venerdì 17 settembre 2010

Ricerca Medica, Il cervello conserva tutti i ricordi dolorosi


Si dice spesso che i ricordi che ci hanno fatto male, quelli dolorosi, tendiamo a rimuoverli, quasi come una sorta di difesa naturale del nostro cervello nei confronti di ciò che ci ha causato sofferenza. Rimuovendo il ricordo, svaniscono anche le sensazioni spiacevoli ad esso associate.

Ma questo potrebbe non essere del tutto vero. O, almeno, potrebbe come nella memoria di un pc, restare qualcosa sottotraccia, immagazzinato per tutta la vita, che crediamo sia scomparso e invece esiste indelebile, magari a futura memoria per guidarci inconsciamente a evitare situazioni nuovamente pericolose o dolorose in futuro.

E' notizia degli ultimi giorni la scoperte di alcune aree del cervello che conservano, anche per una vita intera, tutte le emozioni che abbiamo provato e che sono indissolubilmente legate e connesse alle esperienze dolorose che abbiamo vissuto in passato.

Si tratta di una scoperta realizzata da un gruppo di ricerca dell'università di Torino coordinato dalla dottoressa Tiziana Sacco e dal dottor Benedetto Sacchetti dell'Istituto Nazionale di Neuroscienze.

Una notizia di rilevante importanza se si considera che potrebbe permettere di aprire nuovi scenari nello studio dei disturbi associati alla sfera emotiva.

Basti pensare ai disturbi post-traumatici da stress o alle più comuni fobie sviluppate spesso in seguito a un trauma che non ricordiamo nemmeno sia avvenuto.

Lo studio dell'equipe torinese è stato pubblicato sulla rivista internazionale "Science". La ricerca è stata condotta identificando nei topi alcune delle strutture cerebrali preposte alla conservazione del contenuto emotivo che gli stimoli acquisiscono con l'esperienza.

Pare che siano situate nella corteccia secondaria uditiva, visiva e olfattiva. Si tratta di zone chiamate anche cortecce sensoriali di "ordine superiore". Questo perchè si tratta di sezioni del cervello il cui compito è elaborare gli aspetti più complicati dell'informazione sensoriale.

Pare che quando viviamo un'esperienza che ci coinvolge dal punto di vista della sfera emotiva esiste un meccanismo per cui gli stimoli sensoriali che in quel momento riceviamo e che l'accompagnano, come odori, suoni e colori vengano immediatamente associati dal nostro cervello all'emozione che stiamo provando in quel momento.

Ecco perchè a volte un luogo, un odore, un cibo, possono metterci a disagio o ricondurci a stati d'animo non piacevoli: perchè magari erano presenti, anche se non ce ne siamo accorti, nel momento in cui abbiamo vissuto un'esperienza fortemente negativa che ci ha segnati, anche inconsapevolmente.

Gli studiosi sono certi che queste aree sono soggette a un aumento della presenza di quegli stimoli sensoriali che precedentemente erano corrisposti a situazioni dolorose. Pare invece che non subiscano alcun cambiamento se gli stimoli sensoriali, che colpiscono l'attenzione del topo non sono mai stati associati a eventi importanti o traumatici dal punto di vista emotivo.

La conferma di questi meccanismo arriva dal fatto che la mancanza dei singoli tratti di corteccia secondaria corrisponde alla perdita del ricordo degli eventi dolorosi capitati anche diversi mesi addietro. Tutto come prima, invece in caso di stimoli sensoriali non associati ad alcun contenuto emotivo.

Il dottor Benedetto Sacchetti spiega meglio il meccanismo illustrando che le cortecce sensoriali 'di ordine superiore' presenti nel topo trovano il loro corrispettivo nel cervello umano, con la differenza che in quest'ultimo hanno una maggiore estensione ed eterogeneità.

Gli studiosi sono convinti che nell'uomo le variazioni dell'attività sensoriale coinvolgono le medesime aree, con l'unica differenza che si concentrano in più punti specifici". L'importanza di questa scoperta sta nel fatto che ora i ricercatori possono procedere con lo studio sull'uomo che verrà condotto usando le tecniche di imaging".
fonte .dottorsport.info

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