domenica 12 agosto 2012

Lgbt: Madonna sfida l'omofobia di Mosca

Madonna sfida i russi. Al concerto di San Pietroburgo, ieri, è apparsa con una scritta sulla schiena: “No Fear” (nessuna paura), ha lanciato il suo proclama in difesa dei diritti dei gay.

«La comunità gay, gli omosessuali, hanno lo stesso diritto di vivere con dignità, con rispetto ed amore», ha detto dal palco la popstar italo-americana.

E i russi non l’hanno presa bene, sia a livello di autorità (il vicepremier Dmitri Rogozin l’ha definita una «ex pu***na, ora dà lezioni di morale, soprattutto quando è all’estero» su Twitter), che a livello popolare: gli ortodossi hanno indetto una loro manifestazione fuori dal concerto, insultando i gay, insultando lei e condannando al rogo le sue magliette.

È una tournée da battaglia per Madonna Ciccone in Russia: già al suo concerto di Mosca, il 7 agosto scorso, aveva lanciato un proclama per la liberazione delle Pussy Riot, le tre ragazze del collettivo anarchico femminile, finite in galera e tuttora sotto processo per aver “dissacrato” la cattedrale di Cristo Salvatore.

A San Pietroburgo, invece, ha deciso di sfidare apertamente la nuova legge locale che vieta la “propaganda” gay. Ma gli attivisti dei diritti omosessuali della città russa non sembrano aver gradito il suo sostegno. Jurij Gabrikov, dell’associazione Gay Russia l’accusa di «ipocrisia».

«Non è sufficiente dire qualche parola in favore degli omosessuali tra due canzoni durante un concerto». Secondo Gabrikov il gesto migliore e più opportuno sarebbe stato l’annullamento dell’evento. La legge anti-propaganda gay è in vigore da febbraio e c’era dunque tutto il tempo per programmare la tournée escludendo la città proibizionista.

I gesti eclatanti delle popstar occidentali, tutte le volte che si occupano di diritti umani altrove nel mondo, lasciano sempre un po’ perplessi. Suonano più come atti auto-promozionali che non come impegni sinceri. Sacha Baron Cohen, nel suo dissacrante film “Bruno”, già ci aveva mostrato la realtà degli uffici di relazioni pubbliche per Vip che, dai loro uffici hi-tech della California, suggeriscono campagne a favore dell’ecologia o di questo o quel diritto, a seconda dell’immagine che possono dare al loro famoso cliente.
Madonna non pare sfuggire a questa superficialità.

Ma almeno ha permesso all’audience mondiale di toccare con mano che cosa stia diventando la Russia.

Oltre alla nostalgia per l’iconografia sovietica, infatti, nel grande Impe… pardon, Federazione, si stanno creando tutte le premesse per un ritorno di fiamma del monopolio della Chiesa ortodossa sulla cultura. E in molti casi anche sulla politica. Se il presidente Vladimir Putin viene spesso e volentieri paragonato al nuovo zar, al suo fianco non può mancare il patriarca Cirillo, braccio spirituale del potere del Cremlino.

Anche per questo la nuova Russia è amata dai conservatori italiani, da quelli che vorrebbero “fare come Putin”. Ma proprio per questo, tutti i russi che si mettono in rotta di collisione con la Chiesa ortodossa vivono una vita sempre più dura. Le Pussy Riot, a gennaio, avevano insultato pubblicamente Putin sulla Piazza Rossa e tutto quel che avevano rimediato era stata una multa. A febbraio lo hanno fatto nella cattedrale di Cristo Salvatore.
E da allora sono in carcere, trattate come criminali, per blasfemia e vandalismo.

Il bersaglio preferito di questo revival religioso è proprio la comunità gay. La legge di San Pietroburgo vieta esplicitamente «azioni pubbliche volte a propagandare la sodomia (sic!), il lesbismo, la bisessualità e la transessualità tra i minori». L’intento della legge è, appunto, quello di vietare la propaganda rivolta ai minorenni, ma di fatto si traduce in un divieto totale di ogni forma di comunicazione.

«Il termine “propaganda omosessuale” è estremamente vago – dice una lesbica a Radio Free Europe – anche quando dico in pubblico “ti amo” alla mia compagna, può essere considerato un reato di propaganda». La pena prevista è una multa molto salata, circa 15mila euro. San Pietroburgo non è l’unica città ad aver introdotto leggi simili: anche a Ryazan, Arcangelo e Kostroma, gli omosessuali non hanno più diritto di parola. Il problema, però, non è solo fra le autorità.

Ma anche nella cultura popolare. Internet è ormai zeppa di incitazione all’odio contro gli omosessuali. VKontakte, il più diffuso social network russo ha anche vietato ai suoi utenti di indicare nel loro profilo un partner dello stesso sesso. Secondo un sondaggio dell’istituto Levada, il 38% dei russi ritiene che l’omosessualità sia “una pessima abitudine”, per un altro 36% è “una malattia o il prodotto di un trauma psicologico”.

Attivisti gay e chiunque partecipi a manifestazioni pubbliche, rischiano il carcere o l’assalto di folle omofobiche. Più il Cremlino aumenta il livello di repressione, più risulta popolare: non è solo un’istanza dell’attuale classe dirigente, ma anche di gran parte dell’attuale opposizione, costituita soprattutto da nazionalisti.

Gli omosessuali russi avvertono gli etero: «Questa legge sarà applicata anche alla gente eterosessuale che scende in strada a manifestare - dichiara Igor Kochetkov, leader di Lgbt Network - contro i giornalisti che scrivono cose sgradite alle autorità, contro tutti coloro che, semplicemente, vogliono difendere i loro diritti.
Non dobbiamo pensare che i deputati che approvano questa legge siano stupidi o ingenui. Stanno strumentalizzando i sentimenti di parte dell’opinione pubblica e il loro scopo non riguarda solo la repressione di gay e lesbiche. Riguarda tutti i cittadini che pensano con la loro testa».

Una prova che le nuove leggi “morali” russe stiano andando anche oltre il campo della repressione dei gay, è la nuova legge sulle Ong straniere. Secondo la nuova legge, quelle che ricevono fondi dall’estero, sono bollate come “agenti stranieri”. Devono ri-registrarsi entro 90 giorni, pena la chiusura.

Se la registrazione è considerata incompleta, devono pagare multe nell’ordine dei 25mila euro. Questa legge colpisce soprattutto le Ong religiose, cattoliche e protestanti in particolare, che ricevono soldi dalle loro chiese all’estero.
Non solo i gay sono nel mirino, ma tutti coloro che non vogliono imboccare la nuova via per la teocrazia ortodossa.
fonte http://www.opinione.it di Stefano Magni

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