giovedì 5 gennaio 2012

Lgbt Intervista: Vladimir Luxuria, una transgender fiera di esserlo

Icona del Movimento Lgbtqi, artista, scrittrice, conduttrice radiofonica, parlamentare e quest’anno co-conduttrice dall’Honduras de L’Isola dei Famosi, Vladimir Luxuria ha percorso davvero molta strada dal 1985, da quando cioè ha lasciato Foggia ed è sbarcata a Roma.

Una strada che l’ha vista per dieci anni alla direzione artistica del Circolo di Cultura Omosessuale “Mario Mieli”, all’ideazione di Muccassassina, la festa alternativa più famosa d’Italia, e poi all’impegno con il teatro, il cinema, i libri, e per finire l’esperienza in Parlamento.

In tutti questi anni Vladimir Luxuria non ha mai mollato è sempre andata avanti superando anche i momenti difficili e le delusioni con forza e dignità, senza mai arrendersi.

In questa intervista la transgender si racconta con un pizzico di ironia.

Nella tua vita hai percorso molto strada, quale è stato il momento più brutto?
Il momento più brutto della mia vita “pubblica” l’ho vissuto nel 2006. Ero in campagna elettorale ed ero stata invitata a un dibattito pubblico nella Biblioteca di Guidonia alle porte di Roma. All’appuntamento si presentarono anche delle persone dell’area di Alleanza Nazionale - alcuni di questi sono poi diventati consiglieri comunali della Giunta Alemanno - equipaggiati con striscioni con la scritta “ieri falce e martello oggi falce e pisello” e con dei grandi finocchi che lanciavano proprio con l’intenzione di fare male. Oltre allo spavento, mi preoccupavo per le donne che avevano fatto una catena umana per proteggermi, avevo paura che si potessero fare male.
Quello fu un momento davvero molto duro.
A livello personale, invece, il momento più brutto è stata la perdita di un caro amico. Stavo trascorrendo con lui le vacanze in Croazia e lui è stato colpito da una meningite fulminante davanti ai miei occhi. Ho sofferto davvero molto quando ho dovuto avvisare la mamma che lui era entrato in coma mentre eravamo all’estero.

E il più bello?
Posso dire che è stato l’ingresso in Parlamento. Quel giorno ero così piena di buone intenzioni di fiducia e di speranza di riuscire davvero a far votare dei provvedimenti sulle Unioni civili e sull’omofobia. Ero ancora ingenua e non avevo ancora capito esattamente quanto fossi piccola rispetto ai poteri forti che poi mi hanno impedito far approvare quelle leggi che sono invece in vigore nel resto dell’Europa.
E per poteri forti intendo i Partiti che si lasciano condizionare dalla religione e dal Vaticano.

Cosa hai provato entrando in Parlamento come deputata?
Ero molto orgogliosa e dignitosa, penso di aver rispettato assolutamente le Istituzioni nel modo in cui mi sono posta: nell’abbigliamento, nelle parole che ho usato, sia nella mia presenza in Parlamento sia nella Commissione Cultura, della quale facevo parte. Non ho da rimproverarmi nulla salvo quell’ingenuità di cui parlavo prima e un po’ di entusiasmo eccessivo. Forse avrei dovuto avere un po’ di pelo sullo stomaco, perché quando nel 2008 è caduto il Governo ed è finita l’esperienza mi sono sentita male. Ho vissuto un periodo molto difficile, oltre alla mia situazione personale, ho percepito molta delusione da parte di chi aveva riposto aspettative nella mia elezione.

Te lo hanno fatto pesare?
No, assolutamente no. Quando nel 2008, il Pride Nazionale si tenne a Bologna, il Governo era appena caduto e quella fu la prima occasione per confrontarmi con la Comunità. Sia durante il corteo sia sul palco ebbi modo di avvertire la stima, la comprensione e l’intelligenza di chi seppe capire che se non si era arrivati ad avere una legge contro l’omofobia e per le Unioni civili, ciò non era da attribuire ad un mio mancato impegno a riguardo.

Da molti anni tu sei in prima linea per i diritti della Comunità Lgbtqi, a tuo avviso quando riusciremo a diventare cittadini di serie A?
Possono rallentare il riconoscimento di questi diritti civili, ma non possono impedirlo per sempre, principalmente per due motivi: più passa il tempo e sempre più Paesi approvano leggi a favore di Unioni civili e matrimoni tra persone dello stesso sesso ma, soprattutto nessuna Nazione si è pentita ed è tornata indietro.

Mi spiego meglio, non c’è un Paese che dopo l’approvazione ha considerato l’estensione di questi diritti civili come un impoverimento per chi questi diritti già li aveva, la famiglia tradizionale; la campagna terroristica messa in atto contro la regolarizzazione delle Unioni tra persone dello stesso sesso non ha portato a nessun risultato.
E persino quando sono cambiati i Governi non sono state abolite le leggi: in Francia, ad esempio, Sarkozy non le ha soppresse e in Spagna, dopo la caduta di Zapatero, sembra che vi sarà soltanto una revisione terminologica. Tutto ciò nonostante la crisi e le diverse attese della Chiesa Cattolica.
Una volta approvate indietro non si torna.

Cosa rimproveri al Movimento Lgbtqi?
Un’eccessiva litigiosità. A volte mi sembra di assistere a un’implosione interna, ma anche a una rassegnazione: come se gli esponenti del Movimento, non riuscendo a sconfiggere chi mette loro i bastoni tra le ruote, decidessero di scaricare tutta la loro frustrazione sul Movimento stesso.
Sono convinta che ci dovrebbe essere più unità e coesione. Io credo che ognuno abbia il diritto e la soddisfazione di vedere il proprio nome sui giornali, perché fa parte del gioco, ma mettere in primo piano la propria visibilità penalizzando le motivazioni e il raggiungimento degli obiettivi diventa un egocentrismo inaccettabile e addirittura dannoso.

A una persona che si prepara alla transizione, cosa ti senti di consigliare?
In primo luogo di non arrendersi mai, di tenere sempre la testa alta, di essere consapevole che ci saranno tanti ostacoli ma che tutte le difficoltà e i momenti di sofferenza porteranno a qualcosa di impagabile: la libertà di essere veramente ciò che si sente di essere. Indubbiamente bisogna mettere in conto rinunce e porte sbattute in faccia, ma occorre anche imparare a sfondare quelle porte sbattute in faccia... E poi ripeto, per una persona transgender essere quello che è significa semplicemente diventare uguale agli altri e affrontare la vita, se possibile, da individui liberi.

Ma tu credi che si possa vivere in una situazione transgender, senza completare la transizione?
La maggior parte non completa la transizione. A volte si è costrette a farlo per poter cambiare i dati sui documenti, per avere meno difficoltà quando si riempiono i moduli o, ad esempio, per una richiesta di lavoro; però, proprio da transgender, rivendico la libertà di essere persone transgender.
Fino ad aprile a Roma alla Galleria Borghese c’è la mostra dei capolavori trafugati da Napoleone ed esposti al Louvre, tra questi c’è la statua dell’Ermafrodito dormiente: una figura con capigliatura e rotondità femminili ma con il pene. Al Museo dell’Africa di Parigi ho visto tante piccole statue dedicate alla fertilità con seno e pene. Questo significa che l’immaginario transgender è qualcosa di molto antico, non è fenomeno contemporaneo.
Inoltre, in altre culture,ad esempio in India, in Messico o tra i nativi americani l’ermafrodito viene considerato un intermediario tra gli umani e Dio. In passato la figura transgender aveva un ruolo sociale, non era un reietto. Purtroppo la Chiesa Cattolica, con il suo fondamentalismo, ha cancellato queste antiche credenze. Basta ricordare i conquistadores spagnoli che, sbarcati in Sudamerica per cristianizzare, distrussero le civiltà precolombiane; in particolare, mettevano al rogo tutti gli uomini vestiti da donna.

Eldorado, il tuo terzo libro, racconta l’omosessualità ai tempi del nazismo, ma soprattutto la storia
di Raffaele, un gay anziano, perché hai deciso di affrontare questi temi?
All’inizio per curiosità, per desiderio di approfondire. Ero stata invitata a un dibattito sul Triangolo Rosa alla provincia di Roma, e mentre facevo delle ricerche ho scoperto l’esistenza nella Berlino degli anni 30 di questo Teatro cabaret Eldorado, dove si facevano spettacoli en-travesti. L’ho immaginato come una specie di avanguardia del nostro Muccassassina e ho pensato che se fossi nata in quegli anni in Germania, a Berlino, forse mi sarei trovata tra quella gente.
Eldorado

Quelle persone si stavano esibendo in uno spettacolo, ci fu una retata e furono tutti deportati nei campi di concentramento.
Dopo aver approfondito – quasi a voler risarcire la memoria storica di quelle persone – ho creduto necessario, visto che si parla poco di questi argomenti, di dare la forma di un romanzo a uno dei fatti che accaddero in quella circostanza.
Raffaele – il protagonista del mio libro – in realtà non è esistito, ma lo spunto per crearlo mi è venuto dal documentario Paragrafo 175, in cui erano intervistati donne e uomini omosessuali sopravvissuti ai lager; queste testimonianze mi hanno toccata profondamente. Purtroppo l’ultimo sopravvissuto, che si chiamava Brazda, è morto nell’agosto del 2011, oggi non c’è più un testimone oculare di quel periodo. Una ragione in più per voler ricordare.
Ed ora sogno di fare un film dal libro, un altro modo per non dimenticare e dare voce a chi non può più parlare.

Da gennaio, fino ad aprile, sarai l’inviata/co-conduttrice dell’Isola dei Famosi, cosa pensi di portare ai partecipanti e, viceversa, cosa prenderai da loro?
Ovviamente non farò comizi politici, ma mi impegnerò per essere ironica, a volte anche dispettosa e divertente. Inoltre cercherò di aiutare i naufraghi visto che avrò un rapporto diretto con loro e avrò la possibilità di aprire delle “finestre” all’interno del programma. Il mio obiettivo è di riuscire a sostenerli nel momento del bisogno, quando capirò che c’è un cedimento o, addirittura, che qualcuno di loro sta pensando di ritirarsi. Io ho vissuto la vita da naufraga, e so quanto può essere difficile.

Per concludere, parliamo d’amore. In molte interviste hai dichiarato di aspettare l’amore, ma qual è l’identikit del tuo compagno ideale?
Oggi posso dire questo: si può vivere bene anche senza un compagno, ma se trovi quello giusto vivi meglio. Con gli anni le maglie del rigore della percezione estetica si sono molto allargate. Ultimamente mi interessa molto il carattere di una persona e considero la gentilezza e la sincerità i segni della vera virilità di un uomo. Sono in un periodo in cui quasi preferisco le coccole al sesso.

Hai avuto molte delusioni?
Sfortunatamente sì. In particolare, c’è una ferita che non si rimargina. Ho incontrato il classico uomo che, quando capisce che si sta coinvolgendo emotivamente, temendo il giudizio di parenti e amici, preferisce troncare senza neppure dare spiegazioni. Purtroppo ci sono ancora tanti uomini che si comportano in questo modo, ma non sono tutti così: ho tante amiche che, fortunatamente, hanno incontrato uomini che possono davvero dirsi tali, e con loro vivono felici e serene.
fonte http://www.pianetaqueer.it, intervista di Marinella Zetti

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