Stando ai commentatori sui giornali non solo statunitensi di questa mattina, il secondo dibattito presidenziale sembra esser stato vinto dal Presidente Obama, apparso decisamente più tonico, preparato e aggressivo rispetto al precedente dibattito su temi cruciali per l’esito della campagna elettorale.
La politica estera, sulla quale Romney è stato smentito dalla stessa conduttrice per aver negato che Obama abbia giudicato immediatamente l’attacco all’ambasciata libica come un’azione terroristica; la questione di genere, con l’accusa che il Presidente ha rivolto al Governatore di volere tagliare i fondi per Planned Parenthood; l’economia, con la difesa del salvataggio dell’auto e la rivendicazione della pur graduale ripresa economia e dell’occupazione; il fisco, con l’attacco al piano fiscale del rivale repubblicano accusato di voler tagliare le tasse all’1% più ricco e costringendo Romney a difendersi sulla questione del 47% degli americani “irresponsabili” che vivrebbero dell’assistenza federale.
Entrambi i candidati hanno fatto riferimento a un termine storicamente centrale nella cultura politica e popolare americana, quello di middle class, eppure sembrano intendere cose molte diverse, con il linguaggio di Obama che risulta più attento alle questioni di disuguaglianza poste nel dibattito pubblico anche da un movimento come quello di Occupy.
Non è invece emersa la tematica dei diritti LGBT, che rimane però un nodo importante per le prossime elezioni. Le azioni intraprese da Obama negli ultimi anni fanno presagire lo spostamento di una buona percentuale di voti, soprattutto tra i giovani e gli indipendenti, in suo favore.
Le posizioni diametralmente opposte dei due candidati sul tema prospettano, qualunque sia il risultato, uno scenario post-elezioni di natura epocale. Nel contributo che ha scritto per noi, Antonio Soggia esamina le tappe del riconoscimento dei diritti delle persone LGBT e il diverso approccio dei due partiti sulla questione.
Nella pagina web degli “LGBT Americans for Obama” una linea del tempo interattiva scandisce le tappe dei risultati raggiunti negli ultimi quattro anni dalla comunità lesbica, gay, bisessuale e transgender degli Stati Uniti 1.
Dalla cancellazione del Don’t Ask, Don’t Tell alla legge contro i crimini d’odio, dalla riforma sanitaria alla dichiarazione di sostegno del Presidente per i matrimoni tra persone dello stesso sesso, i quattro anni del mandato di Obama, specialmente il biennio nel quale i Democratici hanno controllato i due rami del Congresso, hanno rappresentato per le persone LGBT un’inedita opportunità per il progresso dei propri diritti.
Per questo, il sito della Human Rights Campaign, la più importante associazione americana per i diritti LGBT, definisce Barack Obama il presidente che, nella storia americana, ha fatto di più per la causa, invitando a votarlo il 6 novembre.
Non sono trascorsi molti anni da quando, nel 2003, la Corte Suprema, con la sentenza Lawrence v. Texas, cancellò le sodomy laws, le leggi che proibivano i rapporti omosessuali in 14 Stati dell’Unione, quasi tutti collocati nel Sud 2.
E da quando, pochi mesi più tardi, il Massachusetts divenne il primo Stato americano a riconoscere alle coppie gay e lesbiche il diritto di sposarsi 3.
In occasione delle elezioni presidenziali del novembre 2004, i Repubblicani utilizzarono l’opposizione ai diritti LGBT per mobilitare l’elettorato conservatore: in 11 Stati, tra i quali contesti-chiave come l’Ohio, gli elettori furono chiamati ad esprimersi, attraverso referendum, su emendamenti alle Costituzioni statali che restringevano la definizione di matrimonio all’unione tra un uomo e una donna.
Gli emendamenti furono approvati in tutti gli Stati e, come osservò il New York Times, agirono “come calamite per migliaia di elettori conservatori nelle comunità rurali e suburbane che altrimenti non avrebbero votato” 4, di fatto favorendo la rielezione di George W. Bush.
Da allora molte cose sono cambiate nella società americana. Secondo i dati raccolti nel database PollingReport.com – che aggrega i risultati dei sondaggi effettuati da vari istituti – oggi, in media, il 50% dei cittadini americani è favorevole al matrimonio tra persone dello stesso sesso, mentre il 45% è contrario.
Nel 2004 i favorevoli rappresentavano poco più del 30%, mentre i contrari costituivano il 60% dell’elettorato; ancora quattro anni fa, le percentuali erano rispettivamente del 40 e del 55%. Questo significa che dal 2004 la quota degli oppositori è calata stabilmente di due o tre punti ogni anno 5.
Certo, non sempre il cambiamento del clima di opinione si traduce in successo sul piano elettorale: nel maggio scorso, la North Carolina è diventata il trentesimo Stato americano a votare, con un referendum popolare, un emendamento alla propria Costituzione che vieta il same-sex-marriage e le unioni civili.
L’emendamento è stato approvato con una maggioranza del 60%, superiore a quella rilevata dai sondaggi; il fenomeno si è già presentato in altri Stati, segno che gli oppositori del matrimonio tra persone dello stesso sesso tendono a recarsi alle urne in misura maggiore dei sostenitori e che, probabilmente, una parte di loro non dichiara la propria reale intenzione di voto quando è interpellata dai sondaggisti. Ciononostante, la tendenza dell’opinione pubblica appare indiscutibile.
Quando il 9 maggio scorso Obama ha dichiarato all’Abc che “le coppie dello stesso sesso dovrebbero potersi sposare”, aveva chiaro in mente cosa stava succedendo nella società americana. La dichiarazione, in ogni caso, ha rappresentato una svolta dal grande valore simbolico: primo Presidente in carica ad assumere una posizione simile, Obama, come ha scritto The Nation, ha “messo a disposizione della lotta centenaria per i diritti dei gay la propria autorità morale” 6.
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http://www.ceraunavoltalamerica.it/2012/10/obamapride-i-diritti-lgbt-e-le-elezioni-americane/
fonte http://www.corriereweb.net
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