“Avevo 8 anni quando a Natale i miei genitori mi regalarono Corinne, la bambola che desideravo tanto.
La famiglia era riunita ed eravamo una ventina tra nonni, zii e cugini.
Io scartavo il dono e loro restavano a bocca aperta, un cugino con cui legavo si chiuse come un riccio, non aveva nessuna intenzione di giocare con me alle bambole”.
Per il piccolo Luigi , che oggi è Virna Smeraldi e ha 46 anni, ottenere Corinne in fondo non è stato troppo difficile.
Amava la bambola per il suo look e per il guardaroba, e poi la mamma Mirella faceva la sarta, e il fascino del mutare abbigliamento sperimentando immagini nuove di sé lo aveva catturato fin dai primi anni.
Ben più lungo si sarebbe rivelato il percorso per arrivare ad essere Virna senza maschere.
“Ero figlio unico, le aspettative su di me, sono state altissime”, racconta. Prende la maturità artistica nella sua Firenze, frequenta architettura, vive nascondendo agli altri le parti più vere.
Ma una vita così è impossibile. “Ho paura, mi devo allontanare, penso che se dico che sono trans faccio male agli altri e posso perderli”.
Nel ’92 si trasferisce a New York. “Durante il giorno lavoro come arredatrice e la sera mi esibisco in un club come drag queen, al lavoro vado con un look androgino, cercando di capire passo dopo passo fino a che punto mi posso spingere.”
La mamma, Mirella, va a trovarla due volte l’anno.
“Con lei è stato sempre tutto molto naturale, lei guarda alla persona, non ha pregiudizi”.
Quando Luigi viveva a Firenze, Mirella conosceva i suo amici, tra cui c’erano gay e lesbiche e stava bene con loro.
“I conflitti nascono con mio padre”, racconta Virna e “vengono fuori quando torno in Italia, nel 2000”.
Prima, per trovare forza e coraggio, è andata in psicoterapia, anche perché il divorzio dei genitori avvenuto nel ’96 non è stato una passeggiata.
“Ricordo sempre una frase della mia psicologa, mi disse: Virna, tu parli sempre degli altri, non riesco a capire cosa vuoi davvero.
Immagina di essere in un corridoio lunghissimo con parenti e amici ai lati, ciascuno di loro ti mette addosso un libro voluminoso, con questi pesi tu non riuscirai mai ad arrivare neanche alla metà.
Fino ad oggi le persone della tua vita amano una facciata, e non quello che sei”.
Forte della terapia, torna a Firenze .
Cerca lavoro e ne prova molti – scenografa, truccatrice, assistente alla regia – ma non trova niente di stabile. In Italia non le riconoscono gli studi da arredatrice fatti in America così nel 2004 collabora come “make up artist” per una sigla bolognese (un racconto su di lei compare in “Mappe sulla pelle”, edit press).
Truccare le piace: “Sperimento aggiustamenti, così come faccio per me, mi piace valorizzare gli altri, e poi durante il trucco le donne si rilassano, parlano, si confidano”.
Virna trucca i volti, crea nuove fisionomie, “veste” i visi come la mamma creava dal nulla abiti capaci di “migliorare” i corpi.
Mirella continua a sostenerla. In Virna è costante il pensiero rivolto alla madre.
E lo diventa ancora di più quando la mamma si ammala. Nel 2007 Mirella è andata via salutandola con l’ultimo dei tanti incoraggiamenti: “Non farti condizionare da nessuno, vivi la tua vita pienamente, amore mio”.
Sarà con lei, invisibile e presente, anche questo Natale che Virna passerà nella grande Mela, insieme al compagno Davide e alla speranza.
“Attendo un contratto da truccatrice a New York”.
fonte http://liberitutti.com.unita.it/culture di Delia Vaccarello su Liberi tutti
Nessun commento:
Posta un commento