mercoledì 30 dicembre 2009

Aurelio Mancuso: è ora di mettere in agenda un dialogo tra le varie sigle Lgbtq


Aurelio Mancuso: è ora di mettere in agenda un dialogo tra le varie sigle Lgbtq per dare vita ad un vero movimento.
Il movimento ha ricominciato a parlarsi dopo due anni di conflitti duri e anche dolorosi. Arcigay è alle prese con la sua fase congressuale nei Comitati provinciali, altre associazioni discutono al loro interno, sommovimenti e confronti non mancano. Tutto ciò è salutare, ancora insufficiente, ma un buon avvio. In tutti i discorsi che si stanno facendo in questo periodo manca un’analisi dal fuori, ovvero una capacità di guardarsi estraniandosi dalle contese interne per comprendere meglio di cosa si avrebbe bisogno. E’ bene affrontare un tema alla volta e l’autocefalia è secondo me una questione centrale che affligge il movimento italiano da troppo tempo. Fino al termine degli anni ’90 il movimento era variamente composto da alcune realtà che convivevano con fatica, anche con distanza e conflitto, ma sostanzialmente non si avvertiva l’esigenza di momenti di unità. L’organizzazione del World Pride 2000 è stata un’occasione persa, che ha prodotto una distanza ancora oggi non sanata. L’unità nella diversità non è tema amato dentro le varie associazioni lgbt.
Anche Arcigay, pur cercando di avere un atteggiamento responsabile e di collante, è incorsa in molti errori, anche di orgogliosa volontà egemone. Ma il tempo cambia velocemente e persino il bellissimo Pride nazionale di Genova, figlio della divisione prodottasi l’anno prima con i noti fatti al Pride nazionale di Bologna, sembra oggi distante. La necessità di superare l’autocefalia oggettiva che ogni associazione lgbt coltiva, è davanti a noi e ci chiama a nuove e crude sfide. Nemmeno Arcigay, che, di fatto, è la rete nazionale più radicata, con la possibilità di confrontarsi al suo interno con differenti idee, culture, territori, è immune dalla patologia di esser ripiegata su se stessa. A poco servono fughe e intuizioni in avanti, come le proposte illuminate che intravedono in una federazione o confederazione nazionale che riunisca tutte le sigle lgbt sotto un unico ombrello. Non si può iniziare dalla fine. Prima di tutto serve una cultura politica assai diversa, che travolga il tran tran vissuto negli ultimi anni. I pur sporadici episodi di auto organizzazione nati durante il periodo di maggior acutezza dell’attacco violento omofobo, sono il sintomo più evidente di un distacco diffusissimo tra le associazioni e la disorganizzata e altrettanto conflittuale comunità lgbt. Chi rappresenta chi, per quali idee e azioni, sono le spine di una pianta che rischia l’appassimento con il drammatico risultato di lasciare il posto al deserto, o ai peggior avventurismi. Non ascoltare le migliaia di persone gay e lesbiche deluse e affrante dall’impotenza e dalla litigiosità dell’associazionismo lgbt, significa appoggiare volontariamente il proprio capo sul ceppo. Molti di questi giudizi sono ingenerosi, ma detto questo davanti a una silenziosa quanto evidente rivolta morale, non si può far spallucce, chiudersi nei propri castelli, rivendicare storie gloriose. Il tempo è venuto perché questa diffusa acefalia bidirezionale (dentro il movimento e le stesse associazioni e nel rapporto con i soggetti esterni) sia sconfitta. In questa fase avanzare proposte, che pur fanno già parte di una riflessione personale, sarebbe irrispettoso nei confronti di discussioni e mutamenti appena avviati, certo è che sarebbe un gran bene che il tema fosse finalmente messo in agenda, perché, se mi posso permettere, ammettere finalmente che esiste sarebbe già un buon inizio. (Aurelio Mancuso)
fonte: gaynews24

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