mercoledì 10 giugno 2020

LGBT e discriminazione a livello europeo: la lunga strada verso l'uguaglianza

Sconfortanti i risultati del rapporto dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (FRA): 6 partecipanti su 10 evitano di tenere per mano in pubblico il/la partner, 2 su 5 hanno subìto molestie a causa della propria identità di genere o orientamento sessuale

È STATO pubblicato il rapporto dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) "A long way to go for LGBTI equality" (La lunga strada da percorrere per l'uguaglianza delle persone LGBT), che presenta i risultati di un'indagine online condotta dall'Agenzia tra il maggio e il luglio 2019 nei 27 stati membri della UE, nel Regno Unito, in Macedonia del Nord e in Serbia.

Il rapporto. Il report parla di LGBT e discriminazione a livello europeo ed è importante sia per l'ampiezza del campione coinvolto - parliamo di quasi 140.000 persone dai 15 anni in su che si identificano come gay, lesbiche, trans e/o intersex - sia perché si basa sui racconti e le esperienze che le persone partecipanti hanno deciso di condividere compilando il questionario. "Racconti di prima mano - spiega Marta Capesciotti, della Fondazione "Giacomo Brodolini", contractor nazionale dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali (FRA) - sulla base di un approccio partecipativo che è fondamentale quando si parla di discriminazione e gruppi oppressi a cui troppo spesso viene tolta voce e visibilità".

Per stilare il rapporto, FRA si è avvalsa del supporto di organizzazioni internazionali per i diritti umani e, ancor più importante, di esperti e associazioni LGBT, così da affinare la metodologia di ricerca rispetto a quella utilizzata nella survey già condotta dall'Agenzia su questi temi nel 2012. "L'indagine - continua Capesciotti - si propone di comprendere il vissuto e le esperienze delle persone LGBT su alcune questioni chiave per una società inclusiva, quali il livello di apertura rispetto alla propria identità, le esperienze di discriminazione, i casi di violenza omo-lesbo-bi-transfobica, il ruolo della scuola nel favorire e visibilizzare la diversità e il livello di integrazione economica e lavorativa delle persone LGBT in Europa. L'obiettivo è quello di comprendere i passi avanti o indietro fatti dall'ultima indagine del 2012 e fornire indicazioni alla Commissione europea che dovrebbe lanciare nel 2020 la LGBTI Equality Strategy".

La situazione in Europa. I risultati che emergono dal rapporto non sono affatto confortanti ed è la stessa Agenzia a concludere che i passi avanti fatti dal 2012 a oggi siano assolutamente insufficienti e le differenze tra i vari contesti nazionali continuano a essere rilevanti. In media, 6 partecipanti su 10 dichiarano di evitare di tenere per mano in pubblico la persona che hanno scelto come partner; 2 su 5 hanno raccontato di aver subito molestie a causa della propria identità di genere o orientamento sessuale nell'anno precedente alla compilazione del questionario. Una persona su 5 dichiara di sentirsi discriminata sul lavoro, e una su 3 di sentirsi discriminata negli spazi pubblici di socializzazione, come bar e ristoranti. Per quanto riguarda il ruolo delle istituzioni scolastiche, uno studente LGBT su due ha riportato di sentirsi supportato da qualche compagno di classe o dagli insegnanti. Nell'ambito lavorativo, una persona LGBT su 3 ha dichiarato di fare difficoltà ad arrivare alla fine del mese: difficoltà questa che colpisce in maniera ancora più acuta le persone trans e intersex (una persona ogni 2 partecipanti). "La comunità trans e intersex - spiega Capesciotti - è inoltre la più esposta alla violenza: una persona su 5 ha dichiarato di essere stata aggredita fisicamente o sessualmente nell'anno precedente all'indagine, il doppio rispetto al resto del campione".

La situazione in Italia. I dati relativi al contesto italiano non sono più rassicuranti: basti pensare che il 62% dei partecipanti ha raccontato di evitare di mostrare in pubblico la propria affettività e il 30% di evitare spesso o sempre di frequentare alcuni luoghi specifici per paura di subire aggressioni. Solo il 39% del campione italiano esprime liberamente la propria identità LGBT, a fronte di una media europea del 47%. "Non siamo ovviamente immuni dalle discriminazioni - continua Capesciotti - che vengono riportate dal 23% dei partecipanti per quanto riguarda il lavoro e dal 40% in riferimento ad almeno un altro ambito della vita. Il 32% dei partecipanti italiani ha, inoltre, raccontato di aver subito almeno un episodio di molestia nell'anno precedente all'indagine e l'8% un episodio di aggressione fisica nei 5 anni precedenti. Solo il 16% del campione ha dichiarato di aver denunciato questi episodi alle forze dell'ordine". In ambito scolastico, il 28% delle persone LGBT italiane tra i 15 e i 17 anni ha raccontato di aver fatto coming out a scuola. Il 52% ha trovato qualcuno a scuola - tra insegnanti e gruppo dei pari - che ha fornito sempre o spesso supporto e tutela. Solo il 33%, infine, ha dichiarato che le questioni LGBT vengono affrontate in classe in modo positivo o quantomeno equilibrato.

Uno dei dati più indicativi è che il campione italiano che ha partecipato all'indagine di FRA ha dichiarato di percepire un generale peggioramento delle condizioni di vita della comunità LGBT in Italia, raccontando di un aumento del pregiudizio e dell'intolleranza (41% dei partecipanti) e una scarsa fiducia nel reale impegno delle istituzioni pubbliche (8% contro una media europea del 33%).

Diritti LGBT: un compromesso al ribasso. "Al di là di questi dati, - spiega ancora l'esperta - che dicono comunque già molto, non credo che l'Italia sia un paese all'avanguardia non solo nella tutela ma anche nel riconoscimento dei diritti delle persone LGBT. E penso si possa affermare da almeno due punti di vista. Da un punto di vista istituzionale, penso al poco edificante dibattito che ha accompagnato la legge sulle unioni civili del 2016: un compromesso al ribasso che, per riconoscere una base davvero minima di diritti e riconoscimento, ha costretto le persone LGBT a vivere sulla propria pelle un dibattito parlamentare e pubblico a dir poco violento. Ma penso anche al fatto che in Italia non si riesca ancora ad approvare una legge che introduca un'aggravante di omolesbobitransfobia e che, nelle audizioni parlamentari in materia, siamo ancora costretti ad ascoltare persone teoricamente esperte che esprimono concetti retrogradi, offensivi e discriminatori. Da un punto di vista culturale, poi, il lavoro da fare è davvero immenso. Le aggressioni in strada sono all'ordine del giorno, il bullismo anche".

Le persone LGBT, precisa Capesciotti, subiscono ancora violenza in casa, senza che ci sia una rete solida di case rifugio e servizi dedicati pronta ad accoglierle. I giornali ancora non hanno imparato a raccontare le vite delle persone trans senza sbagliare i pronomi che quelle persone hanno scelte per identificarsi, insultandone quindi l'identità e andando addirittura a ripescare il nome registrato all'anagrafe, una vera violenza che si chiama deadnaming. "È praticamente impossibile - conclude - parlare nelle scuole di diversità di identità e orientamenti sessuali: i detrattori dicono che sarebbe un modo per plasmare le menti di bambini e adolescenti ma il punto è che il primo modo per abbattere l'omolesbobitransfobia è decostruire l'idea che la normalità sia essere eterosessuali e cisgender. Infine, ci tengo a ribadire un ultimo aspetto. È davvero sconfortante che ci sia ancora chi - anche tra le figure istituzionali - abusa del diritto fondamentale alla libertà di espressione per arrogarsi la possibilità di offendere e denigrare: negare la legittimità dell'esistenza delle persone non può chiaramente essere un'opinione e non merita alcuna tutela".
fonte: di SARA FICOCELLI     www.repubblica.it

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