E’ difficile immaginare la profondissima solitudine degli adolescenti omosessuali.
Da qualche anno si parla molto di più di omofobia ma la si identifica quasi esclusivamente con l’aggressione violenta e sanguinaria. Con la coltellata o il pestaggio.
C’è invece un’omofobia quotidiana che miete vittime tra i giovanissimi e può pesare per tutta la vita.
Tu, adolescente gay, ti senti condannato al silenzio quando accanto a te i compagni di scuola trovano naturale esibire le ragazze quasi fossero il trofeo di un’appena conquistata virilità.
E tu, ragazza lesbica, se non atteggi il corpo secondo i rituali della eterosessualità sei considerata “chiusa”, “racchia”. Il vostro mondo emotivo si chiude a riccio. Apparentemente siete come gli altri, ma di fatto dissimulate, vi sdoppiate.
E anche se non parlate di voi, chi vi sta intorno sente che avete qualcosa di “strano”. C’è un diaframma tra voi e il mondo esterno, una parete di vetro, ed è fatta di quel freno che avete messo alla spontaneità per evitare che gli altri si accorgano del vostro segreto.
Ma i compagni di scuola, gli amici, spesso intuiscono. E mettono in atto quella ferocia fatta anche solo di occhiate e piccoli gesti che a modiche dosi molti hanno sperimentato da giovanissimi, spesso cedendo. E’ la crudeltà del gruppo che, inquietato dalle variabili fuori controllo, perseguita chi rappresenta una minaccia perché non conforme.
Il gay o la lesbica, però, non possono adeguarsi, se non pagando l’altissimo prezzo di reprimere le proprie emozioni. L’aggressione nei confronti dell’omosessuale diventa una formazione di genere: se non dimostri anche solo a parole che per te “essere frocio” vuol dire non essere maschio diventi sospetto.
Scatta allora l’esilio dal gruppo: è la condanna emessa dall’omofobia nei confronti di chi scopre presto di avere un’attrazione erotica e sentimentale verso una persona del proprio sesso. Oggi più di prima il gruppo è per i ragazzi la seconda famiglia.
Se non la prima. Può succedere che il giovane gay o la ragazza lesbica trovino il coraggio di svelarsi, ma non significa che siano attrezzati all’impatto con un mondo che non li prevede.
Lavoro nelle scuole di Venezia da quasi dieci anni a progetti di “Educazione sentimentale come educazione alla cittadinanza” che tentano di sgretolare nei ragazzi la prigione del pensiero omologante. Quest’anno uno di loro ha detto: “Senza pregiudizi sarebbe il caos”.
Una frase che ci dà la misura del modo in cui viene vissuto chi rappresenta una figura “atipica”. Se a 14 anni diventi per i tuoi amici e per i tuoi parenti l’incarnazione del caos puoi essere fortemente tentato di toglierti la vita. La legge contro l’omofobia è in discussione al Parlamento.
Comunque vada, nel paese occorre una massiccia e capillare azione culturale condotta, non a colpi di slogan, ma con intelligenza emotiva affinché cambi negli adulti e nei giovani la percezione di chi non si allinea a quei “dover essere” di cui il gruppo è prigioniero.
fonte http://liberitutti.com.unita.it/su Liberi tutti Autore: Delia Vaccarello
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