lunedì 29 ottobre 2012

Lgbt: Scoprirsi omosessuali essendo sposati e con figli. C’è Rete Genitori Rainbow, intervista al fiorentino Fabrizio Paoletti

Intervista al fiorentino Fabrizio Paoletti, tra i fondatori di Rete Genitori Rainbow, associazione che fornisce supporto ai genitori omosessuali e transessuali con figli avuti da precedenti relazioni etero.

Com’è nata e di cosa si occupa Rete Genitori Rainbow?
L’associazione nasce dall’iniziativa di alcuni genitori che, come me, hanno avuto l’esperienza di avere figli all’interno di un matrimonio eterosessuale. Spesso all’epoca del matrimonio non erano consapevoli del proprio orientamento. Altre volte invece possono averne una certa consapevolezza, ma la rifiutano.
La nostra associazione fornisce supporto psicologico e legale a tutti i genitori
che si trovano ad affrontare questa particolare fase della propria vita.

Quali sono le problematiche principali che affrontate?
I genitori che si scoprono omosessuali o che, sapendolo già da tempo, decidono di iniziare a vivere apertamente la propria omosessualità si trovano a convivere con un’identità nuova, in una situazione di forte stress emotivo che spesso non sanno come gestire.
Nella maggior parte dei casi devono superare la paura di perdere la custodia dei figli, di essere condannati dalla famiglia di origine, di subire ricatti morali o materiali da parte dell’ex-partner o mobbing sul posto di lavoro.
La preoccupazione più grande è in assoluto quella di poter nuocere, direttamente o indirettamente, ai figli.
Le normali problematiche di una separazione vengono moltiplicate dall’omonegatività (insieme di sentimenti negativi nei confronti delle persone omosessuali, ndr), presente in forma più o meno (in)consapevole sia nel genitore che nella società.

Qual è la tua esperienza di padre che, ad un certo punto, si scopre omosessuale?
Quando mi sono separato mia figlia aveva 3 anni. All’inizio io e la mia ex-partner siamo stati molto prudenti nel comunicarle il mio orientamento.
Quando la bambina passava il weekend con me vedeva la presenza del mio compagno, insieme a noi. Ma non le avevo spiegato di chi si trattasse e quindi la viveva come un’intrusione.

Dopo qualche tempo ha capito da sola che si trattava del mio partner e mi ha chiesto conferma. Da quel momento, poiché lui aveva un ruolo preciso, tutto è diventato più semplice. Mia figlia sapeva che avevamo una relazione, che con lui ero felice e quindi viveva questo nuovo assetto familiare con tranquillità. Con il tempo, ad esempio, è stata lei stessa a raccontare di me ai suoi amici più stretti e alle persone per lei importanti.

Nella tua esperienza, come reagiscono i figli al coming out del genitore?
Secondo le stime più recenti in Italia ci sono almeno 100.000 bambini con genitori omosessuali. Nella nostra esperienza abbiamo visto che i bambini non giudicano il genitore in base al suo orientamento sessuale. Lo giudicano in base all’affetto, alla presenza, al supporto che ne ricevono.

Come numerosi studi scientifici affermano, la capacità genitoriale non varia in base all’orientamento sessuale. Durante la pubertà, la necessità di identificarsi in maniera forte con il proprio genere può causare più frequentemente conflitti con il genitore omosessuale o transessuale.
La maggior parte dei problemi proviene tuttavia dalla società, la cui omonegatività si traduce talvolta in emarginazione, atti di bullismo, esclusione nei confronti di bambini con genitori omosessuali.

Ricordo di una ragazzina che disse al proprio padre “Papà, ho capito che sei gay e mi va bene, ma per favore non farlo sapere in giro”. Nella maggioranza dei casi ho tuttavia constatato che i bambini reagiscono bene.

Quali sono invece le reazioni degli ex-partner?

La separazione non è mai un momento facile, in nessun caso. Sul nostro sito ci sono alcune testimonianze di ex- mogli e mariti che, superato il dolore iniziale, hanno deciso di accompagnare comunque l’ex partner nel suo nuovo percorso di vita, impostando un rapporto amichevole e costruttivo.

Anche per i figli, questa è senz’altro la situazione migliore. In altri casi invece le reazioni sono state fortemente negative: accanimento legale, reazioni violente e qualche tentato suicidio. In contesti culturalmente meno “aperti” o fortemente religiosi le esperienze si sono rivelate tipicamente più difficili.

Quali sono i principali servizi offerti dalla Rete Genitori Rainbow?
Ogni lunedì sera dalle 21:30 alle 23:30 è attiva una help line che risponde al numero 06-991.96.976. Chiunque può chiamare e chiedere supporto ai nostri volontari. Sul nostro sito è attivo anche un forum dove gli utenti possono condividere le proprie esperienze o chiedere consigli.

Sia l’help line che il forum sono aperti a tutti, gratuiti e garantiscono l’anonimato dell’utente. Forniamo inoltre consulenza legale appoggiandoci alla Rete Lenford, la rete di avvocatura LGBT italiana, e consulenza psicologica avvalendoci di professionisti presenti su tutto il territorio nazionale. Non appena le dimensioni dell’associazione cresceranno, avvieremo anche dei gruppi di auto-aiuto.

Sono più i padri o le madri che si rivolgono a voi?
Fra i nostri soci c’è una sostanziale parità tra uomini (45%) e donne (55%). Il forum è già frequentato da circa 150 iscritti. L’età media si aggira tra i 35 e i 45 anni.

Come giudichi il rapporto dell’amministrazione comunale e dei fiorentini con la popolazione LGBT?
Domanda difficile. Io mi sono “scoperto” omosessuale tardi, nel 2007, e ho iniziato a fare attivismo in un’associazione nazionale (Famiglie Arcobaleno). Ho quindi un’esperienza indiretta della realtà locale fiorentina, vissuta soprattutto tramite altre associazioni (Ireos, Azione Gay e Lesbica).

Credo tuttavia che la cultura delle diversità a Firenze sia una cultura presente, che si è evoluta negli anni ad opera di singoli virtuosi ed associazioni, ad esempio in passato ci sono state persone come Daniela Lastri, Assessore alla Pubblica Istruzione con delega alle Pari Opportunità, che si sono spese molto per i diritti LGBT.

In realtà ci sono ancora molti, troppi, che non vivono apertamente la propria omosessualità, che non si dichiarano in ufficio con i colleghi, per paura delle eventuali conseguenze sociali e lavorative di un coming-out. Ci sono i nostri figli che vanno a scuola e hanno disagio nel comunicare l’omosessualità dei propri genitori.

Credo che il principale campo di intervento dovrebbe essere quello della formazione, della lotta all’omofobia e al bullismo omofobico. Trasmettere il valore delle diversità, della non stereotipizzazione dei generi. A Firenze questo avviene al momento per lo più grazie ad associazioni come IREOS, che organizza progetti nelle scuole e gruppi di auto-aiuto.

Per maggiori informazioni potete visitare il sito ufficiale di Rete Genitori Rainbow:
http://www.genitorirainbow.it/

fonte http://www.teladoiofirenze.it/Scritto da Eleonora Zucconi

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