lunedì 21 febbraio 2022

Film: "La Padrina - Parigi ha una nuova regina" un mix tra action e commedia con un’ispiratissima Isabelle Huppert

Una nuova boss gira per le strade della capitale Francese. È Isabelle Huppert in un’altra sfida dove potrebbe interpretare tre personaggi contemporaneamente. Tratto dal romanzo ‘La bugiarda' di Hannelore Cayre.

Comincia come un poliziesco con un’operazione delle forze dell’ordine nelle scale di un palazzo. Con loro c’è Patiente Portefeux, un’interprete giudiziaria arabo-francese abilissima nelle intercettazioni telefoniche. In centrale, mentre sta traducendo, subisce anche l’aggressione di uno degli spacciatori fermati che le sputa in faccia.

Ci si potrebbe trovare dalle parti di un polar sporco e disilluso dalle parti di Maurice Pialat dove i colori blu scuro richiamano la fotografia di Luciano Tovoli in Police.  All’interno del genere però si costruisce la figura della protagonista che si crea progressivamente una doppia vita per far fronte alle numerose spese che deve affrontare.

Un giorno, mentre sta ascoltando una conversazione telefonica per un’indagine, si accorge che il pusher sorvegliato è il figlio dell’infermiera che si occupa della madre nella costosissima casa di riposo (3200 euro al mese) dove alloggia e, di nascosto, cerca di aiutarlo. Dopo aver recuperato la partita di droga, avviene la trasformazione e si crea un’altra identità. In centrale sorvola sulle intercettazioni che possono riguardarla segnalandola come “conversazione senza interesse per l’attuale indagine” e depista anche il comandante Philippe, interpretato da Hippolyte Girardot, con cui ha una relazione. Dall’altra invece costruisce una rete criminale dove può smaltire il carico di droga sottratto e riesce a far perdere le sue tracce anche grazie alle sue conoscenze in ambito giudiziario. 

Una nuova boss gira per le strade di Parigi. È Isabelle Huppert in un’altra sfida dove potrebbe interpretare tre personaggi contemporaneamente. Nei primi due convivono il suo presente monotono (l’interprete) ed elettrizzante (la metamorfosi nella spacciatrice nella scena del cambio del look) che esplode nella scena dove canta, come se fosse riposseduta, #Fêter di Panama Bende mentre sta guidando e viene avvicinata da un ragazzo in motorino che la guarda divertito, poi le bussa sul vetro, e le fa un gesto come se avesse capito che si è fumata qualcosa che l’ha fatta sballare. Poi c’è il terzo personaggio che non si vede ma si può immaginare e riguarda il passato della protagonista, rimasta vedova giovane dopo che il marito è morto a 34 anni. C’è una fotografia di Patiente ragazza sul lago di Ginevra. Lì dentro c’è nascosta l’esistenza avventurosa trascorsa insieme ai suoi genitori, la possibilità di una vita che poteva essere differente e ora le apre nuove strade. Isabelle Huppert possiede più volti e più corpi. Può trasformarsi da un’inquadratura all’altra, essere al centro di una scena d’azione, comica o intima.

Il film, tratto dal romanzo "La bugiarda" di Hannelore Cayre che è ispirato alla storia personale dei suoi genitori, è certamente dipendente dalla performance dell’attrice che lo porta su più direzioni contemporaneamente.

Jean-Paul Salomé, dopo aver attraversato il fantasy horror (Belfagor. Il fantasma del Louvre), il giallo (Arsenio Lupin) e il filone bellico (Fatal Agents), trova il mix giusto tra poliziesco e commedia dirigendo per la prima volta Isabelle Huppert. Nel personaggio Patiente compare lo spettro di Michèle in Elle di Verhoeven dove il suo gioco perverso con l’assalitore somiglia a quello della protagonista di La padrina con il sottobosco degli spacciatori.

Si contamina, al tempo stesso, con alcune delle escursioni nella commedia della protagonista come nella figura dell’attrice di Il condominio dei cuori infranti e della donna metodica e precisa di Il mio migliore incubo!. Huppert, che non parla arabo, ha dovuto imparare le battute foneticamente. Al tempo stesso Salomé ha incontrato due interpreti giudiziari per poter approfondire alcuni passaggi narrativi decisivi. C’è quindi in La padrina una ricerca di realismo combinata con il ritmo sostenuto della vicenda, evidente soprattutto in alcune sequenze come quello della chiave nel supermercato, nei filmati video registrati dalle telecamere, nella contagiosa follia che potrebbe arrivare da un film di Francis Veber degli anni ’80 nel continuo rimpallo tra equivoci e malintesi.

In più mostra come il cinema francese guarda, anche se in questo caso non in maniera diretta, la spy-story, tra alcuni film di Belmondo (L’uomo di Rio, L’uomo di Hong Kong) e recenti riaggiornamenti come l’agente speciale 117 al centro della trilogia con protagonista Jean Dujardin. In effetti, La padrina avrebbe tutte le carte in regola per un sequel. 

LA PADRINA: VAI ALLA RECENSIONE 

fonte: Simone Emiliani www.mymovies.it

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