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lunedì 9 ottobre 2023

Libri: "L'antidoto. 15 comportamenti che avvelenano la nostra vita in rete e come evitarli" di Vera Gheno

La social-linguista più famosa del web ci spiega come rendere la rete un posto migliore per tutti.
Quanto tempo passiamo in rete ogni giorno? Quanti post, messaggi, frasi scritte scambiamo, spesso con persone a noi sconosciute? Siamo sicuri che lo stiamo facendo nel miglior modo possibile?

«L’autrice individua quindici veleni, e l’impostazione del libro è molto ben concepita anche graficamente: ogni veleno apre il capitolo all'interno di una cornice grafica e da lì si snocciolano le considerazioni, teorie ed esempi.» - Claudia Colucci per Maremosso

Narcisismo, incompetenza, impulsività, invidia, noia. No, non è un elenco di peccati capitali 2.0, ma un assaggio di «veleni della rete» che troppo spesso accompagnano la nostra vita online. In questo piccolo e prezioso prontuario, la sociolinguista Vera Gheno mette la competenza delle parole al servizio della comunicazione digitale e offre al lettore un manuale di istruzioni che è al tempo stesso anche una grammatica social prêt-à-porter.
 
Dalla deumanizzazione dei personaggi pubblici al demone della velocità che ci porta a postare senza riflettere, dalla lingua plastificata che appanna il senso e affatica la comprensione dei nostri scambi sino alle fallacie retoriche che fanno deragliare le conversazioni online, l’autrice passa in rassegna i 15 principali comportamenti che adottiamo ogni giorno sui social e ricostruisce la scala di disfunzioni relazionali e comunicative che ci avvelenano la vita. Una lettura illuminante e impegnata che a ogni «veleno» contrappone un «antidoto», una soluzione concreta in grado di aiutarci a costruire un clima migliore in rete. 
 

domenica 6 agosto 2023

News media: nuove regole per gli influencer sulla pubblicità, arriva la stretta di Agcom

L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha approvato all'unanimità una consultazione pubblica: "I creatori di contenuti digitali diffusi sui social rispettino le norme sull'audiovisivo come le tv e l'on demand"

Trasparenza e riconoscibilità dei messaggi pubblicitari, tutela dei minori, divieto di messaggi discriminatori e di hate speech. Sono alcune delle regole del Testo unico dei servizi di media audiovisivi alle quali dovranno presto attenersi anche gli “influencer”.

Il Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha approvato all'unanimità una consultazione pubblica della durata di 60 giorni sulle misure per garantire il rispetto, da parte dei creatori di contenuti digitali, delle disposizioni del Testo unico sui servizi di media audiovisivi, proprio perché questi soggetti - non solo influencer, ma anche streamer, creator, vlogger - “svolgono un'attività analoga o comunque assimilabile a quella dei fornitori di servizi di media audiovisivi” e quindi sono chiamati al rispetto delle stesse regole.

L'impatto sugli utenti e sulla società che hanno i “nuovi media” è lo stesso di quelli “regolamentati”, per questo l'Authority chiede “maggiore trasparenza e consapevolezza nei confronti degli stakeholder e del pubblico”.

Il primo passo della consultazione sarà definire i parametri - ricavi, contatti, engagement, quantità di contenuti messi a disposizione degli utenti - che identifichino gli influencer in grado di raggiungere il grande pubblico, e quindi paragonabili alle tv o ai servizi on demand (come i canali YouTube), chiamati perciò al rispetto delle norme del Testo Unico. 

Tra gli obblighi previsti dalla legge, per esempio, l'iscrizione al Roc (il Registro operatori della comunicazione), la disciplina in materie di opere europee e indipendenti, la Scia (la segnalazione certificata di inizio attività).   

Restano fuori, invece, i "soggetti che operano in maniera meno continuativa e strutturata, ai quali, di contro, non appare giustificata l'applicazione nella sua interezza del regime giuridico previsto per i servizi di media audiovisivi a richiesta", spiega l'Autorità.

Cambia poco invece per le piattaforme di condivisione video: a loro già si applicano “le disposizioni di cui agli articoli 41 e 42 del Testo unico e i regolamenti attuativi adottati dall'Autorità”.

Alla fine della consultazione, l'Agcom varerà delle Linee guida, strumento più flessibile rispetto al Regolamento e che meglio si adatta alla realtà del settore: sarà così individuato un quadro chiaro e trasparente delle regole applicabili a un mondo in crescita esponenziale, ma senza "prevedere oneri burocratici non necessari".

Quanti sono gli “influencer” italiani?

In base a stime recenti, gli influencer in Italia sono 350mila. 

Secondo la società DeRev, nel 2022 il giro d'affari sui social è stato di 308 milioni e quest'anno salirà a 348 milioni (+13%), ma la situazione varia a seconda della piattaforma. 

Se su Facebook si registra una progressiva scomparsa dei creator, su Instagram la crescita maggiore dei compensi (+14,4%) è per chi ha fino a 300 mila follower e molto meno per i mega influencer (+1,8%) con una community superiore al milione. 

Su TikTok crescono molto (+10,5%) i compensi di chi ha tra 300 mila e un milione di follower e calano quelli dei più piccoli. I compensi per un contributo da parte delle celebrities con milioni di follower possono arrivare anche a 80 mila euro, mentre i micro influencer con un seguito di diecimila persone possono ottenerne dai 50 ai 1.500. A pagare di più Youtube, di meno Facebook. 

Nuove norme in Francia

L'impatto sempre più ampio che gli influencer hanno su utenti e consumatori ha spinto diversi Paesi europei ad avviare iniziative regolamentari.

In Francia la nuova legge approvata a giugno vieta la promozione di determinate pratiche, come la chirurgia estetica o la desistenza terapeutica. Stretta anche per la promozione di certi dispositivi medici, di prodotti contenenti nicotina, delle scommesse sportive e dei giochi d’azzardo: potranno essere pubblicizzati soltanto da piattaforme che vietano l’accesso ai minori.

fonte: www.rainews.it

martedì 28 febbraio 2023

Social, ecco Meta Verified. Dalla spunta blu all’assistenza, le novità per Fb e Instagram

Mark Zuckerberg ha annunciato il lancio di un servizio a pagamento per entrambe le piattaforme, che permetterà di avere gli account verificati, una protezione extra contro i furti di identità e anche un accesso rapido al servizio di assistenza. Una svolta che sembra ricalcare quella messa in atto da Elon Musk con Twitter Blue

Facebook e Instagram come Twitter. Il numero uno di Meta, Mark Zuckerberg, che controlla entrambi i social network, ha annunciato il lancio di un abbonamento a pagamento da 11,99 dollari al mese per autenticare il proprio account sulle piattaforme. 

Una svolta che assomiglia molto a Twitter Blue, il servizio a pagamento lanciato da Elon Musk nelle scorse settimane per il suo social che prevede la verifica dell’account e alcune funzioni premium, come la possibilità di modificare i tweet, scriverne di più lunghi e caricare video di 60 minuti.

Cosa sappiamo

Meta Verified sembra essere molto simile: infatti, permetterà di “autenticare il proprio account con un documento, avere una spunta blu, avere protezione extra contro i furti di identità e accesso rapido all'assistenza”, ha dichiarato Zuckerberg nel suo canale broadcast su Instagram. Il servizio, che sarà disponibile soltanto per gli utenti con più di 18 anni, debutterà già in settimana in Australia e Nuova Zelanda. Meta però ha specificato che non apporterà modifiche agli account già verificati e che le aziende non potranno ancora richiedere la spunta tramite il nuovo programma. Secondo “The Verge”, ci saranno adesivi esclusivi per storie e reel per gli iscritti al programma “Verified”, ma anche 100 stelle gratuite al mese, ovvero il coin digitale di Meta per donare ai creator sui social. Chi pagherà per un solo social si vedrà comunque coperto anche l'altro. 

La rottura di un tabù

Per Zuckerberg il passaggio ad una versione a pagamento sembra essere la rottura definitiva di un tabù, visto che sin dalla nascita di Facebook il suo fondatore ha sempre cercato di difendere l'idea che il social network dovesse quanto più a lungo restare gratuito, costruendo un modello di business fondato sulle inserzioni online. Zuckerberg aveva cominciato a parlare di un servizio a pagamento già nel 2018, senza però mai passare dalle parole ai fatti. L'annuncio, perciò, sembra aprire una nuova pagina nella storia di Meta. 

fonte: https://tg24.sky.it  ©IPA/Fotogramma

martedì 13 dicembre 2022

Tecnologia > Mastodon, cos'è e come funziona il social alternativa a Twitter

E' un software di microblogging gratuito e open source con un'interfaccia simile a Twitter. La piattaforma tedesca avrebbe registrato una crescita di utenti dopo che il social è stato acquistato da Elon Musk

Mastodon è un software di microblogging gratuito e open source con un'interfaccia simile a Twitter. E' una piattaforma tedesca nata 6 anni fa, senza pubblicità e che vive grazie alle donazioni degli utenti. Ha registrato una nuova impennata di utenti dopo che Twitter è stato acquistato da Elon Musk: ha detto di avere ad oggi circa 4,5 milioni di utenti, 1,3 sarebbero quelli attivi, 70.000 si sarebbero aggiunti il giorno dopo il passaggio di proprietà. A idearlo è stato Eugen Rochko, ingegnere informatico tedesco, di origini russe ed ebraiche. Non ci sono restrizioni per quanto riguarda i post, a condizione che il post appropriato corrisponda a condizioni stabilite.

Come funziona

Su Mastodon non si twitta, ma si squitta in 500 caratteri. La prima cosa da fare è visitare il sito ufficiale, scegliere un nome utente e indicare indirizzo di posta elettronica e password. Sulla sinistra è presente il campo di testo per scrivere ciò che si desidera e poco sopra cercare persone e argomenti da seguire. Sono quasi 17.000 gli iscritti alla principale istanza italiana di Mastodon ovvero mastodon.uno..  

Mastodon e Twitter

Differenze? Anzitutto il numero di utenti, Twitter al momento ha 237 milioni di utenti attivi, 4,5 milioni per Mastodon, come detto. Si somigliano invece esteticamente, per i brevi post che possono essere rilanciati, come i retweet, si possono seguire i profili, ricambiare follow. Il software però è libero, non appartiene a nessuna grande big tech, ed è liberamente consultabile. Non ci sono algoritmi di raccomandazione che individuano le preferenze degli utenti per suggerirgli post o pubblicità. Ci sono anhe su Mastodon gli hashtag, con il simbolo del cancelletto, che diventano parole cliccabili e consentono una ricerca specifica grazie all'indicizzazione.

>> Mastodon 

fonte: https://tg24.sky.it

lunedì 1 novembre 2021

Tecnologia: Instagram ha esteso a tutti la possibilità di condividere link nelle Storie

Instagram ha annunciato che tutti potranno inserire link all’interno delle loro Storie sul social network, una funzione che finora era limitata agli account verificati o con più di 10mila follower. L’opzione è in fase di diffusione e potrebbe quindi essere necessaria qualche ora prima che compaia su tutti gli account.

Una volta attivata la funzione, per inserire un link sarà sufficiente creare una nuova Storia e selezionare poi l’icona degli adesivi in alto a destra. Tra quelli predefiniti sarà presente l’adesivo “Link”, che consentirà di inserire un collegamento a una pagina web. L’adesivo esiste dall’estate e ha sostituito l’accesso a un link tramite lo scorrimento verso l’alto (“swipe up”) della Storia.

Instagram dice che la nuova opzione porterà benefici soprattutto alle aziende e ai negozi, che potranno inserire link ai loro prodotti direttamente all’interno delle Storie. La funzione sarà comunque disponibile per tutti e per gli scopi più vari, per questo il social network ha chiarito che gli account che non ne faranno usi leciti potranno essere sospesi o privati del sistema. Al momento Instagram non ha invece intenzione di introdurre i link in altre aree del proprio social network, come l’area commenti dei singoli post. 

fonte: www.ilpost.it foto instagram

domenica 11 luglio 2021

Tecnologia: Social network, ecco la «checklist» per proteggere gli account

Dall'attivazione dell'autenticazione a due fattori all'utilizzo di una password complessa: ecco 10 consigli utili per mettere in sicurezza i profili social

Dall’home banking ai social network, le password ci permettono di svolgere numerose operazioni online ma molto spesso potrebbero non bastare – da sole – a proteggerci in modo efficace dalle insidie della rete. Infatti, da un recente sondaggio condotto da Kaspersky su oltre 15 mila utenti adulti e intitolato Consumer appetite versus action: The state of data privacy amid growing digital dependency, è emerso che il 31% degli utenti di tutto il mondo ha subito un’infezione da malware sul proprio dispositivo e, di conseguenza, più della metà – il 53% – ha successivamente sostenuto dei costi.

 Inoltre, il 28% del campione avrebbe subito tentativi di hacking dei propri account online e, in 4 casi su 10, si trattava degli account di social media.

Infatti, non raramente riceviamo messaggi di posta elettronica o tramite WhatsApp che annunciano la consegna di premi molto costosi o ci invitano a cliccare su link sconosciuti. Tuttavia, è bene diffidare da queste proposte poiché si tratta spesso di tentativi fraudolenti che successivamente si concludono con la richiesta dei nostri dati sensibili, credenziali o numeri di conto corrente per farci poi ritrovare spiacevoli sorprese.

A riguardo, sono le pagine di supporto dei social network più utilizzati, tra cui Facebook, Instagram e WhatsApp, a fornirci alcuni suggerimenti per mettere in sicurezza i nostri account e tenerli alla larga da attività poco sicure.

Ad esempio, tra le operazioni consigliate nonché preliminari da effettuare non appena creiamo un account è menzionata l’attivazione dell’autenticazione a due fattori: una funzionalità che in fase di login, oltre alla password, ci chiederà di digitare un codice speciale solitamente generato automaticamente da un’app di autenticazione – come Google Authenticator – o recapitata sul nostro numero di cellulare tramite SMS. Un’altra buona abitudine, inoltre, è quella di controllare la rete dei nostri contatti periodicamente, che siano amici su Facebook o seguaci su Instagram, e disconnetterci da coloro che non conosciamo abbastanza: in questo modo, allontaneremo da occhi indiscreti i nostri post, fotografie, informazioni sui luoghi che visitiamo e altri dati importanti.

Tra le altre cose, ovviamente, ricordiamoci di non condividere mai le nostre credenziali! Ad esempio, esistono numerose applicazioni e servizi che per aumentare il numero delle interazioni sul nostro profilo o fornirci delle statistiche – ad esempio gli utenti che hanno fatto Unfollow – richiedono le credenziali di accesso al nostro profilo: fornendoli, consentiremo loro di accedere ai nostri messaggi privati e addirittura pubblicare contenuti – magari spam – direttamente dal nostro profilo.

Ma gli accorgimenti da prendere in considerazione per mettere in sicurezza i profili social non sono solo questi: date uno sguardo alla gallery per conoscere la checklist con i 10 consigli utili per proteggere gli account correttamente! CLICCA >> QUI

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fonte: di Jader Liberatore      www.vanityfair.it

giovedì 18 febbraio 2021

Tecnologia: Rubati i dati di 36 milioni di profili Facebook, ecco quali (e cosa possono farci)

I dati di 36 milioni di utenti italiani di Facebook sono stati sottratti e messi in vendita attraverso un bot su Telegram. Tra le informazioni rubate anche nome, numero di telefono, email, relazione sentimentale, lavoro e gruppi Facebook, elementi che possono comportare numerosi grattacapi per le vittime.

In tutto sono 533 milioni, ma se si prendono in considerazione solamente quelli italiani la cifra scende a 36 milioni. O meglio, a 35.677.338 di profili "bucati" da un attacco hacker che ha sottratto diverse informazioni personali agli utenti di tutto il mondo, compresi quelli italiani. Un numero di vittime peraltro molto elevato (praticamente più della metà degli italiani) alle quali sono stati sottratti dati come nome, numero di telefono, email, relazione sentimentale, lavoro e gruppi Facebook. A segnalarlo sul suo profilo Twitter è stato il ricercatore di sicurezza Alon Gal.

La vulnerabilità, già chiusa da Facebook nel 2019, ha portato alla creazione di un database illegale di dati che ora sono in vendita sul web. Con un metodo peraltro piuttosto inquietante: almeno inizialmente, l'hacker aveva predisposto un bot su Telegram che consentiva agli utenti di inviare un numero di telefono e ricevere l'ID del profilo Facebook di un utente in risposta, oppure di inviare l'identificativo dell'account per ricevere il numero di telefono. Il tutto al costo di 20 euro per il singolo dato oppure di 5.000 euro per l'accesso a 10.000 contatti.

Il bot ora è stato bloccato da Telegram, ma la vendita dei dati prosegue in privato: l'hacker ha infatti annunciato di essere al lavoro su un bot privato che possa consentire un processo di vendita simile a quello visto su Telegram. Insomma, come una perfetta piattaforma di ecommerce. Peccato che questa volta in vendita ci siano i nostri dati. Elementi che, vista la tipologia di informazioni sottratte, possono portare a numerosi grattacapi per le vittime. Dal phishing al social engineering, con i dati in possesso dei malintenzionati è più facile ingannare le persone presentandosi come realtà che hanno in mano informazioni personali. Pensiamo, per esempio, a qualcuno che si finge una banca presentandosi indicando questi dati per email.

C'è poi il problema ancora più grande relativo alla password dei propri account che potrebbe essere stata rubata durante uno degli innumerevoli attacchi passati. In questo caso è facile capire in quale database si trova: basta usare uno degli strumenti che permettono di scoprire se un account è stato compromesso (il più famoso è questo) e acquistare il dato. In questo modo un malintenzionato avrebbe accesso anche ai profili social della vittima e persino alla casella email. Il consiglio, quindi, è sempre quello di fare attenzione alle comunicazioni che chiedono dati (anche quelle apparentemente sicure) e di cambiare spesso le proprie password con chiavi lunghe e complesse.

fonte:  di Marco Paretti   https://tech.fanpage.it

sabato 3 ottobre 2020

Tecnologia: «The Social Dilemma», cosa abbiamo imparato dal documentario Netflix

Il nuovo documentario di Jeff Orlowski apre il dibattito su cosa possiamo fare per invertire le logiche persuasive dei social network. Non è un grido al boicottaggio, ma un invito a una presa di coscienza collettiva per mettere in atto un cambiamento, prima che sia troppo tardi. Ecco come la pensano dirigenti e programmatori di Facebook, Google, Instagram

 «Mai nella storia 50 designer, ragazzi dai 20 ai 35 anni in California, avevano preso decisioni che avrebbero cambiato la storia di 2 miliardi di persone. Quegli stessi 2 miliardi di persone che penseranno a cose a cui non avrebbero mai pensato». 

 

A parlare non sono nostalgici o dallo spirito anticonformista, i protagonista del nuovo documentario Netflix «The social dilemma», che mette in guardia dal potere subdolo e persuasivo dei social media, sono proprio gli stessi «smanettoni» che lavorano per queste tecnologie.

Parlano dirigenti e programmatori di Google, Facebook, Youtube, Pinterest, Instagram, c’è anche l’ingegnere Justin Rosenstein, l’ideatore del tasto «Like» su Facebook. Sì, quella reazione social positiva che ha causato in adolescenti ma non solo, una dipendenza emotiva da dose quotidiana di dopamine, che fanno bene all’umore e alla autostima.

Il documentario, presentato al Sundance festival è del regista Jeff Orlowski, che affronta la questione senza troppe recriminazioni o grida al boicottaggio, ma con un occhio al futuro: cosa possiamo cambiare adesso? Il dibattito è aperto e parlarne vale veramente la pena.

Nessuno aveva previsto come sarebbe cambiata la società con i social network, che l’algoritmo sarebbe diventato sempre più intelligente e che noi, non pagando per il servizio offerto, diventassimo i veri prodotti. «Se non stai pagando il prodotto, allora quel prodotto sei tu». Siamo noi con i nostri dati, le nostre abitudini, i nostri “mi piace”, la nostra cerchia di rapporti quotidiani sempre più indotti e profilati dalla tecnologia.

Ci hanno trasformato in dei bersagli da centrare per fare soldi o per passare messaggi a cui siamo più vulnerabili. Ed è questo il terreno su cui attecchiscono meglio populismi e fake news. L’intelligenza artificiale ci legge dentro, ci guida, anticipa le nostre azioni, controlla il nostro inconscio, manipola la nostra mente senza che ne abbiamo la consapevolezza, affermano nel documentario. «È il graduale, lento, impercettibile cambiamento nel tuo comportamento e percezione a essere il prodotto: è l’unica cosa da cui possono trarre profitto». Utopia o distopia? Questo è uno dei problemi sociali e umani che più condizionerà il nostro futuro insieme al climate change, di cui per altro proprio lo stesso regista ha già parlato.

«La società sana dipende dall’abbandono di questo modello di business. Possiamo pretendere che questi prodotti siano progettati umanamente, di non essere trattati come una risorsa estraibile, la domanda è: come possiamo migliorare il mondo?». Ci muoviamo così perché non abbiamo altra scelta, ma tutto è impermanente. «Servirà un miracolo per poterne uscire e quel miracolo è la volontà collettiva». Ci voleva una Greta Thumberg per smuovere le coscienze sul cambiamento climatico e, forse, ci voleva un documentario come «The social dilemma», per smuovere un’osservazione piò oggettiva di una realtà totalmente immersiva.

The Social Dilemma | Official Trailer | Netflix  > QUI

7 CONSIGLI PER GESTIRE I SOCIAL IN MODO CONSAPEVOLE (DA CHI PER I SOCIAL CI LAVORA)

– Eliminate tutte le app che fanno perdere tempo e disattivate le notifiche che distolgono l’attenzione per informazioni che non sono essenziali in quel momento. È lo stesso motivo per cui è meglio non tenere dei biscotti in tasca!

– Non accettate video consigliate da Youtube, siate voi a scegliere.

– Prima di condividere qualcosa verificate la fonte, analizzate i fatti, fate qualche ricerca in più per non cedere solo all’emotività.

–  Assicuratevi di ricevere diversi tipi di informazione, seguite anche persone con cui non siete d’accordo, così da essere esposti a diversi punti di vista.

– Molte persone che lavorano nella tecnologia non lasciano usare i social media ai loro figli.

– Lasciate tutti i dispositivi fuori dalla camera da letto a un’ora precisa ogni sera.

– Stabilite un tempo di utilizzo ragionevole dei social e della tecnologia, per voi o per i vostri figli.

fonte: di Alice Rosati    www.vanityfair.it