lunedì 3 gennaio 2011

Lgbt: Il Gay Pride arriva in India


L’orgoglio dei tanti LGBT ha potuto finalmente essere celebrato nel grande paese asiatico, ma l’intolleranza continua a farla ancora da padrone

Nelle grandi megalopoli di Dehli e Mumbai gli attivisti “Queer” si sono preparati al grande momento, il Gay pride. Eppure i problemi per la comunità omosessuale indiana sono ancora tanti, specie nelle città relativamente piccole e rurali, dove i gay sono costretti a vivere in segreto. Parvez Sharma, racconta sul quotidiano inglese The Guardian, quanto forte sia ancora l’intolleranza verso il movimento LGBT indiano.

UNA STORIA DI DISCRIMINAZIONE
“Sono cresciuto a Saharanpur, una “piccola città” di 1 milione di persone in uno degli Stati più popolosi dell’India, l’Uttar Pradesh. Saharanpur è simile a centinaia di altre città che ingombrano le vaste pianure della regione, niente di che, famosa solo per suoi manghi e per l’industria del legno.

All’inizio degli anni ’90 ero in una scuola cattolica, era il periodo in cui avevo avuto le mie prime esperienze sessuali con un altro ragazzo, nei pressi della ferrovia. Questo è quello che mio fratello alludeva quando mi ha telefonato un paio di notti fa con quelle che lui chiamava le “ultime notizie dalla nostra infanzia”. Il giornale locale in lingua hindi, Amar Ujala, aveva pubblicato una fotografia con circa 20 uomini dallo sguardo spaventato, seduti per terra.

Molti cercavano di nascondere i loro volti con scialli e sciarpe. Il titolo dell’articolo parlava di una irruzione in un “party gay”. Nella storia venivano elencati quelli che a detta degli autori erano i punti più sconvolgenti. Tra i presenti c’erano un medico, degli insegnanti e dei studenti.

Questo indecente “party” è stato organizzato con il pretesto di una festa di compleanno a Dharamshala (una nota dimora spirituale Hindu), e l’alcol era stato servito. La notizia veniva data con precisione scrupolosa. L’organizzatore della festa è stato identificato come tal Bunty che gestisce un “salone di bellezza” che porta lo stesso suo nome. Un modo per renderlo facilmente rintracciabile.

OMOFOBIA AL CURRY
“Ho letto il resto del pezzo con orrore”, spiega Sharma. I nomi degli arrestati comprendono sia indù, sia musulmani. “Dharamshala si trova a due miglia dalla mia vecchia scuola, dove sono stata vittima di bullismo senza pietà per essere troppo effeminato quando ero un ragazzo”. Ci sono citazioni dal funzionario di polizia che ha organizzato il raid, il quale racconta di aver trovato “preservativi usati” e gli ospiti in “posizioni compromettenti”.

Saharanpur è una città molto conservatrice. Il giornale indiano, dopo la descrizione della “retata” dà la voce all’indignazione. Parla pure un docente universitario chiamato Ayub Qureshi che dice: “Questo è certamente inaudito a Saharanpur non so dove andremo a finire…” Tredici uomini sono stati arrestati, ma secondo la polizia alla festa hanno partecipato più di 100 “sodomiti”. La condanna morale della comunità di Saharanpur deve essere stata esemplare.

In molti si sono complimentati con la polizia per il raid. Molti altri, poi, pensano che l’omosessualità sia una corruzione della morale e dei costumi portata dall’Occidente.

LA LUNGA STRADA VERSO LA TOLLERANZA
Il mese scorso, uomini e donne omosessuali hanno marciato all’annuale Gay pride. C’erano le telecamere e la notizia dell’evento ha avuto molto risalto. Le bandiere arcobaleno non si contavano, così come pure i cartelli con i termini “gay”, “queer” (anche trascritto in hindi su alcuni cartelli) e “LGBTQ“.

“Come ho guardato le foto dell’evento prese dai miei amici di Facebook spiega Parvez Sharma, mi sono reso conto che la maggior parte provenivano da famiglie della classe media o alta, che parlano usalmente la lingua inglese.

Mi sono spesso chiesto del perché della necessità di utilizzare modelli occidentali di emancipazione come “gay pride” cortei e bandiere arcobaleno in contesti culturali che sono molto diversi.

Durante le riprese di “gay” musulmani di tutto il mondo, mi sono reso conto che molto spesso è completamente assente una forma di linguaggio affermativo del loro essere omosessuale”. Insomma, o si è ricchi ed emancipati e allora, magari nelle grandi città vieni tollerato, oppure se sei meno ricco, povero e vivi in una comunità rurale l’unica scelta è il silenzio e magari la paura.

ANCHE TRA GAY CI SI DISCRIMINA
”In molti paesi è così, l’invisibilità è la norma. Non ho alcun dubbio che la maggior parte degli uomini e delle donne che erano impegnati nella marcia a Delhi sventolando le loro bandiere non vorrebbero essere visti in un come Dharamshala e non sono nemmeno sicuro se molti di questi di attivisti “queer” provenienti dalle grandi città dell’India solidarizzeranno mai con i disgraziati arrestati alla “festa gay”.

Insomma, le caste come per gli eterosessuali, sono una realtà, forse ancora più drammatica anche per gli omosessuali indiani.
“L’India resta una terra dove permangono le più grandi disuguaglianze di questo pianeta”. Dove del boom economico gode solo la classe benestante.

“Mentre guardo l’immagine degli uomini spaventati di Saharanpur di nuovo, chiosa Sharma, mi chiedo se Bunty o uno qualsiasi degli altri uomini arrestati avrebbe voluto partecipare al Pride Delhi?”
fonte www.giornalettismo.com di Pietro Salvato

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