L’esposizione aprirà al pubblico dal 24 febbraio, in occasione dell’incontro “Mediterraneo frontiera di pace 2022“, che vedrà riunirsi i vescovi e i sindaci del Mediterraneo a Firenze e a cui interverrà anche Papa Francesco.
Si tratta di un progetto a cura di Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani, Sergio Risaliti direttore del Museo Novecento Firenze, Claudio Salsi, direttore dell’Area Soprintendenza Castello, Musei Archeologici e Musei Storici e Timothy Verdon, direttore del Museo dell’Opera del Duomo a Firenze.
Un’opportunità per studiare l’evoluzione dell’arte di Michelangelo
Le tre Pietà, collocate una vicina all’altra, offriranno l’opportunità di studiare l’evoluzione dell’arte di Michelangelo, nonché la sua maturazione spirituale, dalla prima giovinezza fino alla sua ultima stagione, quando, ormai vecchio, mise mano alla Pietà oggi a Firenze e poi alla Pietà Rondanini conservata a Milano.
Un percorso lungo di più di cinquant’anni, dall’ambizione del giovane che scolpì il proprio nome sul petto della Madonna della versione vaticana, all’immedesimazione personale dell’anziano artista, che in quella del Museo dell’Opera raffigura se stesso nelle sembianze di Nicodemo, fino la Pietà Rondanini che è il risultato sublime di una profonda meditazione spirituale.
Le tre Pietà
La prima Pietà di Michelangelo, quella Vaticana, fu realizzata a ridosso del giubileo del 1500, quando il cardinale Jean Bilhères de Lagraulas commissionò al giovane Buonarroti “una Vergine Maria vestita con Cristo morto, nudo in braccio”.
Con la realizzazione della Pietà Vaticana (1498-1499), Michelangelo impressionò il suo tempo per la bellezza di quel Cristo nudo sorretto amorevolmente dalla Vergine, una giovanissima ragazza umile e casta, avvolta nei panneggi per cui Maria risulta al tempo stesso Madre e sposa. Tuttavia, quella giovinezza venne criticata dai più, parendo poco consona alla Madonna.
Il capolavoro venne collocato nella cappella di Santa Petronilla poco prima del 1500, anno del giubileo. Successivamente fu spostata in San Pietro, e nel XVIII secolo fu esposta a destra della navata dove ancora oggi la si può ammirare. In questa Pietà Michelangelo è riuscito a rappresentare la divinità di Gesù calandola nel corpo di un uomo di 33 anni. Nel corpo intatto, senza segni di violenza subita, si legge già il risorto, colui che vince la morte.
La seconda Pietà (Bandini) venne scolpita da Michelangelo molti anni dopo rispetto a quella Vaticana. Durante questo periodo Roma era stata saccheggiata, La Repubblica di Firenze era crollata e i Medici erano rientrati in città. Michelangelo aveva lasciato Firenze nel 1534 e si era stabilito a Roma. Ormai anziano, l’artista è sempre più concentrato sul destino umano, sulla morte e resurrezione di Cristo e lavora spesso in preda a frequenti crisi depressive. Comincia a temere la propria morte, il giudizio divino. Fa voto di povertà.L’esecuzione della Pietà Bandini è lunga e difficile, la datazione controversa. L’inizio del lavoro si aggira attorno al 1547, ma Michelangelo non portò a termine l’opera. Prima di essere venduta nel 1561 a Francesco Bandini, la scultura fu conclusa in alcune parti da Tiberio Calcagni, principale assistente del Buonarroti.
Nel 1553 Vasari, in visita allo studio dell’artista, ebbe l’impressione che Michelangelo esitasse a mostrargliela non terminata. Intorno al 1555, Michelangelo prese a martellate la statua rompendola in più punti. Ancora oggi si osservano, infatti, i segni di rottura sul gomito, sul petto, sulla spalla di Gesù e sulla mano di Maria. Alla morte dell’artista nel 1564 si pensò di utilizzare il gruppo per la sepoltura di Michelangelo a Firenze in Santa Croce. L’opera invece rimase nella villa dei Bandini a Montecavallo e solo nel 1674 venne acquistata da Cosimo III de’ Medici che la destinò ai sotterranei di San Lorenzo. Nel 1722 la Pietà fiorentina fu trasferita in Santa Maria del Fiore. Dal 1981 si trova nel Museo dell’Opera del Duomo.
Michelangelo, Pietà Rondanini |
La Pietà Rondanini rappresenta l’esito finale di un lungo percorso di arte e di fede ed è da considerarsi una preghiera prima ancora che un’opera d’arte. O meglio la dimostrazione artistica del fatto che l’uomo di fede ha visto oltre le apparenze reali, che la mano non riesce a restituire quanto l’occhio interiore ha potuto contemplare.
Gesù e Maria sembrano esseri fantasmatici, la pietra tende a farsi materia di luce. Cristo esausto sembra scivolare verso la tomba e con il figlio anche la Madre, la cui umanità è come interamente assorbita dal sentimento di amore. Un unico destino travolge miracolosamente madre e figlio in questa metamorfosi mistica, la stessa già provata al momento dell’annunciazione. I corpi sembrano distaccarsi dal suolo, e aggiungere assieme il Padre.
Nel prossimo autunno i tre calchi in gesso delle Pietà originali saranno esposti a Milano nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, in un nuovo allestimento appositamente progettato.
La mostra, aperta la pubblico fino al 1 agosto 2022, è accompagnata da un catalogo realizzato da Silvana Editoriale con saggi e schede dei curatori e di altri autorevoli studiosi.
fonte: https://artemagazine.it
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