venerdì 28 maggio 2010

Lgbt, Barack Obama dice sì ai gay nelle forze armate


Una manifestazione a Washington contro il bando dei gay nelle forze armate (Credits: LaPresse)

Era stata una delle sue più importanti (e ardite) promesse durante la campagna elettorale. Ma, come altre, non le aveva mantenute nel suo primo anno e mezzo di mandato presidenziale. Ora, invece, sembra volere fare un passo verso il pagamento del credito (che aveva chiesto a una parte dell’elettorato): Barack Obama ha dato il suo (timido) appoggio a una soluzione di compromesso che permetterà agli omosessuali dichiarati di vestire la divisa delle forze armate statunitensi.

Per le associazioni per i diritti gay, il traguardo (dopo anni e anni di battaglie) sembra vicino. Tra due giorni, il Comitato per le Forze Armate del Senato dovrà votare se abolire (di fatto) la politica del don’t ask, don’t tell (arruolamento in cambio del silenzio sulle inclinazione sessuali), oppure se mantenerla ancora in vita.

Se dovesse passare il si, saremmo di fronte a una decisione storica. Che avrà ripercussioni non soltanto sull’esercito, ma anche nella società americana, parte della quale è tuttora chiusa a ogni cambiamento (o certificazione di cambiamento, visto che si parla di una legge) del costume (e della morale) su temi (ritenuti ancora così delicati) come l’omosessualità.

Con una lettera molto burocratica nella forma, ma forte nella sostanza, il capo dell’ufficio budget della Casa Bianca Peter Orszag ha comunicato alla Commissione Difesa del Senato che il governo intende(rebbe) mandare in soffitta la suddetta dottrina Dadt (non chiedere, non dire), varata ai tempi di Bill Clinton, nel 1993, e adottare il compromesso proposto da Capitol Hill: basato su di una formula che prevede la decadenza del bando contro il servizio militare degli omosessuali dichiarati previa però ultima verifica e finale approvazione (chiamiamola assunzione di responsabilità) da parte del Presidente, del Segretario alla Difesa e del Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate.

L’endorsment della Casa Bianca è stato seguito - qualche ora dopo - da una ancora più prudente dichiarazione di appoggio del Segretario alla Difesa Robert Gates. Avrei voluto andare avanti con il programma che prevedeva il giudizio finale di una commissione militare entro il prossimo dicembre, ma se bisogna accelerare i tempi (per le elezioni ? ndr) , mi adeguo, ha detto (in pratica) il numero uno del Pentagono.

Ora tocca ai lawmaker di Capitol Hill. Lo schieramento è bipartisan. In commissione ci sono senatori indecisi, come due democratici - finora schierati per il mantenimento della politica del Dadt - e un repubblicano Scott Brown, il quale non avrebbe alcuna intenzione di dare via libera al compromesso.

Per loro, deve rimanere la normativa (il male minore) approvata quasi 18 anni fa, quando alla Casa Bianca sedeva Bill Clinton. L’allora presidente democratico, a sua volta - dicono le cronache - puntava ad abolire il bando, ma non ci riuscì, subissato dalle proteste delle organizzazioni conservatrici, di quelle di una parte delle forze armate e dell’opinione pubblica.

Dovette così accontentarsi di una legge che, di fatto, se sanava una situazione di persecuzione ufficiale, non garantiva i diritti degli omosessuali in armi. I quali erano (sono) spesso tormentati dai superiori (che hanno espulso dall’esercito molti soldati sospettati di essere gay). Militari che in diversi casi sono stati sottoposti a una sorta di caccia alle streghe dagli esiti finali (a volte) cruenti e violenti, se non addirittura mortali, come è successo a Allen R. Schindler Jr, ucciso in uno dei raid dei commilitoni, uno di quelle rituali Festa della Coperta (Blanket Party) durante le quali venivano lanciati teli addosso al “sospettato” gay per impedire di individuare i commiltioni che poi l’avrebbero pestato a sangue.

E’ evidente che questa vicenda va ben oltre i circa 75.000 soldati gay (non dichiarati ufficialmente) presenti nella forze armate Usa. Ma assume una forte valenza simbolica in un paese dove rimangono profonde tracce di puritanesimo, moralismo e rigidità nei costumi accanto, invece, a una profonda e vera capacità ( libertà ) di espressione della propria personalità e di rispetto dei diritti dell’individuo.

Se dovessimo basare il nostro giudizio su quello che ci dicono i sondaggi, non ci dovrebbero essere dubbi: l’America è pronta a togliere il bando per gli omosessuali dichiarati nell’esercito. Ma le titubanze del Palazzo, compresa la Casa Bianca, ci fanno capire ancora una volta come la classe politica sia distante dal “sentito” dei cittadini. Oppure premi il sentimento (la pancia) di solo una parte di essi.

Barack Obama - che (nonostante tutto) è un politico di fiuto - ha capito che sulla questione degli omosessuali nell’esercito avrebbe dovuto muoversi con prudenza fino a quando non si sarebbe aperta una finestra di opportunità per una soluzione di compromesso. Cosa che è poi (regolarmente) avvenuta. Ma ora, l’ultimo passo devono compierlo i senatori di Capitol Hill. Saranno in grado di farlo ? Vorranno farlo ?
fonte panorama.it michele.zurleni

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