Questo pezzo è uscito su La lettura del Corriere della sera, che ringraziamo.
Articolo di Marco Cubeddu(in foto)
“Ogni viaggio lo vivi tre volte: quando lo sogni, quando lo fai e quando lo ricordi”.
Questa frase – di volta in volta attribuita a Sognatriceinviaggio77 o a MarcoPolo68 sui siti di miriadi agenzie di viaggio – benché suggestiva, sdolcinata e corriva si presta perfettamente a descrivere la triplice natura di Pechino Express.
Ho avuto la fortuna di prendere parte alla quinta edizione di questo adventure game e, parafrasando l’anonimo aforisma, penso che questo viaggio attraverso le “civiltà perdute” di Colombia, Guatemala e Messico, con le sue tre vite, finirà col cambiare per sempre la mia.
Quando lo sogni (prima di sognarlo)
A dire il vero, il folle carrozzone sudamericano di Pechino Express per me è cominciato tre anni fa, in India.
Siamo a fine 2013, e un settimanale di moda mi manda a seguire il lancio dell’ultima fragranza di Bulgari. Come a un editore sia venuto in mente di mandare proprio me a un evento del genere è una storia nella storia legata al possesso di diversi calendari Pirelli, che prima o poi racconterò.
Fatto sta che, nell’unico pomeriggio libero da eventi mondani affollati di lanciatrici di petali di rosa ed elefanti misteriosamente addestrati a barrire all’unisono, mi ritrovo nella crepuscolare Pink City di Jaipur: unico estraneo di un gruppo di rodate giornaliste dei più importanti periodici di moda del mondo. Che, contrariamente a quanto temessi, invece di sbranarmi, mi adottano. Sistemandomi il papillon dello smoking alle feste, suggerendomi le domande da fare al mastro profumiere (“Sbaglio o è proprio un bouquet di osmanto quello che sento, magari con un afrore di albicocca e cuoio?”) o, come quel pomeriggio, riempiendomi di raccomandazioni materne: “Non toccare le scimmie. Non toccare le mucche. Non toccare i venditori di bidi…”
Alla fine, affamato e bastian contrario, approfittando di un momento di distrazione delle mie mamme adottive, mi lascio sedurre da un venditore ambulante di polpette di montone che frigge le sue leccornie su una lamiera arrugginita modellata a padella.
Scacciando il sospetto che l’olio in cui immerge le polpette estratte da un sacchetto di plastica possa essere quello dei motori dell’officina accanto, mando giù quella rovente poltiglia mugolando di piacere, conquistandomi il commento di Susanna, inviata di Vogue, un po’ disgustata, un po’ ammirata: “Saresti perfetto per Pechino Express!”
In quel momento non so ancora di cosa si tratti, ma l’idea mi si conficca nel cervello: è la prima volta che qualcuno dice che sono perfetto per qualcosa...
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fonte: http://www.minimaetmoralia.it/wp/sognando-pechino/
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venerdì 30 settembre 2016
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