martedì 2 agosto 2022

Serie TV > Queer as Folk, la recensione: essere LGBTQIA+ oggi

La nostra recensione del nuovo Queer as Folk, il reboot del 2022 che re-immagina la vita di un gruppo eterogeneo di amici nella New Orleans di oggi, tra identità di genere, ricerca di se stessi e una tragedia comune da affrontare, dal 31 luglio su STARZPLAY con appuntamento settimanale.

Era con un misto di curiosità e apprensione che ci apprestavamo alla visione e poi alla recensione del nuovo Queer as Folk, dal 31 luglio su STARZPLAY con appuntamento settimanale: una re-immaginazione di ciò che fece successo e scalpore con la serie originale britannica di Russell T. Davies per Channel 4 prima e con il remake statunitense poi, durato cinque stagioni su Showtime.

Sei l'LGBT al mio QIA+

Viviamo in un momento storico in cui si sta cercando di acquisire sempre più consapevolezza - e soprattutto farla acquisire agli altri - sul mondo queer e soprattutto sulle tante sigle che animano la parola LGBTQIA+, che va ad indicare tutte le sfumature e identificazioni per le persone nella sfera sessuale e sentimentale. Serviva quindi una serie che potesse rispecchiare tutto ciò e, se in Italia sembra che proveremo a farlo con Prisma in arrivo su Prime Video, oltreoceano possiamo dire che Stephen Dunn ci sia riuscito con questo nuovo Queer As Folk, almeno dai primi episodi visti. Anche perché una delle critiche mosse alla serie statunitense era stata proprio il non esplorare a fondo la sfera, mostrando quasi solamente omosessuali bianchi e benestanti, con una visione riduttiva di lesbiche e trans. Questo reboot tenta di ispirarsi alla storia originale (sarà possibile trovare rimandi e riferimenti qui e là) ma re-immaginando il tutto nella società contemporanea. 

Ambientata a New Orleans, perfetta location colorata e dal vivacissimo battito notturno per le vite dei personaggi che va a raccontare la storia, Queer as Folk 2022 si concentra sull'incontro tra il giovanissimo Mingus (Fin Argus, The Gifted), che vorrebbe tanto diventare una drag queen, e il complicato Brodie (Devin Way, Grey's Anatomy), tornato in città dopo aver mollato medicina scontrandosi con un mondo cambiato mentre lui non c'era. Il suo ex storico, Noah (Johnny Sibilly, Hacks), un giovane e complessato avvocato nero, pare essersi rifatto una vita, così come l'amico Daddius (Chris Renfro, Reno 911!), mentre la migliore amica trans Ruthie (Jesse James Keitel, Big Sky) insegna inglese e sta per avere due gemelli insieme alla compagna Shar (CG), che porta in grembo i figli avuti grazie allo sperma donato proprio da Brodie.  

A completare il quadro ci sono l'apparentemente timido fratello di Brodie, Julian, affetto da lieve paralisi celebrale (Ryan O'Connell, già adorato in Special e che anche qui ha contribuito con la sceneggiatura di alcuni episodi oltre che con la recitazione) e Marvin (Eric Graise, Step Up: High Water), giovane gay nero che vuole rendere la vita notturna cittadina più accessibile alle persone con disabilità, dato che lui per primo deve muoversi su una carrozzina. Non mancano le guest star tra gli adulti, come i genitori di Brodie e Julian, interpretati da una sempre spumeggiante Kim Cattrall e un granitico Ed Begley Jr. e una mamma spirito libero come quella di Mingus, che supporta in tutto e per tutto il percorso del figlio, col volto di Juliette Lewis (di recente tornata alla ribalta con Yellowjackets).

Trauma queens

Una novità sostanziale apportata alla trama di questo reboot, sempre nell'ottica di riscriverlo in chiave attuale rispetto all'originale e al primo remake, è che nel pilot accade una tragedia che colpirà tutti i personaggi e che dovranno affrontare negli episodi successivi. Non si parla solo di identità di genere e di scoperta di se stessi, ma anche di disturbo da stress post-traumatico, di crimini d'odio e ovviamente di omofobia. Non c'è più solo il triangolo Mingus-Brodie-Noah ma anche qualcos'altro ad arricchire la narrazione e a tenere alta l'attenzione degli spettatori, che potrebbero aprire la mente sul mondo queer vedendo lo show. Gli ambienti sono altrettanto importanti per raccontare i protagonisti: non solo la New Orleans che si respira in ogni inquadratura, coi suoi colori e la sua musica, ma anche il Babylon, il locale della serie originale qui riproposto anche come palco per le drag queen. La musica è un altro elemento fondamentale del serial, in cui i brani scelti accuratamente raccontano coi propri versi ciò che stiamo vedendo davanti ai nostri occhi e ci guidano nei pensieri e nelle sensazioni dei personaggi. Proprio come nella serie originale, le scene esplicite non sono mai gratuite ma volte a spiegare un determinato sviluppo legato a un personaggio, o a presentarlo, o a far semplicemente vedere un mondo che esiste a tutti gli effetti, proprio come quello etero. Deal with it.

Conclusioni

È stato fatto un lavoro attento e rispettoso di ricostruzione e attualizzazione, come abbiamo cercato di spiegare nella nostra recensione del nuovo Queer as Folk, almeno dai primi episodi visti. Si è tentato di riempire i buchi della sfera sessuale e sentimentale queer che non erano stati coperti nella serie originale, mostrando un variegato ed eterogeneo gruppo di personaggi determinati a trovare se stessi nella società contemporanea, in una New Orleans perfetto specchio delle vite coloratissime eppure nerissime che vive ognuno di loro.

fonte:  RECENSIONE di   https://movieplayer.it

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