Anna Paola Concia, parlamentare democratica, in prima (anzi primissima) fila nella battaglia per i diritti civili e l'equiparazione del matrimonio omosessuale a quello eterosessuale, ha raccontato la sua storia in un bel libro ("La vera storia dei mie capelli bianchi") e qui ci racconta la sua Italia, le prossime primarie un tabù da sfatare.
Che storia è quella dei Suoi capelli bianchi?
E’ la storia della mia vita. Di una ragazza nata in provincia che si scopre omosessuale e per paura soffoca la sua natura. E del percorso che ha intrapreso verso la libertà di essere se stessa. La storia di questo percorso intrecciata con la storia d'Italia degli ultimi 40 anni sui diritti civili. È un percorso verso la verità che mi ha segnata. Questi capelli bianchi sono io.
Cosa ne è stato delle grandi battaglie per rendere l'Italia più moderna e democratica?
Che ne è stato, lo sappiamo tutti: chi prometteva cambiamento e modernità ha riportato il paese agli anni 50. L’Italia oggi è il paese delle diseguaglianze. Quello che a me interessa davvero è riprendere queste battaglie dopo un ventennio così buio. Le battaglie per i diritti di tutti sono il cuore di quello che voglio dal mio partito. Penso a una riforma civile e di ampliamento delle libertà individuali, un’Italia in cui individui di pari dignità e con pari opportunità siano liberi di scegliere con chi dividere la loro vita, come essere curati, come affrontare la morte, come e quando dare la vita
Che Italia sarebbe se i diritti civili fossero radicati nel nostro vivere quotidiano?
I diritti civili e l’inclusione sono la base essenziale per un vero sviluppo sociale, culturale ed economico. Concretamente, credo che non possiamo permetterci di escludere nessuna risorsa per uscire da questa crisi sociale ed economica. Senza donne e senza famiglie omosessuali, senza immigrati, senza giovani, nel mantenimento dello status quo, l’Italia viene privata di energie irrinunciabili. Guardiamo all’Europa. Guardiamo gli indici di occupazione femminile, tanto per fare un per esempio, capiremo che sono proporzionali al PIL.
Si parla tanto di Politica "open" e di partecipazione diretta. Bastano solo le primarie per permettere ai cittadini di prendere parte alla vita dei partiti?
Le primarie possono essere un grande strumento di partecipazione, quando non sono soltanto uno sfoggio di testosterone. Le primarie del PD saranno positive se sapranno coinvolgere più cittadine e cittadini nella scelta in questo caso della leadership e di una idea di società. Ma sono un mezzo, non un fine. Poi c'è tutto un lavoro che i partiti devono fare per coinvolgere di nuovo i cittadini nella vita pubblica e nella costruzione della comunità. Un lavoro che non si esaurisce con le primarie.
L'omosessualità raccontata al tempo dei socialmedia, il tempo dello storytelling continuo e libero, è per Lei un rischio o rappresenta una grande opportunità?
Lo spazio di internet, con chat e i siti tematici, aveva già reso più ampio e libero lo spazio per il racconto dell’omosessualità. L’avvento dei social media ha poi permesso di condividere le nostre battaglie, le nostre rivendicazioni, la nostra affettività, anche con chi non è omosessuale. E nel momento in cui chiunque può trovare riferimenti a questi temi su Facebook o Twitter, anche i media tradizionali si sono dovuti adeguare per rinnovarsi e accontentare i lettori. La visibilità si è allargata.
Twitter, Facebook nel Suo lavoro da parlamentare in cosa l'hanno migliorata?
Sono una deputata nativa digitale, nel senso che appena entrata alla Camera ho iniziato ad usare entrambi. Non posso immaginare questo lavoro senza un confronto diretto e continuo con le persone. Rispondo personalmente a tutti i messaggi, e uso i social network per ricerca e aggiornamento.
La dimensione “social” del digitale è parente della dimensione sociale del mio modo di fare politica. E’ l’equivalente odierno dello stare nelle feste popolari, nelle sezioni, nelle piazze, nelle librerie, negli incontri. Tra l'altro, attraverso il lavoro sui social ho moltiplicato gli incontri con le persone.
L'uno non esclude l'altro, anzi sono complementari. È vero che i social hanno una durezza in più: il confronto non è addolcito dall’incontro reale, dai sorrisi e dagli sguardi. Credo che certi insulti via web siano aiutati dall’anonimato, dalla velocità di interazione e dalla distanza.
La stagione politica che si annuncia sarà molto intensa e tesa. La vivremo intensamente anche sul web. Ma sul web chi vincera? Sarà solo un monopolio grillino?
Certamente M5S ha puntato molto sul web, ma molti altri hanno imparato in fretta: penso a Renzi, Bersani, Zingaretti, ma anche Di Pietro,Vendola, Pisapia, i Comitati dei Referendum, i tanti cittadini che si mettono insieme per sostenere grandi battaglie di civiltà. Chiunque vinca sul web dovrà però fare i conti con un paese in cui le connessioni veloci sono poche e in cui una percentuale ancora bassa legge news, anche on line: la tv avrà ancora un ruolo chiave. Il web sarà importante però se riuscirà a fare due cose: connettere le persone e parlare loro di contenuti. Spiegare quale Italia si vuole costruire, oltre a come cancellare quella che esiste, penso sia l’unico modo serio di fare politica.
La politica ce la farà ad essere migliore di quello che oggi è diventata?
Dipende. La politica deve imparare a riformarsi, rinnovarsi, farsi limpida. A non essere troppo invasiva da una parte e ad essere presente come connessione tra cittadini e istituzioni, come luogo della partecipazione democratica. Tutto questo non è facile e ci vuole grande umiltà da parte di chi fa politica oggi. Grande passione, grande cuore e una grande ambizione: lasciare un mondo migliore ai nostri figli. I cittadini non amano l'antipolitica, amano la buona politica, che ha un difetto: non è difficile da fare, è solo più impegnativa.
fonte http://www.linkiesta.it/ intervista di Sergio Ragone
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giovedì 11 ottobre 2012
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