La presentazione dell'ultimo libro dello scrittore genovese, intitolato "Un uomo in fiamme"
Genova - Marco Cubeddu è abituato a stupire. Fin dai tempi della scuola dove
sorprese di certo anche i professori trascorrendo il suo tempo tra sei
istituti superiori diversi, con quell'atteggiamento fra il polemico e il
dannato che lo ha contraddistinto specie nei suoi primi anni di
carriera da scrittore. Un lavoro che alterna a quello di pompiere
("precario", come sottolinea nella biografia) e anche ora è
guardiafuochi alla Fincantieri. Poi si debbono citare almeno la scuola
Holden, e il bilico tra reality letterari e partecipazioni a quelli
televisivi (“L’ultimo anno della mia giovinezza”, per quanto riguarda il
libro, e “Pechino Express”, per la tv). Ha scritto
come giornalista diversi articoli per testate italiane come “Il Corriere
della Sera”, “Il Secolo XIX”, “Panorama” e il “Giornale”, fra le altre.
Nella
serata del 4 ottobre presso la Feltrinelli di Via Ceccardi è tornato a
raccontare una storia, intitolata "Un uomo in fiamme" (Giunti), dove il
protagonista fa il suo mestiere, il pompiere appunto.
In realtà è principalmente un uomo, Roberto Franzini, giunto alla fine
della “Sua giovinezza”. Di fatto si ritrovano tanti fantasmi da
scacciare, borderline tra autoironia e autocommiserazione nell'umido
cuore del Triangolo industriale di Busalla. Contorto, intransigente e
ribelle, è a suo modo amato: nel piccolo distaccamento genovese dove
lavora tutti, comunque, si prendono cura di lui, in quel turno C che è
una vera e propria famiglia, perché nel pericolo si è tutti uniti.
E quando il pericolo si presenta davvero con la P maiuscola, Franzini dovrà fare i conti con il suo passato,
metterlo a posto, e capire che tra il vivere e il sopravvivere la
scelta si può fare solo dopo essersi spogliato di tutte le maschere
indossate per troppo tempo. «La tragedia umana esce nel libro, si
annusa, si percepisce - ha spiegato Cubeddu - mi interessava far capire lo spirito del soccorso,
che tocca anche momenti divertenti, di rasserenamento. Ecco perché nei
tanti giochi di caserma, nel senso del percorso di Roberto Franzini, il
protagonista scopre la differenza tra il vivere e il sopravvivere
liberandosi di maschere e paure per affrontare con coraggio le grandi
tragedie che la vita ci impone».
Il pompiere è, in definitiva, un ragazzo che si interfaccia con i propri fallimenti e i successi in
un terremoto gigantesco e si ritrova a essere, allo stesso tempo, eroe e
antieroe, come tutti, perché come si legge nel libro "al di là del bene
e del male davanti al pericolo siamo quello che siamo". Di più: «Il
pompiere è un eroe operaio -ha detto Cubeddu- infatti invece che portare una divisa veste una tuta da lavoro».
Il tutto condito una buona dose di ribellione e con «Genova, Busalla,
la realtà operaia che ha uno spirito diverso dalle altre località:
innamorarsi qui ha un sapore diverso rispetto a ogni altro posto».
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