?
Al momento la copertura è giustificata unicamente dal fatto che tali interventi rispondano a un problema di tipo medico, l’emancipazione dalla condanna a essere considerati malati però potrebbe coincidere, per molti trans gender, a un nuovo aumento delle difficoltà concrete a ricostruirsi un’identità completa e per loro soddisfacente.
In Italia sono trentamila le persone che hanno già cambiato, o hanno intenzione di cambiare la propria identità sessuale, o rivendicano di aver diritto di poter fare anche a meno di essere costretti a dichiararla.
Si battono, tra l' altro, per allargare il diritto di cambiare i propri dati anagrafici anche alle persone che non hanno cambiato chirurgicamente i loro caratteri sessuali esteriori, le sole che al momento possono farlo, grazie a una legge del 1982.
fonte http://www.lastampa.it di gianluca nicoletti
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