Era venuto negli anni Sessanta a Roma per lavorare. Il bolognese Lucio Dalla aveva visto il suo destino nel mondo della musica e la Capitale di allora, con le sue case discografiche, la radiotelevisione, i tanti artisti che la frequentavano, poteva offrirgli un’occasione importante. L’incontro tra l’artista e la grande città si rivelò non solo di convenienza. Nacque un legame: "Roma è una citta unica al mondo, un palcoscenico straordinario che unisce tutte le classi sociali", dichiarò Lucio Dalla, che prese casa a Trastevere, registrò i suoi dischi e si affermò come uno dei più originali tra i nuovi cantautori, con un successo personale che divenne grande dagli anni ’70.
Mostra aperta all'Ara Pacis fino al 6 gennaio
Ci sono immagini ed echi di tutto questo nella mostra ‘Lucio Dalla – anche se il tempo passa’, che rimane aperta all’Ara Pacis, nel cuore di Roma, dal 22 Settembre al 6 Gennaio prossimo. La mostra ha iniziato il suo percorso a Bologna e qui si arricchisce di una sezione inedita proprio sul rapporto tra il musicista e la città.
Di Lucio Dalla, scomparso dieci anni fa, il pubblico ama principalmente le canzoni. La mostra naturalmente deve aggiungere una componente visuale, fatta di foto, filmati, oggetti personali, strumenti musicali, abiti di scena, locandine, testi autografi. È una porta d’accesso ulteriore nel mondo dell’artista, ma ci porta comunque a scoprire qualche sfaccettatura della sua complessa e ricca personalità.
Un mondo dello spettacolo diverso da oggi
Lucio Dalla è vissuto prima che il digitale cambiasse completamente anche il rapporto del pubblico con gli artisti. I particolari della sua vita che conosciamo da questa mostra non sono stati consumati dall’occhio sempre aperto dei social e dei video che raccontano quasi ogni istante di persone e personaggi. Questione di generazione. Lucio Dalla era parte di un mondo dello spettacolo molto diverso dall’attuale: per ascoltarlo c’erano soprattutto i dischi, allora uno dei mezzi di comunicazione più importanti tra i giovani e oggi nostalgica reliquia. Le copertine d’epoca dei suoi LP sono lì, in bella mostra in uno scaffale dell’Ara Pacis: un po’ ammaccati agli angoli, ma involucro di tanta emozione.
Le parole di Verdone
Perché Lucio Dalla era unico? Lo abbiamo chiesto a Carlo Verdone, che dal cantautore all’apice del suo successo ebbe le musiche per il suo film Borotalco del 1982. “Era unico per originalità degli arrangiamenti e dei testi, che erano spesso enigmatici, però affascinanti, con dei momenti in cui capivi dove volevano andare ed altri in cui erano un po’ surreali. Erano bei testi: nuovi, intelligenti, di un uomo colto e sensibile. Lucio Dalla però era soprattutto colui che aveva collegato la tradizione melodica italiana con arrangiamenti nuovi. Ce li ha fatti sentire soprattutto tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, per poi continuare meravigliosamente la sua carriera, senza mai perdere il senso della poesia e dell’ironia. Lucio Dalla era un uomo pieno di ironia e autoironia, una cosa che lo distingueva dagli altri”.
Un percorso che parte dall'infanzia
Il percorso della mostra parte dall’infanzia di Lucio con le foto di famiglia. La mamma Iole capì che il ragazzo non era fatto per gli studi e assecondò le sue aspirazioni a lasciare la scuola per cercare una realizzazione nell’arte. Ci sono quindi le testimonianze delle prime esibizioni professionali del Dalla jazzista e ci troviamo quindi di fronte al suo celeberrimo clarinetto.
Si passa ai famosi cappelli: sono tanti, esposti in una grande teca. Ci sono anche il suo zuccotto e i suoi occhiali. La visita prosegue con la sezione romana: Lucio sul Lungotevere, Lucio a braccia aperte in una strada affollata, Lucio in giro per la città negli anni ’60 con il gruppo dei Flippers. Nel corso della visita l’occhio viene attratto dalle tante foto di incontri che Dalla ebbe con grandi personaggi, non solo della cultura: rapporti professionali e, alcuni, anche d’amicizia.
Il cinema e il teatro
Altra sala: è la parte dedicata a cinema e teatro. L'eclettico Dalla cercava le contaminazioni, era insofferente alle regole, amava gli incontri di arti e generi. Dai musicarelli ai film d’autore ha partecipato in diverse forme a quasi trenta film. Qui vediamo le locandine e una convincente scena di recitazione tratta da ‘I sovversivi’, pellicola del 1967 di Paolo e Vittorio Taviani. Verso la fine mi colpiscono le pagine di quaderno scritte in bella ma tormentata grafia, con versi originali e appunti.
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