«È lei, Gigliola Cinquetti?»
«Sì.» Ricevette un piccolo sorriso incoraggiante.
«Sono Luigi» si presentò, ma lei non lo riconobbe. Notò gli occhi scuri e l’impermeabile bianco.
«Io
la odio. Lei rappresenta tutto quello che io detesto. È falsa,
ipocrita, perbenista. Volevo dirglielo in faccia. Ci tenevo molto. Per
me la sincerità è tutto. Arrivederci.»
Appena dopo il Festival di Sanremo 1964,
l’anticonformista Luigi Tenco si avventa con veemenza sulla giovanissima
vincitrice che ha appena sbaragliato tutti con la sua voce limpida e
potente, e con la sua innocente freschezza, ancora in boccio, cantando
Non ho l’età. Ma è davvero, quella ragazza di Verona, “falsa, ipocrita,
perbenista”?
Per la prima volta, in questo sorprendente romanzo
autobiografico, Gigliola Cinquetti svela al pubblico il proprio
variegato mondo interiore, la personalità appassionata e combattiva,
l’attitudine sempre curiosa. È un racconto letterario, coinvolgente,
larger than life, in cui una ragazzina, camminatrice e lettrice
accanita, innamorata dell’Iliade, dopo anni di lezioni pomeridiane di
musica si ritrova proiettata nell’Empireo del successo, inconsapevole
della società che la circonda e soprattutto delle etichette che le
cuciono addosso.
Da chi la giudica retriva e antipatica a chi la vede
come una madonna, arrivando a metterle un neonato in braccio. Come
trascinata da un fiume in piena, lei, con le sue canzoni, comincia a
girare il globo dalla Francia al Giappone, dalle cascate del Niagara al
Cile. Ed è proprio questo peregrinare ad aprirle la mente, a formarle
opinioni politiche. Perché tutto può avere un significato politico,
spesso per lei anche scomodo.
Nel frattempo la vita si prende la propria
parte: lei incontra Luciano, prima scandaloso convivente more uxorio,
poi marito amatissimo e padre dei suoi figli. C’è chi nasce e c’è chi
muore. Ma la malìa del suo canto è la costante di tutto, anche quel
giorno in tempi recenti, quando in barca fra le isole croate le sue alte
frequenze attirarono i delfini..
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