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sabato 28 novembre 2020

Discriminazioni sul lavoro e persone Lgbtiq

Vi proponiamo un articolo dal n.6/2020 del bimestrale dell’Uaar, Nessun Dogma – Agire laico per un mondo più umano 

Un commento sulla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europa sul caso Taormina.  di UAAR - A ragion veduta (sito)

In occasione della proposta di legge Zan, in questo periodo in esame alla Camera, si è recentemente sviluppato il dibattito pubblico italiano sulle discriminazioni e sulla violenza per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere. L’importanza di un approfondimento degli strumenti giuridici di contrasto a questi fenomeni deriva in primo luogo da un esame del dato di realtà: nel nostro paese gli episodi di discriminazione omo-lesbo-bi-trans-fobici sono all’ordine del giorno.

In particolare, vi è un ambito nel quale la fisiologica condizione di disparità tra le parti rende particolarmente odiose e di difficile repressione queste condotte: si tratta del mondo del lavoro.

Con questo commento si tenterà di accennare ai principali profili giuridici connessi al fenomeno discriminatorio nel rapporto di lavoro con particolare riferimento ai lavoratori e alle lavoratrici Lgbtiq (lesbian, gay, bisexual, transgender, intersex, queer/questioning), attraverso una breve analisi di una recente sentenza della Corte di giustizia sulle dichiarazioni omofobe in materia di occupazione e di lavoro.

Va innanzitutto ricordato che l’orientamento sessuale e il transessualismo sono stati riconosciuti come criteri di discriminazione in un momento successivo rispetto ad altri fattori collegati a condizioni personali, poiché introdotti nell’ordinamento sovranazionale solo dalla direttiva 2000/78 e recepiti nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 216/2003, sebbene la Corte di giustizia dell’Unione europea e la Corte europea dei diritti umani avessero già in precedenza attribuito rilievo e protezione all’identità personale nella sua dimensione sessuale. Le discriminazioni che riguardano l’ambiente di lavoro possono avere a oggetto diverse relazioni professionali, tutte protette dal diritto: la fase pre-assuntiva di accesso all’impiego, le condizioni di lavoro e la progressione di carriera, la formazione interna, il licenziamento e le altre cause di risoluzione del rapporto di lavoro.

Bisogna precisare che deve considerarsi discriminatoria ogni condotta datoriale che, in ragione dell’orientamento sessuale e/o dell’identità di genere, si concretizza nell’applicazione di regole diverse a situazioni comparabili nonché nell’applicazione di regole identiche in situazioni differenti.

La discriminazione che riguarda l’ambiente di lavoro può essere diretta: questo accade quando, sulla base del suo orientamento sessuale e/o della sua identità di genere, una persona è trattata meno favorevolmente rispetto a un’altra in una situazione simile; oppure indiretta, nel caso in cui una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri mettano in posizione di particolare svantaggio i lavoratori e le lavoratrici Lgbtiq per la sola ragione del loro orientamento sessuale e/o della loro identità di genere.

La nozione di orientamento sessuale riguarda le relazioni affettive e ha come oggetto l’insieme di emozioni poste alla base di un rapporto sentimentale nonché l’attrazione fisico-sessuale nei confronti di un’altra persona.

L’idea di identità di genere, invece, valorizza la fluidità delle appartenenze e si riferisce, in particolare, alla percezione che ciascuna persona ha di sé come uomo e/o donna, che può o meno avere corrispondenza con il sesso attribuito alla nascita.

Un esempio paradigmatico di discriminazione diretta sul lavoro in ragione dell’orientamento sessuale è costituito dalla condotta dell’avvocato Carlo Taormina, sulla quale ha recentemente statuito la Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 23 aprile scorso. Nel corso di un’intervista in un programma radiofonico, l’ex parlamentare aveva dichiarato di non intendere procedere all’assunzione di persone omosessuali nel proprio studio legale poiché «turberebbe l’ambiente, sarebbe una situazione di grande difficoltà», annunciando, dunque, politiche discriminatorie nella selezione del personale in ragione dell’orientamento sessuale dei potenziali candidati.

L’associazione Rete Lenford-Avvocatura per i diritti Lgbti ha agito in giudizio per l’accertamento della violazione, in tale episodio, della disciplina antidiscriminatoria relativa alle condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro. Il Tribunale di Bergamo ha accolto il ricorso dell’associazione e la sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Brescia: entrambi i giudici hanno stabilito che le affermazioni dell’avvocato Taormina, per la loro natura, per il loro contenuto e per il contesto in cui sono state rese, non possono in alcun modo costituire manifestazione del principio di libera espressione del pensiero. La libertà di espressione non è, cioè, incondizionata e assoluta: il suo esercizio deve essere bilanciato con altri diritti e altre libertà di pari rango quali il diritto alla dignità umana, all’identità personale (e, segnatamente, all’identità sessuale), all’uguaglianza e alla libertà personale (in particolare nelle sue declinazioni di libertà morale e sessuale).

La Cassazione, a cui il soccombente è ricorso, ha sospeso il procedimento, ritenendo pregiudiziale (e quindi necessaria per la definizione del giudizio) l’interpretazione del diritto dell’Unione europea da parte della Corte di giustizia.

Due erano i nodi problematici dal punto di vista del diritto antidiscriminatorio; essi, invece, sono stati superati dalla Corte di giustizia.

In primo luogo, non essendo individuabile in questa vicenda una persona determinata che fosse stata discriminata, si trattava di capire se Rete Lenford-Avvocatura per i diritti Lgbti, in quanto associazione di avvocate e avvocati volta alla promozione della cultura Lgbtiq, potesse considerarsi ente rappresentativo di interessi collettivi, e quindi essere legittimata ad agire in giudizio per la tutela dei predetti interessi.

Inoltre, in secondo luogo, la Corte di giustizia è stata chiamata a pronunciarsi sulla effettività della discriminazione: si può ritenere violata la direttiva in materia di parità di trattamento in ambito lavorativo
, anche quando, come all’epoca delle dichiarazioni rese dall’avvocato Taormina, non si faccia riferimento a una procedura di assunzione concretamente esistente e in essere in quel momento?

La Corte di giustizia ha risposto in senso affermativo a entrambe le questioni giuridiche, affermando la legittimazione ad agire in giudizio di Rete Lenford e stabilendo che le dichiarazioni omofobe relative alla selezione dei dipendenti costituiscono una discriminazione in materia di occupazione e di lavoro se rese da chi esercita, o può essere percepito come capace di esercitare, un’influenza determinante sulla politica di assunzioni di un datore di lavoro, poiché hanno l’effetto implicito di inibire future candidature delle persone omosessuali.

Il caso Taormina ci mostra come anche quando le discriminazioni in ambito lavorativo non hanno risvolti drammatici sulle vittime, o le vittime non siano addirittura neanche identificabili, questi fenomeni hanno forti ripercussioni sulla vita delle persone. Il lavoro, infatti, non rappresenta soltanto il principale strumento attraverso il quale si ricavano le risorse necessarie per vivere, ma è anche espressione della propria personalità, identità e delle proprie competenze nonché mezzo di costruzione di relazioni sociali.

fonte:  Francesca Romana Guarnieri www.agoravox.it

mercoledì 13 maggio 2020

Lgbt: La strategia vincente del Diversity & Inclusion, nel lavoro come nella vita quotidiana

Le persone trans* vivono in un Paese che dopo la legge del 1982 le ha completamente abbandonate, disinteressandosi delle discriminazioni multiple che affrontano ogni giorno, nel mondo dello sport, in quello scolastico ed universitario, nell’accesso al diritto costituzionale alla salute, nei vari ostacoli di burocrazia legati alla rettifica dei documenti e all’iter stesso della transizione.

Tenendo a mente che diritti sociali e civili non possono viaggiare divisi ma esistono in un rapporto continuo e necessariamente intrecciato, una delle situazioni in cui maggiormente possiamo toccare con mano il grado di discriminazione che attanaglia le persone trans è quella del lavoro.

La comunità LGBTQI+, insieme alle donne e alle persone disabili, rappresenta già di per sé una categoria fortemente penalizzata nel mondo del lavoro, come abbiamo già analizzato in maniera generale nel nostro speciale monografico del 1 Maggio nel pezzo “Lavoro, discriminazioni e nuovi orizzonti dopo l’emergenza”. All’interno della stessa comunità, le persone trans e intersex vivono una situazione ancora più svantaggiata che porta ad una vera e propria marginalizzazione sociale dovuta, spesso, anche ad una mancanza di sostegno familiare che comporta un abbandono non solo sociale, in assenza di adeguate politiche pubbliche, ma anche familiare ed affettivo.

Difatti, secondo l’indagine di Arcigay ‘Io Sono Io Lavoro’, “il 13% delle persone LGBTQI+ intervistate ha visto respingere la propria candidatura ad un posto di lavoro in ragione del proprio orientamento sessuale, valore che sale al 45% per le persone transessuali”.  Questo comporta un numero altissimo di persone che decidono di non dichiarare il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere sul posto di lavoro ma determina, allo stesso modo, una grande barriera che respinge già a monte l’ingresso nel mercato di lavoro sulla base di stereotipi e pregiudizi.

La principale causa di discriminazione per le persone trans risiede nella cultura diffusa e radicata nell’immaginario collettivo basata sul binarismo di genere e, quindi, sull’identità cisessuale fissata come regola esclusiva per “valutare” e “verificare” l’aderenza alle aspettative di genere. Tutto questo diventa ancora più accentuato se si considerano, come si diceva in precedenza, i tempi particolarmente lunghi per l’ottenimento dei documenti rettificati secondo l’identità di genere elettiva della persona trans. In questo modo la persona resta in un limbo che determina criticità evidenti per il pieno sviluppo personale ma anche professionale.

Eppure la diversità, in ogni aspetto della nostra vita, nelle relazioni umane come sui luoghi dedicati alla formazione o sul lavoro, rappresenta un elemento di innovazione e di arricchimento. Proprio per questo, anche di fronte ai numeri delle discriminazioni che si registrano, il tema delle strategie di Diversity & Inclusion (diversità e inclusione) è sempre più oggetto di un crescente interesse da parte delle organizzazioni del lavoro e delle grandi imprese.

Ma cosa si intende realmente per Diversity & Inclusion? 
Continua a leggere l'articolo cliccando  QUI
fonte: by     www.queermagazine.it

domenica 26 giugno 2016

Lgbt: Questionario "RILEVAMENTO DATI STUDIO/LAVORO PER PERSONE TRANS E GENDER VARIANT"

MOTIVAZIONI
Le persone trans/transgender sono spesso bersaglio di discriminazioni sociali che limitano e talora impediscono l’accesso al mercato del lavoro e la fruibilità di percorsi scolastici e accademici. Può accadere che queste persone sia in ambito scolastico/universitario che lavorativo non rivelino la propria condizione per timore delle ripercussioni sul loro inserimento e sulla convivenza con le altre persone.

Anche per questa ragione i dati relativi alle persone T*/GV non sono individuati e sono di solito contemplati nelle statistiche complessive della popolazione lgbt (come ad esempio le indagini Istat) senza entrare nel merito della loro specificità.

Si evidenzia in tal senso la mancanza di dati certi sulle attività svolte dalle persone T*/GV per ciò che concerne i percorsi di studio, i titoli acquisiti, l’accesso e l’inserimento lavorativo.

Per poter cominciare a mappare la realtà quotidiana della comunità trans/transgender come SAT PINK proponiamo un questionario che consenta di raccogliere i dati relativi proprio a ciò che la persona T* / GV svolge in ambito extrafamiliare.

Questo consentirà sia di verificare la distribuzione nei vari ambienti sociali, sia di indicare la propria visibilità o invisibilità in questi settori, oltre che contribuire a conoscere la effettività della condizione T* / GV in termini di inclusione o esclusione discriminatoria.

Abbiamo pensato a due questionari uno rivolto alla nostra utenza di servizio SAT PINK di Verona e Padova e uno generale rivolto a tutte le persone T*/ GV che lo vorranno compilare e rispedire a noi.

I dati verranno poi elaborati, resi pubblici e usati per futuri progetti rivolti alle persone T* / GV e alla loro condizione STUDIO/LAVORO.


CLICCA QUESTO LINK TROVERAI TUTTE LE INFO E IL QUESTIONARIO
fonte: www.satpink.it

sabato 21 febbraio 2015

Lgbt Napoli: “DiverCity”, i primi risultati in un convegno a Palazzo San Giacomo martedì 24

Si svolgerà martedì 24 febbraio a Palazzo San Giacomo a Napoli il Convegno “Napoli DiverCity: una rete per imparare a riconoscere le differenze.

Le pari opportunità delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali”
in cui saranno presentati i primi risultati di Napoli DiverCity con testimonianze degli operatori e dei cittadini che hanno fruito dei numerosi servizi del progetto: più di mille e trecento tra docenti, studenti ed operatori pubblici formati contro le discriminazioni, più di cento accessi allo sportello che ha trattato casi i più vari, più di sessanta operatori impegnati tra professionisti, docenti, personale qualificato e numerosi volontari.

Nel corso del convegno saranno illustrati il protocollo d’intesa tra il Comune di Napoli e la Human Rights Commission della Città di San Francisco e quello con il Comune di Torino, sede della segreteria della rete READY (Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere) per favorire le azioni per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

Saranno presenti insieme al sindaco Luigi de Magistris e a rappresentanti delle istituzioni, del mondo accademico e della società civile, il presidente della regione Campania Stefano Caldoro, il rettore dell’Università Federico II Gaetano Manfredi, il direttore dell’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) Marco De Giorgi.

“Un evento importante - afferma Simona Marino, delegata alle Pari Opportunità del Comune di Napoli - che manifesta ancora una volta l’impegno significativo di questa amministrazione per l’affermazione di diritti negati e per l’attenzione ad individuare buone prassi per prevenire ogni forma di violenza e educare al rispetto e alla dignità di ciascuno/a”

“Napoli DiverCity è stato realizzato grazie alla preziosa esperienza di rete tra istituzioni ed enti sul territorio - dichiara Paolo Valerio, direttore del Centro Sinapsi, ente capofila della ATI che ha realizzato il progetto - il progetto ha contribuito a portare informazione sulle questioni relative all’orientamento sessuale ed all’identità di genere in ampie fasce della popolazione in cui è solo l’ignoranza a creare pregiudizi e discriminazioni”

Appuntamento dalle ore 9.00 in Sala Giunta. Palazzo San Giacomo si trova in piazza Municipio a Napoli.

fonte http://www.napoligaypress.it/?p=8316

martedì 17 giugno 2014

Il Presidente Obama: basta discriminazioni verso lavoratori LGBT

Il Presidente degli Usa ha dichiarato di voler porre fine una volta per tutte alle discriminazioni sul luogo di lavoro
Il Presidente degli Usa, Barack Obama, in un comunicato della Casa Bianca e attraverso le pagine ufficiali del Partito Democratico Americano, ha dichiarato di voler porre fine una volta per tutte ad ogni tipo di atteggiamento denigratorio e offensivo nei confronti degli impiegati LGBT.
Ogni forma di discriminazione sarà d’ora in poi duramente punita, con punizioni inasprite per i datori di lavoro che dovessero comportarsi diversamente con un loro impiegato a causa delle sue tendenze sessuali.
fonte http://www.blogdiattualita.it/Roberto Accurso

sabato 23 marzo 2013

Lgbt Cgil Asti: basta discriminazioni sessuali, si combatte per gay lesbiche e trans


Rispetto dei diritti per tutti, lesbiche, gay, bisessuali, transessuali.

Il neo costituito ufficio della Cgil apre i battenti ad Asti e si chiama
“Nuovi diritti”, quelli dei lavoratori di qualsiasi orientamento sessuale personale.


Obiettivo dell’ufficio è sostenere l’autonomia e la laicità delle istituzioni, i diritti individuali e la libertà delle persone contro ogni forma di discriminazione in ambito lavorativo.

Assistenza, quindi alle persone in tema di questioni legali, analisi delle leggi vigenti, regolamenti nazionali ed europei, tutto quanto possa servire ed essere utile al lavoratore per far valere i propri diritti e vedere rispettata la propria individualità contro ostracismo, mobbing e atteggiameni di disparità.

Inoltre il nuovo ufficio ha anche proposto a Fabrizio Brignolo, sindaco di Asti, la tenuta in Comune di un registro delle unioni civili e, al momento la risposta, non solo è stata favorevole ma ha aperto la possibilità di ulteriori progetti e iniziative per fronteggiare le discriminazioni sessuali nell’astigiano.
fonte http://www.quotidianopiemontese.it

sabato 12 gennaio 2013

Le imprese francesi si impegnano nei confronti dei lavoratori LGBT

In foto i dirigenti delle nove aziende insieme alle autorità francesi presenti alla firma della Carta

Lunedì 7 gennaio, nove grandi imprese francesi hanno dato il via ad un’interessante iniziativa. I dirigenti delle aziende hanno firmato una Carta d’impegno LGBT presso il Ministero dei diritti delle donne; alla cerimonia erano presenti la ministra Najat Vallaud-Belkacem insieme al ministro del Lavoro Michel Sapin e il Difensore dei Diritti Dominique Baudis.

Il testo della Carta è rivolto a combattere ufficialmente le discriminazione a sfondo omofobico e quindi all’inclusione LGBT nel lavoro.(clicca per ingrandire)

L’iniziativa è stata organizzata dall’associazione L’Autre cercle (Federazione Nazionale di omosessuali contro le discriminazioni).

Già alla base della lotta contro le discriminazione omofobiche si pone un programma di azioni interministeriali adottato lo scorso 31 ottobre e coordinato dalla ministra Vallaud-Belkacem.

Al fine di dare più legittimità e serietà alla firma della Carta, al Ministero si sono recati i dirigenti stessi di Accenture, Alcatel-Lucent, Agence régionale de la santé Île-de-France, groupe Casino, Eau de Paris, IBM France, Orange, Randstadt e Veolia eau.

L’Autre cercle ha inoltre dichiarato che “questa firma è il preludio di una campagna d’incitazione presso organizzazioni pubbliche e private su tutto il territorio [francese]”.

Cosa prevede il testo? Secondo i quindici punti redatti le imprese firmatarie si impegnano ad “assicurarae un clima di lavoro inclusivo per le persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali”, garantire eguali diritto di trattamento indipendentemente dall’orientamento sessuale, sostenere i lavoratori discriminati in ambito lavorativo e adottare pratiche per far evolvere positivamente il clima professionale generale.

Un’iniziativa “che va a beneficio delle imprese” sostiene Armelle Carminati, direttrice generale della diversità di Accenture Monde.

Ora l’associazione francese L’Autre cercle inizierà una campagna in tutte le 13 regioni in cui è operativa per estendere la firma alle imprese di tutta la Francia.
Fonte:http://ilreferendum.it di Leonardo Sartori, via Tetu.com

lunedì 29 ottobre 2012

Lgbt: Svezia Paese delle pari opportunità? Non sempre. E parte il “lesbian power”

Anche nel Paese scandinavo, da sempre all'avanguardia, discriminare le persone lgbt è illegale sul posto di lavoro.

"Ma fare coming out non è una libertà priva di conseguenze" spiega Robin Spiegel, che ha dato il via al movimento per mettere anche un "punto di vista lesbico" al centro del dibattito in vista delle elezioni del 2014

Sull’onda del celebre motto “girl power” – reso famoso negli anni Novanta grazie alle performance “speziate” delle Spice Girls – dalla Svezia arriva “lesbian power” (lesbisk makt, in svedese), un progetto che intende dar voce ai pensieri e alle storie delle girls che amano altre girls.

Robin Spiegel – giovane svedese – è il cuore pulsante del progetto, nato in un momento di profonda crisi.

Dopo un viaggio con la sua compagna – tra California, Australia e Nuova Zelanda – Robin ha affrontato domande con cui ognuno di noi, prima o poi, si trova a fare i conti: cosa fare nella propria vita? Come gestire la propria relazione di coppia? Sposarsi? Avere figli? In cerca delle risposte, Robin ha percepito la mancanza di un punto di riferimento, una sorta di “guru lesbico” con cui confrontarsi e scambiare punti di vista, problematiche, aspettative e speranze per il futuro.

Anche in Svezia – nonostante sia un Paese all’avanguardia sul fronte delle pari opportunità – è sempre il “modo di pensare maschile” a predominare, racconta Robin.
Le donne sono presenti in Parlamento (45,3%) e nel mercato del lavoro in percentuali maggiori rispetto al resto d’Europa, ma il divario salariale (gender pay gap pari al 17,1%, dati Eurostat) tra lavoratrici e lavoratori svedesi è ancora una realtà.
Il principio di eguaglianza quindi non sempre trova spazio nella vita quotidiana, neanche in questo eldorado nordico, dove ad imporsi non è solo una mentalità maschile, ma anche eterosessuale.

In Svezia persone dello stesso sesso possono sposarsi e adottare figli – un passo in avanti rispetto a molti altri paesi – ma quello che è consentito dalla legge non sempre viene accettato nella vita di tutti i giorni.
“Discriminare le persone lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) è illegale sul posto di lavoro – ricorda Robin – ma fare coming out non è ancora una libertà priva di conseguenze, soprattutto in famiglia e nelle scuole”.

Nelle settimane scorse non sono mancati i commenti discriminatori di un rappresentante del partito di destra (Sverigedemokraterna) – al governo dal 2010 – nei confronti degli omosessuali all’interno del partito.
Un gesto che ha mobilitato la Federazione svedese per i diritti delle persone lesbiche, gay, bisex e transgender, fondata nel 1950.

Neanche la Svezia, insomma, esente da quel sistema socio-politico che Judith Butler ha definito più volte come “eteronormativo”, ossia un sistema in cui è l’eterosessualità la norma che regola le relazioni e i rapporti inter-personali.
I limiti di un sistema di questo tipo sappiamo bene quali sono.
Basta aprire un giornale o un social network per capire come la libertà di esprimere la propria sessualità sia un lusso, soprattutto laddove diritti fondamentali come il riconoscimento delle unioni di fatto, l’adozione, l’accesso alle tecniche di riproduzione assistita, la libertà d’espressione mancano.

L’Unione europea sta cercando di tutelare al meglio i diritti delle persone lgbt, come testimonia la direttiva adottata il 12 settembre scorso dal Parlamento europeo per garantire uguali diritti alle vittime di reati, comprese le discriminazioni sessuali.

Ma la mano europea – a differenza della mano invisibile di Adams – ha bisogno di quella volontà collettiva che può nascere solo dalla società civile.
Il progetto di Robin ne è un esempio lampante.
In vista delle prossime elezioni svedesi – che si terranno nel 2014 – Robin sta organizzando conferenze e workshop in tutto il paese all’insegna del “lesbian power”, come racconta nel video realizzato insieme a Lina Lea Zimmerman.
L’obiettivo è offrire un “punto di vista lesbico” creando un network tra le varie comunità lgbt svedesi.

“I diritti delle persone lgbt non possono rimanere sulla carta, serve un nuovo modo di pensare che sia veramente aperto ed uguale per tutti, anche per chi non è eterosessuale”.

Robin sta cercando di farlo partendo dalla Svezia, puntando sul dialogo e sul confronto, affinché l’eterosseualità non sia più la norma.
fonte http://www.ilfattoquotidiano.it di Viola De Sando

mercoledì 8 agosto 2012

Lgbt: "Io trans, in guerra per un lavoro"

Per le persone che cambiano sesso un colloquio è una battaglia persa in partenza. Tenersi l'impiego di origine è una micro tortura quotidiana.

E spesso la prostituzione diventa l'unico sbocco. Viaggio tra l'ennesima dicriminazione di genere

Nella complicata vita dei transessuali, cambiare sesso è solo il primo passo. Poi comincia la parte difficile, quella in cui fare i conti con la vita vera.

Tra le cose più complicate c'è quella di cercare, o mantenere se già lo si ha, un lavoro, considerando che il cambio di sesso coinvolge, per la stragrande maggioranza, persone che non hanno né vogliono avere niente a che fare con il mondo della prostituzione. Anzi.


Lo dimostrano, se ce ne fosse bisogno, i dati diffusi dal Servizio di adeguamento tra identità fisica e identità psichica del San Camillo di Roma, che rivelano come dei mille interventi che si sono tenuti nella capitale dal '92 a oggi solo il 16,2% riguardasse persone legate al mondo della prostituzione.

Per tutti gli altri, cioè l'84%, non resta che giocare, ad armi assai poco pari, la partita del lavoro, fatta di curricula, colloqui e, quasi sempre, rifiuti.

I problemi sono radicalmente diversi a seconda che si tratti di tenersi stretto un lavoro che già si ha o di cercarsene uno nuovo.

"La tutela del lavoro dei transessuali – dice Maria Grazia Tognollo dello sportello nuovi diriti della Cgil - arriva dal caro vecchio articolo 18 che dal 2003 ha inserito tra le ragioni considerate inammissibili per il licenziamento anche tutto quello che ha a che fare con la sfera del sesso e dell'orientamento sessuale".

La norma, però, spesso rimane lettera morta, soprattutto in quella zona di confine che riguarda i transessuali. "Se i gay e le lesbiche sono discriminati, i trans lo sono ancora di più- confermano da Arcigay-.

Nel 2011 abbiamo pubblicato una ricerca, "Io sono io lavoro", dalla quale emergeva che il 19% del campione LGBT intervistato aveva subito trattamenti a vario titolo ingiusti, e di questi gran parte erano trans".

Matteo, che una volta era una donna, per esempio, racconta una storia di discriminazione e testardaggine al termine della quale è riuscito a mantenere il suo posto da dirigente in una multinazionale nel nord est, nonostante una lunga guerra di nervi: "Nessuno sarà mai tanto stupido da fare apertamente mobbing o da non trovare una scusa plausibile per mascherare il fatto che ti stiano discriminando. La strada, se vogliono, la trovano. Bisogna resistere. Io ero in una posizione dirigenziale quando ho iniziato la transizione e, contemporaneamente, una carriera al contrario, in ruoli di sempre minore rilievo, con un progressivo demansionamento Ma non ho mollato mai. Era una guerra di posizione. L'ho vinta io".

Anche Alessandra, nata Alessandro, è riuscita a tenersi stretto il suo lavoro in banca e anche a fare carriera: "Non è stato tutto facile, anzi. Il mio cambio non fu subito bene accetto, ma a parte qualche perplessità personale e un percorso farraginoso e non ancora completamente risolto per quel che riguarda gli aspetti più pratici della transizione come badge, biglietti da visita e assegnazione del bagno, il mio lavoro non ne ha risentito. Certo, dalla mia parte c'era il fatto che non solo ero ampiamente laureata e masterizzata, ma anche che sono sempre stata sindacalista, e tra le più toste".

Ma non a tutti va cosi.
C'è anche chi lascia e abbandona il campo, stremato dalle continue, silenti angherie. Come Daniela: "Quando ero uomo ero sposato e avevo due figli, facevo l'operaio turnista. Poi ho cominciato il mio percorso e sono cominciati i guai. Non ci sono stati esempi eclatanti di vessazione, ma di sottile isolamento, di micro tortura quotidana, di continua messa in difficoltà. Così a un certo punto non ce l'ho fatta più e me ne sono andata. Ora sono disoccupata e tiro vanti come meglio posso".

Nonostante la presenza di aziende poi che, per policy, hanno grande sensibilità nei confronti di chi è, in vario modo, 'diverso' come quelle che aderiscono all'associazione Parks (tra i cui soci fondatori compaiono Ikea, Johnson & Johnson e City Group) e altre che aderiscono al forum Diversitàlavoro che mette in comunicazione soggetti legati a categorie tradizionalmente discriminate e aziende, le difficoltà per chi un lavoro non ce lo ha e deve cercarselo ex novo, sono significative.
fonte http://espresso.repubblica.it di Luciana Grosso

venerdì 22 giugno 2012

LGBT: MILANO, GAY CRESCONO LE DISCRIMINAZIONI SUL LAVORO

Mori (Arci Gay):
"Riceviamo sempre piu' segnalazioni al nostro centralino, pochi pero' denunciano".

Domani parte ''Mix'', festival cinematografico del mondo Lgbt. Mercoledi' 27 manifestazione in piazza Scala per chiedere una legge che riconosca le unioni

(RED.SOC.) MILANO - Gay, lesbiche e trans discriminati sul lavoro. Secondo Marco Mori, presidente dell'Arcigay di Milano, negli ultimi anni sono aumentate le segnalazioni di episodi di omofobia in ufficio e nelle fabbriche.

"Esistono ancora le aggressioni in strada - sottolinea - pero' ci capita sempre piu' spesso di ricevere chiamate di chi viene insultato o discriminato sul lavoro. In pochi pero' denunciano".

L'arcigay di Milano ha un servizio di assistenza, il "telefono amico" (02 - 541.222.27), aperto dalle 20 alle 23 e gestito da volontari.

"Riceviamo circa cinque chiamate a sera" spiega il presidente.

I casi di discriminazione sul lavoro vengono poi dirottati allo sportello per i diritti delle persone omosessuali e transessuali della Cgil.

Da venerdi' 22 a giovedi' 28 giugno si terra' "Mix Milano", l'evento cinematografico su diritti e cultura omosessuale. Sei giorni di proiezioni, letture, dibattiti e musica dentro e fuori dal teatro Strehler, con il patrocinio del Comune.

Domenica 24, alle 15.30, si discutera' dei risultati di una ricerca europea sul modo in cui i sistemi educativi affrontano l'omofobia e le discriminazioni sessuali. "E' emerso - spiega Mori - come nel Nord Europa esistano dei programmi scolastici specifici per affrontare queste tematiche.

Al contrario al Sud, come in Italia e Spagna, spesso gli insegnanti non hanno gli strumenti per reagire agli episodi di omofobia. O perche' hanno paura di scontrarsi con le famiglie o perche' non hanno nessuna formazione sull'argomento".

Un'altra questione al centro del dibattito del mondo Lgbt e' la legge per il matrimonio omosessuale. Giovedi' 27 associazioni e privati si incontreranno alle 17 in piazza della Scala a Milano per chiedere il riconoscimento di queste unioni. Ad organizzare l'evento, che probabilmente verra' patrocinato dal Comune, e' il giornalista Paolo Hutter.

"Vogliamo tornare nello stesso posto dove nel giugno del 1992 lanciammo il movimento per il riconoscimento legale delle coppie dello stesso sesso - afferma Hutter, che allora era consigliere comunale -.

Sono passati 20 anni e non e' cambiato nulla". Durante la serata si alterneranno interventi e testimonianze e verranno distribuiti dei sacchetti pieni di riso, da aprire quando verra' emanata la legge.

L'Arcigay di Milano ha chiesto al Comune di dare un riconoscimento a Gianni Delle Foglie e Ivan Dragoni, che nel 1992 furono la coppia promotrice e trainante dell'iniziativa.

"Sono scomparsi senza che questo Paese abbia legiferato riconoscendo il loro amore", conclude Mori. (Ludovica Scaletti)
Fonte: (www.redattoresociale.it) via http://www.digayproject.org/