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domenica 20 ottobre 2013

Lgbt: Sabato 19 ottobre si è celebrata la Giornata Internazionale per la Depatologizzazione Trans

Il tema scelto per l’odierna Giornata è Stop alla Patologizzazione della Diversità di Genere nell'Infanzia.

Lo slogan scelto per le iniziative di quest’anno è Stop alla Patologizzazione della Diversità di Genere nell’Infanzia. Obiettivi principali di questa giornata sono

"togliere le categorie “disforia di genere” / “disturbo dell’identità di genere” dalle prossime edizioni dei manuali diagnostici (DSM dell’Associazione Psichiatrica Americana e ICD dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), e lottare per il diritto all’assistenza sanitaria delle persone trans. Per facilitare la copertura da parte della Sanità pubblica delle cure e dell’assistenza specifiche per le persone trans, la Campagna Stop Trans Pathologization propone l’inclusione di una menzione di non-patologizzazione nel ICD-11."


Dall’ottobre 2007 la Campagna Stop Trans Pathologization organizza questa Giornata, con manifestazioni simultanee ed altri azioni in diverse città del mondo. Lo scorso anno si sono avute azioni in una cinquantina città del mondo. In Italia lo scorso anno Vladimir Luxuria lanciò una petizione per chiedere la Depatologizzazione della Transessualità dal titolo Non dirmi che sono malata. Si leggeva nel testo della petizione:

"Non sono malata. In realtà sto benissimo. Ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) insiste nell’affermare che io sia malata: la transessualità, infatti, è nella loro lista delle malattie mentali […] L’OMS sta rivedendo la classificazione. È il momento di dirlo chiaro e forte: i transessuali non sono malati. Come è successo con l’omosessualità, che è stata tolta da tale elenco nel 1990, è arrivato il momento di smettere di stigmatizzare le persone transessuali. […] Non sono malata. Sono solo malata d’amore."

I cinque punti della Campagna Stop Trans Pathologization

Giornata Internazionale per la Depatologizzazione Trans
La Campagna Stop Trans Pathologization ha cinque obiettivi per cui si batte:

1) La rimozione delle categorie “disforia di genere” / “disturbo di identità di genere” dai manuali diagnostici internazionali (le prossime versioni DSM-V e ICD-11).

2)L’abolizione della normalizzazione binaria per le persone intersessuate.

3)Libero accesso a terapie ormonali e chirurgiche (senza valutazione psichiatrica).

4)La copertura sanitaria pubblica dei trattamenti specifici per le persone trans (accompagnamento terapeutico volontario, consulto ginecologico/urologico, terapie ormonali e/o chirurgiche).

5)Lotta contro la transfobia: lavorare per l’inserimento delle persone trans nella società, nell’istruzione e nel mercato del lavoro, e la denuncia di ogni tipo di transfobia istituzionale o sociale.
fonte http://www.queerblog.it Scritto da: Roberto Russo

sabato 23 marzo 2013

Lgbt Radio: A Oltre le Differenze "Transessualismo: malattia o esperienza umana significativa?" Se ne parla oggi sabato 23 marzo alle 15, anche con l'attrice Vittoria Schisano


Pro e contro della depatologizzazione del disturbo dell’identità di genere in previsione del nuovo DSM. Sotto i riflettori la testimonianza dell’attrice Vittoria Schisano

Transessualismo: malattia o esperienza umana significativa?
E’ la domanda alla quale cercherà di rispondere la prossima puntata di Oltre le Differenze, il format radiofonico interamente dedicato al mondo gay, lesbico, bisex e trans condotto da Natascia Maesi e Oriana Bottini, che torna in onda sabato 23 marzo alle 15, sulle frequenze di Antenna Radio Esse (FM 91.25, 93.20, 93.50 e 99.10) o anche in diretta online dal sito www.antennaradioesse.it.

Ospite d’eccezione l’attrice Vittoria Schisano protagonista della fiction Rai
“Io e mio figlio: nuove storie per il Commissario Vivaldi” quando per tutti era ancora Giuseppe.
Una bella testimonianza nella quale racconta la sua rinascita come Vittoria.

Per approfondire il tema dal punto di vista medico-scientifico, si darà spazio al prof. Andrea Fagiolini, responsabile dell'Unità Operativa Complessa di Psichiatria Universitaria presso l'Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, uno dei massimi esperiti in Italia di DSM - il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali considerato la “Bibbia della psichiatria” in uscita a maggio con la quinta edizione.

L’intervista sarà l’occasione per riaprire il dibattito sul disturbo dell’identità di genere o disforia di genere (DIG), termine con il quale nel DSM si definisce la condizione delle persone transessuali e transgender, inserendola nel novero della malattie psichiatriche.

Una terribile etichetta che in tanti chiedono venga rimossa con conseguenze che però potrebbero essere molto pesanti, visto che allo stato normativo attuale, in Italia, se venisse esclusa dal DSM, la transessualità non sarebbe più considerata una patologia ma una scelta personale con il rischio che l’accesso gratuito alle cure, potrebbe non essere più garantito dallo Stato.

Quello che è oggi un diritto sancito dalla legge: la possibilità di entrare in un percorso medico-sanitario di ri-assegnazione chirurgica del genere, diventerebbe un privilegio solo di chi può permetterselo economicamente.

Nel finale i consueti consigli su lettura, cinema e appuntamenti a tema, inoltre c'è sempre la possibilità di interagire con la redazione del programma scrivendo a redazione.oltreledifferenze@gmail.com o visitando la pagina fan su facebook e il blog oltreledifferenze.wordpress.com in cui si trovano i video di tutte le puntate già andate in onda
fonte Redazione oltreledifferenze

lunedì 14 gennaio 2013

Lgbt Stati Uniti: Il transgender non è più un "disturbato"

Alla Trans Health Conference a Philadelphia.
Gli psichiatri americani hanno definito che la "disforia di genere" non sia più da considerare una patologia

L’ American Psychiatric Association ha stabilito che una persona transgender non potrà più essere classificata tra gli individui che soffrono di “disordini”.

La decisione sarà ufficializzata nel prossimo DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), pubblicazione internazionalmente riconosciuta come strumento per uniformare in uno standard comune i disturbi mentali.

Sarà così sancito che, chi abbia una percezione del proprio genere sessuale che non coincida con il sesso biologico, non sia più diagnosticato come un soggetto che ha un disturbo dell’identità, come era descritto nella terza edizione del DSM pubblicata nel 1980.

Da come riporta l’ Associated Press, riferendo da fonti interne a l’ APA, da maggio 2013 il Manuale Diagnostico, nella sua quinta edizione, ci hanno lavorato 1500 esperti per ben 13 anni, sostituirà il termine “disturbo” con un più neutro “disforia di genere”.

La definizione allontana il peso di una diagnosi psicopatologica e non pare essere solo una concessione al politicamente corretto, ma è frutto di una sostanziale osservazione di anni, da parte degli psichiatri americani, nei confronti di persone che raccontavano a loro contraddizione riguardo al genere.

Il fatto che i soggetti transgender, anche se in maniera più morbida, siano ancora comunque inseriti nel manuale dei problemi psichiatrici dovrebbe, almeno sembra dalle intenzioni, offrire una possibilità in più solo che per coloro che abbiano intenzione di cercare terapie adatte allo stress psicologico che loro comporta avvertire il loro stato come problema.

Questi avranno comunque la possibilità di accedere a cure e interventi terapeutici specializzati per le loro esigenze.
Chi viva serenamente la sua condizione trans gender avrà ancora di più la sicurezza di non essere considerato un malato dalla comunità scientifica.

E’ importante ricordare, a proposito che, solo nel DSM del 1973 fu cancellata l’ omosessualità, fino a quel momento considerata una patologia.
Fu quello un passo fondamentale, contribuì all’abbattimento di una giustificazione scientifica per la discriminazione riguardo alle scelte sessuali ed emotive degli esseri umani.

Gli psichiatri americani sembrano sì decisi ad allontanarsi dall’idea di trattare come una patologia definita e specifica anche il transito di genere, ma piuttosto considerarlo come oscillazione variabile tra una precisa identità sessuale, ma è ancora aperta un’altra questione, che ancora non sembra del tutto risolta.

Come sarà possibile permettere comunque di poter usufruire della copertura assicurativa quelle persone che desiderino sottoporsi a un intervento ormonale, o chirurgico, per uniformare il loro corpo all’identità interiore?

Al momento la copertura è giustificata unicamente dal fatto che tali interventi rispondano a un problema di tipo medico, l’emancipazione dalla condanna a essere considerati malati però potrebbe coincidere, per molti trans gender, a un nuovo aumento delle difficoltà concrete a ricostruirsi un’identità completa e per loro soddisfacente.

In Italia sono trentamila le persone che hanno già cambiato, o hanno intenzione di cambiare la propria identità sessuale, o rivendicano di aver diritto di poter fare anche a meno di essere costretti a dichiararla.

Si battono, tra l' altro, per allargare il diritto di cambiare i propri dati anagrafici anche alle persone che non hanno cambiato chirurgicamente i loro caratteri sessuali esteriori, le sole che al momento possono farlo, grazie a una legge del 1982.
fonte http://www.lastampa.it di gianluca nicoletti

martedì 23 ottobre 2012

Lgbt: “Siamo trans, non malati” Maxwell Zachs, 25 enne nato donna ed oggi uomo ha lanciato il suo lamento sul web ritenendo l'atteggiamento dell'Oms a dir poco discriminatorio

L’Abc News ci parla dell’appello vodeo di Maxwell Zachs il quale ha deciso d’impegnarsi in prima persona per combattere l’idea secondo la quale la transessualità non è altro che una malattia mentale.

LA STORIA
Il 25enne è nato donna ma nel 2009, all’età di 22 anni, è diventato un ragazzo grazie alla somministrazione di testosterone. Il colpo finale è avvenuto nel 2010 quando si è sottoposto ad un intervento di doppia mastectomia in Thailandia.

Nel suo appello il giovane ha spiegato di essere in perfetta salute anche se transessuale ed ha anche organizzato un’apposita petizione, già firmata da 42 mila persone, chiedendo all’organizzazione mondiale per la sanità di eliminare dall’elenco delle malattie mentali registrate il “transessualesimo” in quanto l’esistenza stessa di tale malattia porta ad una discriminazione inaccettabile.

NON E’ UNA MALATTIA
“Il sesso non è una malattia, ma solo una parte di ciò che sono, come ad esempio essere ebreo o vegetariano o forse fin troppo ciarliero”.
L’Oms puo’ contare su cinque classificazioni relative al disordine di genere in adulti e bambini, tra cui il “transessualesimo”.

Secondo l’autorità internazionale tale tipologia rappresenta “il desidero di vivere e di essere accettati come membri del sesso opposto, spesso accompagnato dal desiderio di rendere il proprio corpo il più simile possibile al sesso desiderato.

SONO SANO
La scelta di operarsi, di accettare trattamenti ormonali e la prova conclamata dell’esistenza per almeno due anni del disturbo, non associato a sua volta da altre complicazioni mentali, fanno il resto.

Per quanto Maxwell si ritenga “sano”, secondo le autorità questo comportamento denota una malattia. Tuttavia è necessario ricordare che la prossima revisione delle malattie riconosciute come tali avverrà nel 2015 e probabilmente per allora Maxwell non sarà più ritenuto malato.

VERSO UNA SOLUZIONE?
Per Maxwell, studente di cultura ebraica in Svezia, la soluzione sarebbe quella di equiparare la sua condizione a quella degli omosessuali, i quali non sono più giudicati come malati fin dal 1990.

L’Oms dal canto suo si è dimostrata aperta nel trovare una soluzione, demandando l’analisi finale al gruppo di studiosi che dovrà occuparsi nel 2015 a cambiare la classificazione delle malattie.

Detto questo bisognerà mettere d’accordo i delegati alla ricerca di una soluzione che accontenti tutti. Aspettiamo il 2015, intanto accogliamo con favore le voci come quella di Maxwell. L’importante è parlarne.
fonte http://www.giornalettismo.com/ di Maghdi Abo Abia, Photocredit Youtube

lunedì 22 ottobre 2012

Lgbt: Transessualità, “depatologizzare senza perdere i diritti e le cure gratuite”

Il 20 ottobre si ricorda che voler cambiare sesso non deve essere considerata una malattia psichiatrica.
Una data scelta in tutto il mondo per chiedere all'Oms di togliere questo desiderio legittimo dalla lista del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali senza che questo comporti, però, la perdita del sostegno economico da parte dello stato

Il 20 ottobre è la giornata in cui si ricorda che la transessualità non deve essere considerata una malattia psichiatrica. Una data che è stata scelta in tutto il mondo per chiedere all’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) di togliere la transessualità dalla lista del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm, acronimo della sigla inglese Diagnostic and statistical manual), considerato la Bibbia della psichiatria ed attualmente in corso di revisione dopo 30 anni.

Psichiatri, avvocati, associazioni e attivisti si stanno battendo perché la transessualità venga ufficialmente depatologizzata.
Una richiesta che ha trovato adesioni anche negli ambienti istituzionali visto che il Parlamento europeo, nel settembre 2011, ha votato una risoluzione al riguardo.

In Italia si stima che ci siano circa 50mila persone transessuali: il 70 per cento sono MtF (Male to female, cioè uomini che diventano – o sono diventati – donne) e il 30 per cento sono FtM (Female to Male, donne che diventano – o sono diventate – uomini).


Per fare il cambio di sesso e di documenti le persone transessuali devono passare attraverso una laboriosa e faticosa procedura dovuta proprio al fatto che la transessualità è considerata una malattia e classificata con il termine di “disforia di genere”.

Prima di tutto devono ottenere la diagnosi da due specialisti – psichiatra ed endocrinologo – che devono attestare la “malattia”.
Poi possono procedere con la cura ormonale, che serve per iniziare la trasformazione (la transizione) del corpo da un sesso all’altro.

Dopo questo iter che dura minimo dai 2 ai 3 anni possono procedere con l’intervento chirurgico per la rimozione degli organi riproduttori (e per l’eventuale ricostruzione degli organi genitali). Finite le varie operazioni – isterectomia e mastectomia per le donne che diventano uomini e orchiectomia per gli uomini che diventano donne – devono intraprendere il lungo procedimento burocratico per il cambio del nome sui documenti.

Chi si batte per la depatologizzazione chiede, attraverso l’eliminazione della diagnosi, che la persona transessuale venga messa nella condizione di decidere da sola che cosa fare con il proprio corpo, senza dover far ricorso a diagnosi e tribunali. Una soluzione che è già realtà in alcuni Paesi come la Francia, ad esempio, dove dal 2010 la transessualità non è più considerata una malattia psichiatrica.

Depatologizzare la transessualità, però, potrebbe avere una conseguenza da non sottovalutare: la perdita del sostegno economico da parte dello Stato nel percorso di transizione e nell’operazione. Fino ad ora, infatti, proprio per il fatto che la transessualità è considerata una malattia, la maggior parte degli Stati (come ad esempio quello italiano) assicurano il pagamento delle cure principali alle persone transessuali che hanno ricevuto il via libera da psichiatra ed endocrinologo.

Il rischio è che lo Stato, nel momento in cui rinuncia ad avere giurisdizione su nomi, corpi o identità delle persone transessuali, possa sentirsi sollevato dal dovere di sostenere economicamente il percorso di transizione che, a quel punto, assumerebbe il valore di una pura scelta personale. Se così fosse, l’intero iter diventerebbe una prerogativa esclusiva di chi ha abbastanza soldi per permetterselo.

Nella petizione che è stata firmata nei giorni scorsi anche da Vladimir Luxuria, tra le testimonial italiane della campagna, questo rischio è stato preso in considerazione.

“Come è successo con l’omosessualità – si legge nella petizione – che è stata tolta da tale elenco nel 1990, è arrivato il momento di smettere di stigmatizzare le persone transessuali.
Questo non significa che dobbiamo essere esclusi dal sistema sanitario: le donne incinte non sono malate, ma ricevono assistenza medica. Lo stesso dovrebbe accadere con le persone transessuali”.

Il che significa: depatologizzare senza perdere i diritti e le cure gratuite. Un’utopia, forse.
Ma sono in molti e in molte a crederci.
fonte http://www.ilfattoquotidiano.it/ di Stefania Prandi

giovedì 18 ottobre 2012

Lgbt: La/il Trans non è malata ma usa la medicina: Intervista a Porpora Marcasciano

È stata lanciata in questi giorni una campagna per chiedere che il transessualismo non venga più considerata una malattia.

La campagna mira a chiedere all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) di rimuovere la transessualità dalla loro lista delle malattie mentali (DSM), come è successo con l'omosessualità, che è stata tolta da tale elenco nel 1990.

Il Corsaro ha intervistato Porpora Marcasciano, presidente del Movimento Identità Transessuale (MIT) per parlare di questa campagna e, in generale, del transessualismo.

Depatologizzazione del transessualismo: già il nome della campagna annuncia un tema difficile, facciamo un po' di chiarezza:

Il transessualismo è inserito nel DSM (manuale diagnostico sanitario) come disforia di genere. Questo implica che viene considerato una malattia mentale.

Per correttezza è giusto dire però che il DSM prevede anche che la disforia non venga repressa ma assecondata, conducendo la persona trans ad ascoltare la propria condizione e se lo desidera iniziare un percorso medico per modificare il proprio corpo.

Il MIT è a favore della campagna. Ma dobbiamo fare chiarezza.
La depatologizzazione e la medicalizzazione non sono sovrapponibili. La transizione prevede, nella gran parte dei casi, il ricorso a strumenti che la medicina offre per plasmare il proprio corpo e avvicinarlo all'idea che una persona ha di sè.

Chiaramente gli strumenti della medicina possono diventare pericolosi se utilizzati “fai da te” e non seguiti da un medico che li prescrive. È bene non far rientrare nell'idea di depatologizzare il transessualismo anche il rifiuto della medicina e della chirurgia.

L'accusa che viene fatta dai detrattori della campagna è nel pensare che togliendo il transessualismo dal DSM il sistema sanitario non assisterà più le persone che vogliono iniziare il percorso:

La campagna va condotta in modo intelligente, non dobbiamo buttare il bambino con l'acqua sporca.
Non tutto ciò che è medicalizzato è considerato malattia: basta pensare alle donne in gravidanza, il sistema sanitario nazionale garantisce loro tutta l'assistenza necessaria ma nessuno considera la gravidanza come una malattia.

Per questo è importante distinguere i piani fra “patologia” e “medicalizzazione”.
È bene ricordare che il percorso trans non è una passeggiata ed ha bisogno spesso di assistenza.

C'è un gran dibattito dentro il movimento ad esempio sull'accompagnamento, ovvero la diagnosi e il monitoraggio da parte di uno psicologo della disforia di genere. Molte e molti trans sono contrari e sostengono che sanno molto chiaramente chi sono e cosa vogliono. Tuttavia, noi non possiamo pensare ad una norma che tuteli chi è più pronta e preparata, e dobbiamo invece concentrarci su chi ha più bisogno di essere seguito.
E molte sono le persone trans che ne hanno bisogno e a cui va garantito il diritto e la tutela.

Il movimento trans non sembra avere i rapporti di forza per conquistarsi la depatologizzazione e garantirsi al contempo un pezzo di welfare. Come pensate di agire?

Il consultorio del MIT ha più di 780 utenti e la prima cosa che pensiamo è di tutelarle. É chiaro che le grandi conquiste si sono ottenute negli anni ‘60 e ‘70 e successivamente i movimenti hanno solo fatto resistenza nel difendere ciò che avevano faticosamente conquistato.
Ma non possiamo limitarci solo a battaglie di retroguardia.
Noi siamo impegnate/i con il coordinamento Sylvia Rivera (coordinamento nazionale Trans) e con le istituzioni competenti per procedere con questa battaglia con i piedi di piombo, mantenendo il più alto livello (possibile) di coordinamento fra le associazioni con la convinzione che mai possiamo giocare le battaglie politiche sulla pelle delle altre e degli altri.

Ricordiamoci sempre che non è corretto pensare il transessualismo solo come una “correzione” del proprio corpo.
Non c'è nulla di sbagliato in noi, al più ci sono cose che non ci piacciono, che non ci corrispondono, che vorremmo cambiare e inventare.
Parte del percorso è cambiare la società, quella si da correggere, anzi da stravolgere completamente.
L'impatto di noi e del nostro corpo nella società è parte del percorso almeno quanto gli ormoni o il DSM.
fonte http://ilcorsaro.info/ Scritto da Flippo Riniolo

lunedì 15 ottobre 2012

Lgbt: Vladimir Luxuria: "La transessualità non è malattia: via dall'elenco" firma la petizione

Con una petizione online, Vladimir Luxuria chiede all'Oms di eliminare la transessualità dall'elenco delle malattie mentali, come fece nel 1990 per l'omosessualità: "Sono solo malata d'amore".



Una petizione online, che ha già raccolto al momento oltre 18.000 firme, per chiedere all'Organizzazione mondiale della sanità di togliere dalla lista delle malattie mentali la transessualità.

E' la nuova iniziativa di Vladimir Luxuria, attrice, conduttrice televisiva, ex deputata di Rifondazione Comunista e attivista per i diritti del mondo Lgbt. "Non sono malata. In realtà sto benissimo - scrive Luxuria sulla piattaforma Change.org, che ospita la petizione, per spiegare qual è il senso dell'iniziativa -.

Ma l'Oms insiste nell'affermare che io sia malata: la transessualità, infatti, è nella loro lista delle malattie mentali. Questo è ridicolo, soprattutto se a dirlo è un'agenzia delle Nazioni Unite, e considerare le persone transessuali mentalmente malate serve solo a contribuire alla loro discriminazione".

E c'è una contingenza specifica per cui Valdimir Luxuria ha scelto proprio questo momento per lanciare la sua petizione. "L'Oms sta rivedendo la classificazione - prosegue Luxuria -. E' il momento di dirlo chiaro e forte: i transessuali non sono malati. Come è successo con l'omosessualità, che è stata tolta da tale elenco nel 1990, è arrivato il momento di smettere di stigmatizzare le persone transessuali".

"Il 20 ottobre si celebra la Giornata Internazionale di Azione per la Depatologizzazione della Transessualità.

Unitevi a me - è l'invito che l'attrice rivolge a tutti - firmando questa petizione per chiedere all'Oms di smettere di considerare le persone transessuali, come me, dei malati mentali.
Non sono malata. Sono solo malata d'amore".

La petizione si può firmare a questo link:
http://www.gay.it/channels/click.php?url=http://www.change.org/iononsonomalata

fonte http://www.gay.it