Se ne fa un gran parlare.
Si vocifera, si allude, si parla dietro le quinte, si nega l'evidenza, si respinge categoricamente, ci si nasconde dietro un dito o nell'omertà.
Il mondo dello sport resta l'ultimo baluardo del machismo, dell'ipocrisia, dell'omofobia e, purtroppo, anche del bullismo, nelle palestre come nelle scuole. Perfino negli apparati militari, nelle religioni, nelle chiese e negli ambienti della politica le diffidenze si diradano e i tabù si sbriciolano.
Per questo, nell'anno dei giochi olimpici di Londra e dei Campionati europei di Calcio in Polonia e Ucraina, il Festival dedica un Focus a un pregiudizio duro a morire, a uno sciocco, inutile retaggio.
L'ultimo tabù: le "nostre" Olimpiadi propone una serie di film a soggetto, documentari e cortometraggi che provano a raccontare e disinnescare con le armi della finzione e della testimonianza, un grande equivoco.
Che essere gay, lesbiche o transgender svilisca, offenda o snaturi lo sport come se l'esercizio fisico, la competizione, il gioco di squadra abbiano a che vedere con l'orientamento sessuale.
Un anacronismo inammissibile che, per fortuna, comincia a perdere colpi. Soprattutto nei paesi anglosassoni, nell'Europa Settentrionale, in Australia e in Sud America le cose cominciano a cambiare.
In molte discipline sportive come tennis, canottaggio, ginnastica, pattinaggio, nuoto e perfino rugby o football americano, sono molti gli atleti che hanno fatto coming out seguendo a ruota l'esempio di pionieri quali Martina Navratilova, Billy Jean King, Gregg Louganis.
Il Focus prevede due film di qualche anno fa che, nei rispettivi paesi, hanno avuto un grande successo (anche di botteghino): il tedesco Sommersturm, con protagonisti i ragazzi di una squadra di canottaggio, e l'islandese Eleven Men Out che affonda il dito nelle pieghe e nelle piaghe di uno degli sport più omofobi, il calcio. Ma c'è anche un film nuovo come Mi último round (Argentina/Cile), che segue la travagliata storia sportiva e d'amore di un pugile.
Nel documentario Renée, invece, si ricostruisce la vicenda vera della tennista Renée Richards, la prima transgender ad aver partecipato all'US Open nel 1977 e in Training Rules gli avvenimenti legati a una giocatrice di basket lesbica discriminata dal suo team.
Infine, una sintesi dell'inchiesta in due puntate, curata qualche anno fa dal giornalista La7 Paolo Colombo, all'interno del suo tv-magazine "V-ictory", un'utile sintesi documentata della storia della relazione pericolosa tra sport e omosessualità.
fonte http://www.tglff.com
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venerdì 6 aprile 2012
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