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venerdì 12 giugno 2020
Drusilla Foer: “Lo stile è il risultato della nostra personalità”
Simbolo della raffinatezza, nella nostra intervista Drusilla Foer ci racconta delle sue esperienze, dell'amicizia con Piero Chiambretti e ci svela il segreto dello stile. Ph. Drusilla Foer – Fonte: Ufficio stampa
Classe, eleganza, originalità: sono questi i primi aggettivi che vengono in mente per descrivere Drusilla Foer. Toscana fino al midollo, anche se ha vissuto un po’ ovunque nel mondo, è attrice di teatro e di cinema (la ricordiamo nel film Magnifiche Presenze di Ozpetek), autrice, fotografa, pittrice.
In televisione, immancabile la sua presenza a Cr4- La Repubblica delle donne, la trasmissione condotta da Piero Chiambretti, e lo scorso 29 maggio l’abbiamo vista protagonista di una delle puntate di Uniche, il programma con Diego Dalla Palma,di cui è stata ospite anche Martina Stella (leggi la nostra intervista). E sui social il successo non è da meno.
A noi, Drusilla Foer ha raccontato della sua vita, del suo stile, dei suoi progetti futuri. Non senza un tocco di scaramanzia.
Ti abbiamo visto a Uniche, la trasmissione di Diego Dalla Palma, quali aggettivi useresti per dire che sei unica?
Tendo a pensare che debbano farla gli altri questa osservazione su di me. Premesso questo, sono unica nella mia sincerità, nel mio sentire che è molto sincero, lontano dai pregiudizi verso me stessa e verso gli altri, verso la vita. Ho completa apertura verso ciò che la vita dà e suggerisce. Se sono unica, lo sono per sincerità verso me stessa e verso gli altri.
Hai parlato di pregiudizi: sono stati molti quelli contro cui hai dovuto combattere?
No, devo dire che sono stata molto fortunata, perché sono stata cresciuta in una famiglia in cui si invitava ad essere contro il pregiudizio. Sono cresciuta in una città che non era la mia, quindi i miei genitori mi hanno educata all’apertura di un luogo che non è il proprio luogo natale. E da lì l’apertura verso un mondo che non è quello più confortevole nei confronti della propria estrazione geografica e sociale. Devo dire che fin da piccola sono stata abituata all’apertura verso l’esterno e a cercare di comprendere i motivi che muovono la vita al di fuori delle nostre esistente. Il pregiudizio è una forma che non ho mai subito, perché non ho dato lo spazio a questo brutto sentimento né di entrare nella mia vita né di far agire il mio pregiudizio sugli altri. Al contrario, sono sempre stata accolta in tutti gli ambienti diversissimi che ho frequentato. Impropriamente mi definiscono una signora dell’alta società. Forse ho fatto parte dell’alta società di Siena che è una piccola città. Poi sono stata una globe trotter che ha dovuto innamorarsi del mondo e di tutte le persone che ha incontrato. Lottare contro il pregiudizio quindi significa anche allenarsi agli altri. Soprattutto per il mio lavoro artistico, ho trovato solo braccia spalancate.
Da dove nasce il nome Drusilla?
È una storia abbastanza divertente. Mio nonno aveva una fattoria a Siena dove si produceva olio e si era accordato con gli Hilton, proprietari di una serie di hotel di lusso, per fornire loro olio. Per definire l’accordo, mio nonno e mia nonna andarono in America e firmarono il contratto su un battello che si chiama ancora Drusilla. La notte in cui firmarono il contratto, i miei nonni concepirono mio padre e sua sorella gemella che fu chiamata Drusilla. Lei morì giovane per una malattia tropicale e quindi quando sono nata io, mio padre mi diede il nome della sua amata sorella, che a sua volta deriva da un battello.
Non ti piace essere definita icona di stile, ma ne hai una cui ti ispiri?
Ti dirò, no. Mi fa piacere, anche se non è nelle mie corde, che le persone mi dicano che sono “una che ha stile”. È una cosa che non si dice più. Non ho una icona che prendo come modello. Però possiedo una grande curiosità. Mi piace osservare e ascoltare le donne e gli uomini che ho modo di conoscere. Credo che in tutti questi incontri mi sia stato regalato qualcosa che è andato a formare la mia personalità, il mio gusto e il mio stile. Certo, sono stata incantata da Joséphine Baker o da Anouk Aimée. Però, credo che lo stile sia il risultato di una serie di informazioni che raccogliamo nel nostro intimo e che poi si traducano nella scelta di un taglio di capelli, di una borsetta, insieme a una valutazione onesta di se stessi. Il mio stile è personale, perché ho individuato dentro di me cosa mi piace. Ma questo lo devo a tutta la mia esperienza. Lo stile è il risultato, un effetto della personalità che ne è la causa.
Qual è l’elemento che definisce la tua personalità?
La naturalezza. Comportarsi in modo naturale e accogliente verso gli altri è un atteggiamento sano verso se stessi e verso gli altri. Se si è privi di pregiudizi nei propri confronti, lo si è anche verso l’esterno.
Durante la quarantena hai scritto la tua prima canzone che ha anche uno scopo benefico [una raccolta fondi da destinare alla protezione civile per affrontare la pandemia]: ce ne parli?
Con un gruppo di persone abbiamo pensato di fare una sorta di live aid. Mi hanno presentato la traccia musicale. Io ho scritto le parole e ho fatto da madrina al progetto. Il pezzo si chiama Domani, perché volevamo che non fosse strettamente legato alla pandemia, ma che fosse sempre attuale anche se ascoltato tra un anno. Il testo voleva essere un messaggio di fiducia, volevamo traslare ciò che l’oggi ci rivela nel domani.
Che cosa è rimasto di te dopo l’esperienza difficile della pandemia?
Mi sono resa conto che mi sono trascurata. Certo faccio una vita privilegiata, ma spesso quando si è presi dal fare si trascura quella parte di sé che è il sostare. Ti faccio un semplice esempio, è come quando si fa una gita in campagna con gli amici. Arriva il momento in cui ci si ferma per riposare, ecco quello è l’attimo più prezioso della passeggiata. Questo periodo mi ha costretta a una specie di stallo che mi ha fatto ritrovare delle parti molto tenere di me, come farmi il pane e burro la mattina, non dovermi truccare… Avrei voluto che tutto questo accadesse in una situazione in cui nessuno soffrisse. Le conseguenze sanitarie ed economiche sono state terribili, quello che abbiamo vissuto è stato una tragedia.
Quali progetti hai per il tuo domani?
Devo dire che non mi ha creato problemi l’isolamento, ma sto facendo più fatica a uscire nuovamente. In ogni caso, ci sono progetti discografici, rimetto un piede in televisione, anche se non credo di essere un animale da tv. Ma se c’è un programma in grado di contenermi coi miei ritmi e la mia calma penso che mi piacerebbe molto. Ho anche un paio di cose nel cinema, ma non vorrei dire di più. Sono molto toscana, molto superstiziosa.
Cinema, musica, televisione: in quale ambito ti trovi più a tuo agio?
A me piace stare nella situazione. Mi piace capire l’ambiente che sto vivendo, stringere contatti con le persone che ci lavorano. Ad esempio in televisione entro in contatto con chi conduce la trasmissione. Come è successo con Piero Chiambretti con cui sono diventata amica. Avrei voluto essergli più vicino in questo periodo, ma non è stato possibile [Piero Chiambretti ha avuto l’infezione da Covid-19 e ha perso la madre a causa del contagio ndr].
Certamente per me il luogo più naturale è il teatro. Mi piace molto entrare in relazione col pubblico. La cosa più difficile non è stare sul palco, ma essere in ascolto del pubblico, stabilire una sorta di relazione silente che è fatta di approvazione, sorrisi, silenzi fatti di commozione. Fin da piccola andavo a teatro col babbo che era amico di un grande teatro all’Avana dove si facevano molte opere. Il teatro l’ho sempre visto dietro le quinte. Il respiro del palco e il respiro del pubblico mi piacciono tantissimo.
fonte: Intervista di Federica Cislaghi https://dilei.it
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