E’ un romanzo pieno, un’opera in cui confluiscono molti elementi diversi, e così quello che in un qualsiasi altro libro creerebbe dissonanze, qui diventa armonia grazie ad uno stile leggero, fluido e al tempo stesso deciso e d’impatto.
E’ lo stile di Fabio Morìci a rendere tutto armonico e a far sì che elementi, apparentemente distanti tra loro, si sposino in modo naturale e spontaneo.
Eccellente la tecnica dell’autore nell’assemblare i pezzi, le varie sequenze, molto vicina nelle scelte e nei tagli a quella usata da un regista che si accinge a dirigere un film… di cui ha precedentemente scritto soggetto e sceneggiatura.
E così conclusa la lettura del romanzo si prova un senso di duplice soddisfazione: buona lettura e buona visione! L’intreccio dei destini di tre individui diversi e distanti tra loro, nei comportamenti, nei pensieri e nel bagaglio di esperienze, lo spuntare dal “dietro le quinte” del racconto di altre vite, appartenenti a vecchi e nuovi personaggi… ha richiamato alla mia memoria film di spessore come Babel e 21 grammi.
Nella scrittura di Fabio Morìci, in questo particolare contesto, incontriamo i tempi di un verbo che comunque vengano usati, mantengono la forza, la carica e la capacità di impatto propri del tempo presente.
In quest’opera non si incontrano solo esseri umani con personalità ben delineate, ma si intersecano le vite di questi personaggi e ciascuna di queste con la funzione di legare ancor più la trama, in alcuni passaggi, ed accentuare il mistero che aleggia…e altre volte, invece, intervengono per sciogliere nodi, offrire un diverso punto di osservazione, dando al lettore nuove visioni e nuove chiavi di lettura.
La voce narrante è quella di Seth, a lui è destinato il ruolo di colonna vertebrale della narrazione ma non sempre il ruolo di protagonista principale. Spesso, infatti, Duncan, incontrato per caso, ruba a Seth la scena, lasciandogli il ruolo di spalla degli eventi normali e paranormali che investono questo personaggio carismatico, il tutto a favore dell’azione scenica e della narrazione.
Duncan è un concentrato di carisma che seduce, potere di attrazione incredibile, inquietante ed affascinante nella stessa misura e come sostiene in un passo lo stesso Seth “potenza fisica e psichica inestimabile”, in lui sembra insediarsi la rappresentazione di un leader. E fin dalle prime pagine Seth ne resta ammaliato al punto da non riuscire a scegliere liberamente cosa fare o non fare, ma a seguirlo senza farsi domande.
Seth e Duncan, affiancati l’uno all’altro, si prestano alla trama in maniera splendida perché, come avviene per i complementari, si completano e presi insieme riescono a valorizzare e sottolineare la sorprendente varietà di pensiero e di comportamento della natura umana. Fabio Morìci, per ottenere questo risultato ha sicuramente sfruttato la sua predisposizione innata nell’osservazione dell’esterno, la sua capacità di introspezione ed analisi del sé.
Il personaggio di Lana, che si unisce al viaggio dei due improvvisati amici, è il personaggio femminile che maggiormente domina la scena, anche se altre donne si muovono sul fondo del racconto riemergendo dal passato o riaffacciandosi nel futuro. E’ una figura anarchica in senso lato, non sottostà a regole morali, a tabù, a convenzioni e al precostituito e al “già deciso”: libera e istintiva in ogni situazione, vive la vita per come viene, senza pensarci troppo, senza pensarci su. E forse è proprio per questo che l’autore gli affida uno dei tanti momenti più carichi di pathos e successivamente momenti di intensa riflessione attraverso cui crescere e confrontarsi.
Non potrei chiudere l’analisi di APPENA IL TEMPO DI ANDAR VIA senza menzionare l’abilità di Morìci nell’ottenere il superamento dello spazio reale a favore del fantastico, il sorpasso del normale a favore del paranormale, senza far sentire la distanza tra le diverse dimensioni. Così il lettore si trova davanti a fatti assolutamente verosimili, ancorati solidamente a terra, e comuni all’esperienza umana e, un attimo dopo, si trova a sconfinare in una dimensione fantastica, ma senza strappi, senza buchi dimensionali. Tutto questo è possibile grazie alla sapienza dell’autore di guardare la realtà oggettiva in modo soggettivo, di estrapolarla dal contesto che l’ha generata dandole la possibilità di volare alto e nel saper dosare il ritmo dell’alternarsi di reale e fantastico, di normale e paranormale.
APPENA IL TEMPO DI ANDAR VIA è un’opera curata in ogni suo dettaglio capace di catturare l’attenzione del lettore, dalla prima all’ultima pagina… chi si accinge a leggerlo fin dalle prime pagine si accorge che è un romanzo fatto di colpi di scena, in sequenze imprevedibili, che si succederanno… e che apriranno altre scene, altri viaggi, altre esplorazioni… insomma un romanzo che potrebbe superare anche la stessa parola fine.
fonte http://paolathinkntellgraffiti.wordpress.com di Paola Tinchitella
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