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venerdì 26 agosto 2022

Biennale del Cinema di Venezia: ‘Le Favolose’ di Roberta Torre alle Notti veneziane e poi in sala

Il 1° settembre, film d'apertura di notti veneziane alle Giornate degli Autori e in sala il 5-6-7 settembre con Europictures

Sarà il film d’apertura alle Giornate degli Autori nelle Notti Veneziane il film di Roberta Torre Le Favolose.

Le Favolose apre le Notti Veneziane

Succede spesso che in morte le persone transessuali vengano private della loro identità. Sette amiche trans si ritrovano per rievocare la loro amica Antonia, sepolta dalla famiglia vestita da uomo. 

Questa la trama di Le Favolose, il nuovo film di Roberta Torre. Tra realtà e finzione, la storia trans italiana come non era mai stata raccontata sul grande schermo.

 

Le parole di Roberta Torre

Questo è quanto ha dichiarato la regista Roberta Torre a proposito del suo film:

"Antonia rappresenta tutte le persone trans che hanno perso la battaglia del riconoscimento della propria identità nel momento della loro morte. Questo film è un contributo alla ricerca della libertà, un inno a chi fa della propria vita un percorso libero, con forza coraggio lacrime, gioia, nonostante tutto."

Le Favolose - Trailer Ufficiale >> QUI

Altre informazioni

Una produzione Stemal Entertainment, Faber Produzioni con Rai Cinema, prodotto da Donatella PalermoLe Favolose apre il 1° settembre la sezione realizzata dalle Giornate degli Autori in accordo con Isola Edipo, e sarà in sala il 5-6-7 settembre con Europictures.

Roberta Torre presenta con Porpora Marcasciano il suo ultimo progetto cinematografico >> Video QUI

fonte: Scritto da   www.taxidrivers.it

domenica 27 marzo 2022

Firenze: Il film "Porpora" di Roberto Cannavò, al Cinema La Compagnia, sabato 2 aprile alle 18.30

Al cinema La Compagnia di Firenze in Via Cavour 50, il film "Porpora" sabato 2 aprile alle 18.30

La Compagnia: Un progetto promosso da Regione Toscana; uno spazio nel cuore di Firenze realizzato e gestito da Fondazione Sistema Toscana per tutti gli appassionati di documentari, sperimentazione e cultura dell'audiovisivo in tutte le sue forme.

Evento di La Compagnia, IREOS comunità queer autogestita e Florence Queer Festival

Un viaggio on the road nell’avventura umana di Porpora Marcasciano, transessuale che ha vissuto da protagonista i movimenti femministi, comunisti e trans dagli anni Settanta ad oggi. Né uomo né donna, la sua identità è in transizione perenne.
 
Le battaglie del ’77, le folli notti romane e l’impegno politico. In un road trip la leader del movimento trans Porpora Marcasciano rivive la sua formazione politica e umana insieme a Vittorio, un testimone di una nuova generazione. Il viaggio verso il paese natale del sud è una ricerca per scoprire gli effetti di quella stagione sul presente, fra racconti intimi e incontri con figure storiche del movimento trans e con la comunità dei “femminielli” di Napoli. Evento in collaborazione con Florence Queer Festival e Associazione IREOS all'interno del cartellone di LGBT+ History Month Italia.

Porpora | Trailer ufficiale > QUI

www.cinemalacompagnia.it 

Spettacolo unico 

SABATO 2 APRILE, ORE 18.30

Intervengono: Porpora Marcasciano (protagonista), Vittorio Martone (autore e produttore). Barbara Caponi (Presidente IREOS e co-direttrice FQF), Bruno Casini (co-direttore FQF).
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REGIA: Roberto Cannavò
ANNO: 2021
PAESE: Italia
DURATA: 62 minuti
LINGUA: v. originale in italiano

INGRESSO: 6€ intero/ 5€ ridotto/ 3€ tesserati IREOS  

Trova Biglietti QUI

Sito Web: http://www.humareels.com/porpora/
Ambientazione: Napoli / Bologna
"Porpora" è stato sostenuto da:
ARCI Bologna, Atn - Associazione Trans Napoli, Cassero lgbtq center,
Circolo Mario Mieli, Comune di Napoli, Dedalus Mit - Movimento Identita' Trans,
Onig - Osservatorio Nazionale sull'Identita' di Genere, Regione Emilia Romagna,
Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Fondazione Carisbo, UISP - Emilia Romagna

fonte: www.cinemalacompagnia.it evento Facebook

domenica 23 gennaio 2022

Documentari: Nel mio nome ci parla dell’autodeterminazione di genere

Il documentario di Nicolò Bassetti, selezionato dalla Berlinale 2022 in Panorama, segue quattro amici che hanno intrapreso la transizione da identità femminile a maschile

Nic, Leo, Andrea e Raff sono un gruppo di amici molto unito. Vengono da tutta Italia e si sono trovati e conosciuti a Bologna. Hanno intrapreso in momenti diversi la transizione di genere da identità femminile a maschile. Giorno dopo giorno affrontano con coraggio le tante difficoltà che un mondo rigidamente binario frappone al loro bisogno e diritto di essere ciò che sono. 

 Nel mio nome, documentario dell’italiano Nicolò Bassetti, è stato selezionato dalla Berlinale 2022 in Panorama Dokumente.

I protagonisti sono Leonardo Arpino, Raffaele Baldo, Andrea Ragno, Nicolò Sproccati. Quattro amici, ognuno con la propria solitaria passione salvifica: Nic esplora luoghi urbani in transizione, dove si sente al sicuro; Leo lavora a un podcast sulla relazione e il rapporto di ognuno tra identità adolescente e identità matura; Andrea scrive racconti; Raff costruisce la sua bicicletta. Condividono un piccolo grande sogno: fare una vacanza insieme, anche se solo per qualche giorno. Un’idea che rinvigorisce la loro complicità e che finalmente diventa realtà.

Paesaggista, autore del libro da cui era stato tratto Sacro GRA [+] di Gianfranco Rosi, Leone d’Oro a Venezia 2013, Nicolò Bassetti aveva già firmato un documentario nel 2018, Magnifiche sorti.

Nel mio nome è prodotto da Nuovi Paesaggi Urbani, con il sostegno di Emilia-Romagna Film Commission.

fonte:  di 

martedì 23 novembre 2021

Cinema > Eddie Redmayne su The Danish Girl: “Accettare quel ruolo è stato un errore”

L'attore che nel 2016 ottenne la candidatura all’Oscar per la sua interpretazione della pittrice transgender Lili Elbe (una delle prime persone al mondo a subire un intervento per diventare donna biologicamente), oggi si dice pentito di quella scelta. “Non toccava a me. Nel cinema ci vuole più uguaglianza”, ha affermato a The Times l’interprete 39enne, ora d’accordo con chi al tempo contestò il fatto che non fosse stata scritturata un’attrice trans per il ruolo

Eddie Redmayne ha dichiarato che accettare il ruolo nel film The Danish Girl è stato un errore.

Nel 2015 l’attore (che aveva vinto l’anno prima il premio Oscar al miglior attore interpretando Stephen Hawking ne La teoria del tutto, film uscito nel 2014) ha accettato la parte da protagonista di The Danish Girl, la pellicola diretta da Tom Hooper che adatta il romanzo La danese (The Danish Girl), scritto nel 2000 da David Ebershoff e liberamente ispirato alle vite delle pittrici danesi Lili Elbe e Gerda Wegener.

Redmayne si è calato nei panni di Lili Elbe, nata Einar Wegener, una delle prime persone al mondo a subire un intervento per diventare donna biologicamente. Si tratta infatti della seconda persona a essere identificata come transessuale e a essersi sottoposta a un intervento chirurgico di riassegnazione sessuale.
Nata biologicamente uomo, con il nome di Einar Mogens Andreas Wegener, è stata la seconda persona, seguendo la primissima donna transgender: Dora Richter. Lili Elbe si sottopose all’iter di transizione di genere nel lontano 1930, recandosi in Germania (lei era danese, come lo stesso titolo di romanzo e film ben illustra) per sottoporsi all'intervento chirurgico di riassegnazione sessuale, all'epoca ancora sperimentale. Andò incontro a cinque operazioni chirurgiche.

Redmayne pentito: “Non toccava a me”

“Non toccava a me”, afferma oggi l’attore 39enne in occasione di un’intervista rilasciata al magazine The Times. “Nel cinema ci vuole più uguaglianza”.

Benché quella parte gli fece ottenere una candidatura gli Oscar nel 2016, ora concorda con le tante voci critiche che all’epoca avevano contestato la scelta di non scegliere un'attrice transgender.

“Ho interpretato quel ruolo con le migliori intenzioni, ma accettarlo fu un errore. Il grande dibattito sul casting che si è aperto è legato al fatto che realmente ancora oggi troppe persone sono escluse dalle decisioni, ci dovrebbe essere più uguaglianza in questo senso, altrimenti continueremo a discutere sempre di questi argomenti”, ha spiegato l’attore britannico.

La scelta di Redmayne contestata anche dalla co-protagonista, Alicia Wikander

La scelta di casting che ha decretato Redmayne nella parte di Lili Elbe è stata già ampiamente criticata perfino dalla co-protagonista dell'attore, Alicia Wikander. L'attrice - che ha vinto la statuetta gli Academy Awards per la sua interpretazione di Garda, la moglie di Einar Wegener (nome con cui Lili Elbe nacque all’anagrafe) - alcuni mesi fa ha rilasciato dichiarazioni a Insider in cui afferma di essere d'accordo con chi contestava la scelta di un uomo nei panni di un personaggio di donna transgender.

“C’è bisogno di un cambiamento. Bisogna fare in modo che uomini e donne transgender riescano a trovare spazio nel settore. E il cambiamento sarà completo solo quando attori trans interpreteranno personaggi cisgender”, queste le parole di Alicia Wikander sull’argomento.

Un tema che dovrebbe essere trattato come il blackface

Oggi una nuova sensibilità sta facendo intravedere la proverbiale luce in fondo al tunnel: sta sorgendo un'alba che rischiara finalmente l'oscurità su alcuni temi che nel 2021, quasi 2022, sembra assurdo esser qui a dibattere ancora.

Negli ultimi mesi il politically correct ha incominciato a farsi sentire a gran voce, spingendo le produzioni cinematografiche e televisive a limitare il cosiddetto “blackface”, benché sia scorretto parlarne in questi termini.

In senso stretto, infatti, questa parola rimanda allo stile di trucco teatrale, diffuso nel XIX secolo, che consiste nel truccarsi in modo non realistico per assumere le sembianze stilizzate e stereotipate di una persona nera.

Oggi “blackface” viene più che altro usato in senso lato, per riferirsi ai casi in cui attori e doppiatori si ritrovano a dover interpretare persone di diversa etnia rispetto a quella cui appartengono, marcando in maniera esagerata, stereotipata e denigrante tratti considerati luoghi comuni, stereotipi offensivi. Intendiamo riferirci con questo termine a qualsiasi caso di stereotipizzazione di genere, a livello razzista, religioso o sessuale che sia.  

Oggi le produzioni del piccolo e del grande schermo incominciano a tener conto della questione, optando per scelte di casting che siano fedeli alla provenienza geografica, all’appartenenza etnica e religiosa del personaggio in questione.

Due esempi arrivano da I Simpson, che alcuni mesi fa hanno annunciato un cambiamento epocale ingaggiando nuovi doppiatori per due personaggi storici ricorrenti, ossia Apu e il dottor Julius Hibbert. Questi ultimi sono affidati oggi a doppiatori della medesima etnia (Apu è indiano e il Dr. Hibbert afroamericano).

Recentemente anche l'interpretazione di personaggi con orientamento sessuale e identità sessuale diversa da quella eterosessuale viene assegnata preferibilmente ad attori caratterizzati dallo stesso orientamento e dalla medesima identità. Tra i prodotti televisivi più attenti a far combaciare interprete e ruolo in maniera rispettosa per quanto riguarda l'identità sessuale possiamo citare Grey’s Anatomy.

Basta ruoli LGBTQ+ affidati ad attori che non appartengono alla comunità LGBTQ+

Il pubblico chiede ormai a gran voce di non scritturare più attori eterosessuali per ruoli LGBTQ+. Non si tratta solamente di politically correct ma anche di buon cinema e buona televisione, di buona arte in generale: solo chi fa davvero parte di questa comunità saprà interpretarla al meglio, senza stereotipizzazioni e caricature. Affidare parti LGBTQ+ a interpreti non LGBTQ+ è da bandire poiché non rispetta i diritti delle persone, non omaggia la diversità e l’inclusività, si basa su una forma di stereotipizzazzione (che ormai è da bandire sempre, trattandosi di qualcosa di altamente dannoso, come ormai avremmo dovuto capire da decenni).

Personaggi LGBTQ+ affidati ad attori che appartengono alla comunità: il caso Grey's Anatomy

Grey's Anatomy è indubbiamente uno degli show più inclusivi e rispettosi della diversità.
Nel medical drama ideato da Shonda Rhimes è stato annunciato alla fine di ottobre 2021 l’arrivo del primo medico della serie dichiaratamente non-binary.

A interpretare il personaggio del dr. Kai Bartley è E.R. Fightmaster, attore, produttore e scrittore statunitense non binario anche nella vita reale. Era già apparso nella serie “Shrill”, su Hulu. Si tratta dell’ennesima riprova di come questo show punti sull'inclusività: da anni Grey's Anatomy contempla nel cast interpreti e personaggi che fanno parte comunità LGBTQ+.

L'arrivo di un medico dichiaratamente non-binary è una svolta importante per il mondo delle serie, della televisione, dello spettacolo in generale e per il mondo.
Da anni la serie si conferma come altamente inclusiva, accogliendo persone appartenenti alla comunità LGBTQ+, sia come guest star occasionali sia come membri del cast fisso. Oltre a contemplare tra gli interpreti persone che appartengono alla comunità LGBTQ+, chiaramente Grey's Anatomy abbraccia anche personaggi che fanno parte della stessa comunità, affidando ad attori LGBTQ+ ruoli LGBTQ+.

Ci sono state Callie Torres e la sua fidanzata Arizona Robbins. La prima era il primario di ortopedia, dichiaratamente bisessuale, mentre la seconda era il chirurgo pediatrico dichiaratamente omosessuale, rispettivamente interpretate da Sara Ramírez e Jessica Capshaw. Quest'ultima è una interprete eterosessuale che si è calata nella parte di un personaggio gay, cosa che ultimamente non è ben vista.

La tendenza è quella di fare interpretare personaggi LGBTQ+ da persone facenti parte realmente di quella comunità, per evitare deprecabili stereotipizzazioni.
 
Invece Sara Ramírez, che ha interpretato Callie Torres, è lei stessa dichiaratamente bisessuale dall'ottobre 2016. Nel 2020 ha fatto coming out come genderqueer e ha affermato di adottare il pronome femminile e il pronome neutro "they singolare”.


Ricordiamo anche il dott. Levi Schmit, il primo personaggio gay maschile fisso della serie, a cui spetta il principale ruolo di appartenente alla comunità LGBTQ+ dopo i ruoli uscenti di Callie Torres e Arizona Robbins, uscite di scena rispettivamente nella stagione 12 e nella 14.

Il dott. Levi Schmit è interpretato da Jake Borelli, attore che ha dichiarato di essere omosessuale pubblicamente sul suo profilo ufficiale di Instagram nel novembre 2018. E, cosa da non sottovalutare, è che il suo annuncio sui social network è arrivato pochi istanti dopo la messa in onda del sesto episodio della quindicesima stagione di Grey's Anatomy's, quello in cui il suo personaggio fa esattamente lo stesso coming out.

Questa cosa è meravigliosa e, tra le tante soddisfazioni che in diciotto stagioni ha avuto la sceneggiatrice e produttrice Shonda Rhimes (diventata una celeb mondiale proprio grazie a Grey's Anatomy's), probabilmente anche pensare di aver aiutato Jake Borelli nel proprio percorso è una gratificazione enorme.



C'è stato anche il dottor Casey Parker, uno dei sei specializzandi della quattordicesima stagione che è stato il primo dottore transgender del medical drama. Arrivato nello show nel 2018, questo personaggio è interpretato da Alex Blue Davis, attore e musicista transgender che già aveva recitato nelle serie televisive NCIS e Two Broke Girls.

fonte: Camilla Sernagiotto https://tg24.sky.it

sabato 5 settembre 2020

Red Shoes, il figlio del boss: la storia di Daniela Lourdes Falanga arriva al Festival di Venezia

Antinoo Arcigay Napoli è felice di annunciare che, domenica 6 settembre, dalle ore 14, presso l’Hotel Excelsior del Lido di Venezia, Italian Pavillon (Sala Tropicana), nell’ambito della 77esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, sarà presentata l’anteprima del film “Red Shoes - il figlio del Boss” biopic sulla vita di Daniela Lourdes Falanga, presidente di Antinoo Arcigay Napoli e donna transessuale figlia di un boss oggi condannato all’ergastolo che ha dovuto affrontare un percorso irto di ostacoli e pregiudizi per arrivare ad essere quello che è oggi: un simbolo di inclusione, di orgoglio e di rivendicazione di diritti e dignità.


Il documentario, girato in estate tra Napoli, Pompei, Castellammare di Stabia e Torre Annunziata, è stato realizzato dalla regista Isabella Weiss con l’autrice Raffaella Anastasio, entrambe presenti alla première veneziana, e si avvale delle musiche originali di Marco Zurzolo, musicista e compositore napoletano di fama internazionale. 

 
Daniela Lourdes Falanga, prima donna transessuale a ricoprire la carica di presidente di una delle Associazioni LGBT più longeve di Italia, ha dichiarato: Il momento più sensibile di questo straordinario documentario è stato quando la regista mi ha chiesto cosa fosse la vita per Raffaele.
E a quella domanda non ho saputo che rispondere la verità: era la morte, l’amica che poteva liberarmi dal dolore di non essere me stessa. A quel punto ho pianto e hanno dovuto interrompere le riprese.”


Uno staff incredibile quello di CameraWork, con regia di Isabella Weiss, la sceneggiatura di Alessandra Anastasio e l’infinito Gianni Mammolotti, candidato al David di Donatello per Malarazza - continua la Falanga - Sono stati giorni in cui siamo passati dall’ottenimento della legge regionale contro l’omolesbobitransfobia, in cui chiaramente mi rivedo insieme ai miei compagni di attivismo, alla narrazione di un’esistenza convulsa e ai margini, poi rielaborata con determinazione per il bene comune.

 
Un racconto difficile da credere, troppo doloroso, ma anche la grande vittoria del bene comune, della libertà, delle relazioni, delle attività della mia associazione Antinoo.
Forse in un documentario potrà essere chiaro come un bambino possa ricongiungersi alla madre, a sé stesso, armai adulta e rinata.

fonte:  www.arcigaynapoli.org