Su "Lancet" una ricerca dell'università olandese sul mal d'amore.
Depressione e stile di vita insano portano corpo e mente alla deriva.
Lucio Battisti, con le parole di Mogol, cantava che non si muore per amore.
Eppure, secondo una ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet e curata dai ricercatori dell'università di Utrecht, in Olanda, sembra che il cuore spezzato aumenti il rischio di morire di ben cinque volte.
A fornire la prova scientifica di ciò che i poeti di tutto il mondo sostengono da sempre, è un studio condotto dall'equipe della dottoressa Margaret Stroebe, dedicato proprio ai pericoli del mal d'amore.
A giocare il ruolo più subdolo sarebbe lo stress psicologico provocato dal distacco, unito all'adozione di stili di vita insani per distogliere la mente dalla sofferenza. Non c'è bisogno di un medico per riconoscere nel ricorso all'alcol, al fumo e alla droga i sintomi di una sofferenza difficile da placare.
Stordirsi è generalmente il rifugio più immediato, seducente e molto pericoloso per la salute.
I problemi maggiori li incontra chi rimane vedovo: secondo gli esperti olandesi, gli uomini che perdono la moglie corrono un rischio di morte più alto del 21 per cento, mentre le donne del 17.
Il periodo più delicato è quello immediatamente successivo alla tragedia, quando la mente è frastornata e il corpo debilitato, tanto da trascurare le più elementari regole di sopravvivenza.
Malnutrizione, ricorso all'alcol e comportamenti al limite dell'autolesionismo - come la tendenza a guidare in modo spericolato - sono l'anticamera di rischi ben più gravi. Con il passare del tempo i rischi si fanno più sopportabili ma solo a distanza di anni si può parlare di scampato pericolo.
Al di là dei problemi legati allo stile di vita e all'alimentazione, comunque, resta la variabile nera del suicidio. Per ragioni ancora tutte da sondare, i vedovi sono molto più esposti a pensieri di questo tipo rispetto alle donne, che generalmente hanno meno difficoltà a rifarsi una vita.
Ma se è possibile ripartire da zero dopo la morte o la perdita della persona amata, questo non è pensabile a seguito della perdita di un figlio.
Uno studio danese del 2003 dimostra infatti come i genitori di piccoli deceduti siano i soggetti più a rischio. Più piccolo è il bambino e più frequente e logorante è il desiderio di darsi la morte, specie durante i primi trenta giorni di lutto.
fonte http://www.repubblica.it
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