Quest'anno sotto l'albero le cittadine e i cittadini italiani hanno trovato l'agenda Monti: un agenda per cambiare l'Italia e per riformare l'Europa, come suggerisce il titolo.
Peccato che in venticinque pagine di programmi e riforme per il paese, non si trovi neanche a cercarla con la lente di ingrandimento una parola (e dico una) sul tema dei diritti (riconoscimento delle coppie omosessuali, carceri, cittadinanza, procreazione assistita, testamento biologico, lotta all'omo-transfobia).
L'accenno alle donne, al loro valore sociale, risulta alquanto appiccicaticcio e soprattutto in una visione parziale e riduttiva.
Ma per sua stessa ammissione Monti non é esperto della materia... Che dire? Ci si aspettava di più da un leader e da una forza politica che si professa europeista, contro ogni forma di populismo.
Il nuovo centro rischia dunque di commettere un errore tipicamente italiano e per nulla europeo: considerare cioè i diritti civili come un capriccio, o peggio come un tema secondario per il paese.
E proprio su questo punto che Monti rischia di dimostrare tutta la sua debolezza ( e permettetemi anche un po' di italico provincialismo). Avere un programma di riforme sui diritti civili significa infatti avere un'idea complessiva della società, una visione di futuro per il nostro paese.
Ma significa soprattutto riportare l'Italia in Europa, dato che siamo l'unico fra i paesi fondatori dell'UE (insieme alla Grecia) a non avere un'agenda credibili su questi temi. Lo ha ben capito Bersani, che per la prima volta nella storia del centro-sinistra italiano, ha voluto questi temi al centro della sua proposta per il governo del paese , come punti fondanti della carta d'intenti "Italia Bene Comune". Lo stesso ha fatto Nichi Vendola.
Combattere i populismi e guardare all'Europa non significa infatti soltanto occuparsi dello spread e del rigore dei conti pubblici, ma deve avere a che fare con un'opera complessiva di ammodernamento del nostro sistema paese. Opera che tiene insieme economia e diritti.
Lo dico con la consapevolezza di aver lavorato in questi cinque anni da deputata, per far capire ai miei colleghi che le questioni che riguardano i diritti devono interrogare tutte le forze politiche perché hanno a che fare con il grado complessivo di civiltà dell'intero paese.
Del resto non devo essere di certo io a spiegare al Professore che i diritti civili sono la linfa vitale dello sviluppo economico, perché creano società aperte e inclusive e per questo più competitive. Se vuole può farselo spiegare da Angela Merkel o da David Cameron, due moderati come lui, "ma più avanti di lui". Il limite dell'Agenda Monti sta proprio qui, in questa contraddizione sulle leggi di civiltà.
Se si vuole interpretare in maniera credibile le istanze del PPE, di un centrodestra liberale ed europeo, occorre fare i conti anche con questi temi, archiviando una volta per tutte la stagione del berlusconismo. Monti è andato al congresso del PPE per rendersi più credibile di Berlusconi, ma su questi temi è solo più educato: fa finta che non esistano.
L'Italia, caro Professor Monti, merita di essere riportata in Europa anche su questi temi. Perché non si può essere europeisti a fasi alterne, bisogna avere il coraggio di esserlo sempre.
Gli italiani e le italiane hanno moltissimo a cuore il tema dei diritti civili, perché sono questioni che toccano le loro vite materiali, materialissime, tanto quanto lo spread.
E non ci si può proporre come leader se si vuole affrontare solo quello che "interessa", con arroganza professorale.
Bisogna cimentarsi con la vita, con la realtà e con le contraddizioni del nostro tempo.
Il paese ha bisogno di essere guardato e ascoltato tutto. La politica è "discese ardite e risalite".
fonte http://www.huffingtonpost.it
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