martedì 24 febbraio 2015

Lgbt: «Nuove leggi per cambiare sesso. Senza è difficile anche andare in posta»

Pubblichiamo oggi il primo articolo di un’inchiesta sul terzo genere, per raccontare chi sono e cosa chiedono le persone transessuali oggi in Italia. Articolo di Elena Tebano per La 27esimaora.

Il Tribunale di Messina ha concesso a S.D. di cambiare sesso senza intervento chirurgico. La prima puntata dell'inchiesta sul terzo genere

S.D. mostra con orgoglio la sua carta di identità nuova di zecca: sopra c’è un nome femminile e la dicitura «studentessa». Fino al mese scorso, c’era scritto «studente» e un nome da uomo. Questa ragazzina magra di 21 anni (che ha chiesto di rimanere anonima), studentessa universitaria, è una dei circa 50 mila italiani che soffrono di disforia di genere, che cioè non si riconoscono nel loro sesso di nascita. È la prima però che, in nome del «diritto a una diversa identità di genere» sconnessa dal sesso biologico, ha ottenuto da un Tribunale il cambio di sesso legale senza compiere l’operazione di adeguamento chirurgico: è successo a novembre a Messina.

Un mese dopo, dall’altra parte dell’Italia, il Tribunale di Vercelli ha detto no a un’analoga richiesta. Lo stesso aveva fatto in estate quello di Trento, respingendo il ricorso di Monica Notarangelo, ricercatrice 47enne di Scienze forestali. Nel suo caso, però, i giudici hanno chiesto alla Consulta di verificare se «l’imposizione di un determinato trattamento medico, sia esso ormonale ovvero di riattribuzione chirurgica del sesso» non costituisca «una grave e inammissibile limitazione al riconoscimento del diritto all’identità di genere».

La battaglia legale
Il cambio di sesso senza obbligo di «demolizione chirurgica» è al centro delle rivendicazioni del movimento transessuale: «Nella maggior parte dei Paesi Ue è già così, dice la leader del Mit (Movimento identità transessuale) Porpora Marcasciano.
E visto che la legge che lo prevede giace da tempo in Parlamento, abbiamo iniziato a rivolgerci ai giudici, perché ci sembra un diritto fondamentale, che migliorerebbe tanto la nostra qualità della vita». Finora solo tre Tribunali (Roma dal 1997, Rovereto e Siena nel 2013) avevano garantito il cambio di sesso senza operazione, ma solo per motivi di salute. La sentenza di Messina sostiene invece che esiste un «diritto a una diversa identità di genere» e che «non si può prestare attenzione esclusivamente alla componente biologica». Per il giudice siciliano che ha scritto la sentenza infatti «il fenomeno della transessualità nella società contemporanea è profondamente mutato» e «con l’ausilio delle terapie ormonali e della chirurgia estetica, la fissazione della propria identità di genere spesso prescinde temporaneamente o definitivamente dalla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali primari».

La norma del 1982
Una visione molto diversa da quella che associava la transessualità a emarginazione e vita di strada. Oggi è al centro di serie tv di successo (la pluripremiata «Transparent» di Amazon) e Time l’ha definita la nuova frontiera dei diritti civili. «Quando la legge italiana è stata approvata, nel 1982, si dava per scontato che si volesse adeguare il più possibile il proprio corpo a quello desiderato — dice Alexander Schuster, avvocato di Trento che rappresenta numerose persone trans — e così da allora è stata generalmente interpretata in modo da subordinare la rettificazione anagrafica (cioè il cambio di sesso e nome sui documenti) a interventi chirurgici demolitivi o alla sterilità chimica. Ma in realtà la norma non è così specifica».

Di fatto però la procedura standard per il cambio di sesso dura anni e prevede prima una diagnosi psicologica di disforia di genere (spesso dopo una lunga psicoterapia), l’assunzione di ormoni, la richiesta a un Tribunale per autorizzare l’operazione chirurgica e in seguito, a intervento avvenuto, un’altra istanza al giudice per cambiare i documenti.

Sempre più persone, però, mettono in dubbio questo percorso. «Penso che sottoporsi all’operazione sia una scelta personale: riguarda il mio corpo, non può essere condizionata dalla decisione di un giudice», dice Monica Notarangelo, la ricercatrice che si è rivolta al Tribunale di Trento. «C’è chi vede conclusa la propria transizione già quando vive da donna». Monica lo fa dal 2008. «Però ho ancora i documenti maschili e mi crea molti problemi: devo pubblicare i miei articoli scientifici come Giuseppe, altrimenti non hanno valore per i concorsi in università. Ma poi non posso andare ai convegni, perché i miei colleghi non si aspettano di vedere una donna». Le difficoltà sono quotidiane: «Se devo ritirare una raccomandata, alle poste mi chiedono la delega di mio “marito”».

Le nuove identità
Tra coloro che non si riconoscono nella definizione tradizionale di transessuale c’è Tiresia Valentina Coletta, 29 anni, ex seminarista in Vaticano e ora studentessa di psicologia a Roma, che si identifica come «genderfluid», sia maschio che femmina: «Il mio genere è femminile, ma io sono nato maschio, ed è una parte che rimane in me». Per questo ha scelto come nome «Tiresia»: il protagonista del mito classico che vive sia da uomo che da donna. Tiresia Valentina si veste prevalentemente da donna e da un mese ha iniziato a prendere ormoni che le stanno facendo crescere seno e fianchi, ma per ora non intende fare interventi.

Di fronte a una simile costellazione, queste identità possono sembrare aleatorie. Ma per chi soffre di disforia di genere non è così. Ecco come Andrea Lamanna (all’anagrafe ancora Maria), 25 anni, di Monopoli, spiega il disagio che provava prima di sapere che poteva cambiare genere: «È come vivere con un costume addosso ed essere l’unico a sapere che è un costume: il mondo si rivolge a una persona che non sei tu — dice —. È così avvilente e pesante, che alla fine perdi qualsiasi energia, diventa difficile crearsi obiettivi e aspirazioni».

Andrea è un «FtM» abbreviazione che sta per «female to male», «da femmina a maschio». La prima riattribuzione di sesso di questo tipo, in Germania, risale al 1992: sconosciuti un tempo, oggi i ragazzi transessuali sono quasi la metà delle persone transgender. Un altro dei molti nuovi volti che assume questa identità. Andrea dodici mesi fa ha iniziato ad assumere il testosterone, oggi ha la barba e spera quanto prima di farsi la mastectomia: «Ora la mia difficoltà maggiore è non avere i documenti giusti. So che la transizione sarà lunga e tortuosa, però la devo fare. Vedere cambiare il proprio corpo è una rivincita. È come se adesso potessi cominciare davvero a vivere la mia vita».
fonte http:Articolo di Elena Tebano
//27esimaora.corriere.it/articolo/nuove-leggi-per-cambiare-sesso-senza-e-difficile-anche-andare-in-posta/

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