martedì 17 maggio 2011

Lgbt: Ikea cancella Pisa. Una lezione da ricordare


C’è una lezione da tenere a mente, soprattutto quando si parla di scarsi investimenti stranieri in Italia: quella di Ikea, che ha cancellato da un giorno all’altro il progetto di un punto vendita a Vecchiano, in provincia di Pisa.

Il motivo? «L’eccessiva dilazione dei tempi di decisione da parte delle autorità locali»: il progetto, 70 milioni di euro e 350 posti di lavoro, era stato presentato sei anni fa.

Ed ora non è più competitivo rispetto ad altre localizzazioni, visto che il gruppo non vorrebbe rinunciare all’ipotesi di aprire un secondo punto nella regione. Tuttavia per quella piccola fetta di territorio si tratta di un’occasione ormai perduta. Anche se vien da pensare che gli scandinavi, in verità, se potessero, scapperebbero subito non dalla Toscana, ma dall’Italia.

C’è da capirli: hanno perso la pazienza negli ultimi mesi. Non solo a causa della nostra burocrazia, ma anche per colpa dei politici, che spessono ficcano il naso in un settore, il mercato, quando proprio non dovrebbero farlo.

Come ha fatto poche settimane fa il sottosegretario alla famiglia Carlo Giovanardi (PdL), che si è scagliato pubblicamente contro la pubblicità dell’Ikea che ritraeva una coppia di uomini («Siamo aperti a tutte le famiglie» era lo slogan scelto).

Per non parlare del siparietto inscenato dal governatore siciliano Raffaele Lombardo a fine gennaio: prima ha dichiarato in un’intervista che gli svedesi approdavano nell’isola solo per farsi, letterale, «i loro porci comodi» (in verità, secondo i bene informati, voleva imporre loro di assumere 130 ex operai di uno stabilimento di Catania, che attendevano una ricollocazione promessa dalla politica, ma mai arrivata); e poi, dopo aver convocato il responsabile di Ikea Italia, ha pensato bene di non riceverlo, lasciandolo per un’ora e mezza in un’anticamera a Palazzo d’Orleans.

Episodi, insomma, che la dicono lunga sul perché nel nostro Paese il valore complessivo degli investimenti stranieri non arrivi al 20% del Pil, quando nella zona euro supera invece il 41%.
fonte http://blog.panorama.it, di massimo morici

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