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lunedì 8 gennaio 2024

Dpcm: lavoratori spettacolo in piazza, vogliamo un reddito

Presidio lavoratori dello spettacolo piazza scala - RIPRODUZIONE RISERVATA
In piazza a Milano concerto muto per crisi spettacolo 

Lavoratori dello spettacolo in piazza da Nord a Sud in Italia contro il Dpcm.

Un concerto muto in piazza Scala a Milano per testimoniare la crisi in cui versa il mondo dello spettacolo dopo le chiusure decise dal governo per contenere i contagi da Coronavirus.

A dirigerlo, nell'ambito della manifestazione di protesta promossa dai lavoratori del mondo dello spettacolo e dai sindacati confederali, è stato il pianista e direttore d'orchestra Enrico Intra. 

I musicisti hanno solo fatto il gesto di suonare i loro strumenti, i cantanti hanno aperto la bocca per essere afoni in questa occasione e così il silenzio ha accompagnato l'esibizione che è stata spezzata sul finale solo dal ritmare degli applausi dei manifestanti. 

"Noi siamo produttori di suoni, immagini e rappresentazioni ma oggi simuleremo il silenzio che è parte integrante della musica, un momento di attesa dove il pubblico pensa 'adesso cosa succederà'? - ha premesso Intra prima di dirigere il concerto muto -. Dirigere il silenzio oggi è importante non solo per la musica ,ma anche per i rapporti con le persone e per questa piazza che protesta in modo civile e viva la musica". Alla protesta in piazza hanno partecipato anche i cantanti de La bohème che sarebbe dovuta andare in scena alla Scala dal 4 novembre ma che è stata sospesa a causa dell'epidemia. "Noi siamo per non chiudere il teatro che è un luogo sicuro - ha detto Simone Piazzola, baritono - chi si è ammalato lo ha fatto fuori dal teatro. Dovevamo fare la Boheme ma è saltata, un lavoro da otto mesi è saltato. Vogliamo poter lavorare e, se la situazione non lo permette, come artisti chiediamo di essere tutelati in modo consono, non come stanno facendo ora. Tutti devono avere un sostegno economico e il governo da quando c'è il virus con noi è stato presente zero".

"Se chiudi teatri, cinema, circhi, ci dovete pagare. Serve un reddito garantito per i lavorati dello spettacolo che non lavorano più per via della pandemia e dei Docm". È il grido di dolore che arriva da piazza Castello, a Torino, dove un migliaio di persone si sono ritrovate per la manifestazione regionale unitaria sindacale Cgil-Cisl-Uil Spettacolo. "Abbiamo diritto al rispetto dei nostri contratti - dicono - una definizione degli orari di lavoro e il rispetto delle norme di sicurezza". Molti i lavoratori dei Luna Park e dei circhi. "Il Luna Park è un'impresa, pretendiamo un aiuto", sostengono i rappresentanti dell'Associazione Nazionale Esercenti Spettacoli Viaggianti. "Il Luna Park non deve morire, siamo fermi senza aiuto". "Vorremmo tornare a fare il nostro lavoro - sostiene Caterina Pignasco, rappresentante dei lavorati del Teatro Regio - non chiediamo nulla di più. Rispettiamo tutte le regole eppure veniamo nuovamente fermati".

C'è chi ha portato in piazza il tutù, chi le scarpette da danza. Flash mob in piazza De Ferrari a Genova dove i lavoratori dello spettacolo, circa un centinaio, aderenti al coordinamento "Emergenza Spettacolo Liguria", assieme ai rappresentanti di Assodanza Italia, hanno dato vita a una "passeggiata" attorno alla fontana per denunciare la situazione difficile che stanno vivendo dopo l'ultimo Dpcm che chiude i teatri. Tutto il mondo dello spettacolo, dagli attori ai musicisti, dagli insegnanti ai tecnici, si è praticamente paralizzato. "Noi anche in tempi normali siamo abbandonati - spiega Massimo Olcese, che era in tournée quando è scattato il blocco agli spettacoli - ma adesso la situazione è più complessa perché non abbiamo nessun aiuto economico. Servono soldi per aiutare persone che non lavorano anche perché le poche riserve che avevamo erano già finite con la prima chiusura". Un disagio fortissimo per i teatri. "Noi siamo aziende e se chiudiamo per il bene comune - spiega il direttore di Teatri Possibili, Sergio Maifredi - allora servono indennizzi proporzionati al fatturato delle nostre aziende".

Spettacolo davanti alla Prefettura di Cagliari. Perché la piazza e le manifestazioni sono l'unico palco possibile in tempi di emergenza Covid. Anche la Sardegna ha aderito ad "Assenza spettacolare", l'iniziativa nazionale promossa da Cgil, Cisl e Uil per accendere i riflettori sul mondo degli artisti bloccati a casa dall'ultimo Dpcm del Governo. Circa cinquecento persone si sono presentate all'appuntamento in rappresentanza di teatri, cinema, scuole di danza, circhi, animatori è tanto altro. "Siamo necessari, non siamo un peso", hanno urlato al microfono. Poi via alla performance con tamburi, trampolieri e passi di danza, tutti con una tuta bianca. Un pensiero anche a a Genova, unica città delle dieci coinvolte che non è riuscita a scendere in piazza a causa di una ordinanza. Parafrasando Paolo Conte molti hanno mostrato un cartello con la scritta "Genova con noi". In Sardegna il popolo dello spettacolo supera le cinquemila unità. "Siamo stanchi di elemosina - questa la denuncia - di lavorare gratis, stanchi di essere l'anello più debole. Chiediamo risorse certe".

Anche a Bari i lavoratori del mondo della cultura e dello spettacolo scendono in piazza per manifestare contro la crisi del settore messo ulteriormente in ginocchio dagli ultimi provvedimenti anti-Covid del Governo. Un sit-in pacifico in piazza della Libertà davanti al palazzo della Prefettura di Bari, al quale hanno aderito alcune centinaia di manifestanti, attori, ballerini, musicisti, lavoratori del settore dello spettacolo viaggiante e dei luna park, è stato organizzato da Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom.

"Emergenza senza fine": è lo striscione che apre il corteo "funebre" dei lavoratori dello spettacolo che oggi in piazza a Napoli protestano chiedendo supporto per il settore. In piazza del Gesù, centro storico della città, i lavoratori dello spettacolo di sono dati appuntamento per celebrare "la morte del nostro lavoro": sono attori di cinema e teatro, gli artisti del circo, costumisti. Un uomo con il megafono passa tra i manifestanti invitando a mantenere le distanze per evitare assembramenti. "Prima delle rose vogliamo il pane", recita un altro striscione portato in piazza. Sui volti, molti hanno dipinto la lacrima di Pierrot, un gruppo di attrici è travestito da vedova "di un mondo che è morto". Il "corteo funebre", con la banda che suona una marcia triste, fa il girotondo intorno all'obelisco della piazza.

fonte: Redazione ANSA  www.ansa.it  RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati

martedì 3 novembre 2020

A Roma stanno per morire due teatri. Chiudono Salone Margherita e Teatro dell'Angelo

"Roma sta per perdere due teatri. Chiudono il Salone Margherita e il Teatro dell’Angelo, punti di riferimento della cultura in città." Nella foto: il Salone Margherita

Roma a breve dovrà fare a meno di due dei suoi teatri: stanno infatti per chiudere i battenti il Salone Margherita e il Teatro dell’Angelo. Il primo, lo storico teatro di via Due Macelli, aperto nel 1898 e reso celebre dai famosissimi spettacoli di varietà e di cabaret (soprattutto quelli della compagnia del Bagaglino) che vi si sono sempre tenuti, ha fatto calare definitivamente il sipario lo scorso 30 settembre, a causa della crisi del coronavirus e delle pressioni della Banca d’Italia, proprietà dello stabile, che da tempo faceva pressioni sulla società Cinema teatrale Marino & C., fondata nel 1920 e da sempre concessionaria della gestione delle attività teatrali: la Banca vorrebbe infatti vendere l’immobile.

“Non è davvero più possibile continuare in questo contesto”, ha dichiarato all’Ansa il titolare della società, Nevio Schiavone. “Alla continua pressione da parte dell’Istituto di via Nazionale che da 2 anni preme per riavere il teatro allo scopo di venderlo e quindi non ci ha concesso il rinnovo del contratto d’affitto, si è aggiunta la tragedia della pandemia. Lasciamo consapevoli ed orgogliosi di aver dato nuova linfa vitale in questi ultimi otto anni al Salone e nella consapevolezza che comunque Bankitalia manuterrà il teatro come un gioiello e lo farà vivere concedendolo alle produzioni con contratti transitori, in attesa di un acquirente che non si è ancora mai palesato pur se in vendita da oltre 10 anni. Anzi ci candidiamo sin da subito per poter continuare ad offrire ogni anno al nostro pubblico gli spettacoli ideati scritti e diretti dal maestro Pier Francesco Pingitore”. Il regista, dal suo canto, afferma che “il solo pensare che il Margherita possa non riaprire i battenti mi sembra inconcepibile. Sarebbe un’offesa grave alla cultura, allo spettacolo, alla sensibilità degli spettatori. Un’istituzione come la Banca d’Italia non può, e certamente non vorrà, chiudere in faccia al pubblico le porte di un luogo così caro ed amato, incastonato con il suo splendore architettonico e decorativo nel corpo vivo di Roma”.

Diversi gli appelli per non far morire il Salone Margherita, a cominciare da quello lanciato dalla soubrette Valeria Marini: “Non lasciate morire il Salone Margherita”, ha dichiarato, “un gioiello liberty, unico in Europa, il teatro che ha ospitato spettacoli seguiti da milioni di persone. Un’icona, un luogo di culto. Deve continuare a esistere. Grazie al ministro Franceschini il Salone Margherita potrà continuare ad essere utilizzato solo per spettacoli teatrali e non potrà avere nessun altra ’destinazione d’uso’. Spero che la Banca d’Italia, l’attuale proprietaria, si metta una mano sul cuore, per trovare insieme, lo ripeto, il modo di riaprire il Bagaglino”. Alla showgirl si aggiunge anche il comico Fabrizio Maturani, alias Martufello, che si dichiara “certo che il Salone non potrà essere sottratto al pubblico romano, né vietato agli artisti che per tante stagioni lo hanno tenuto vivo. Faccia la Banca d’Italia quei lavori che certamente servono al decoro del Teatro. Ma poi lo gestisca consentendo che vi svolgano il proprio lavoro le compagnie teatrali, in primis la nostra. E imponendo all’eventuale compratore il mantenimento della destinazione d’uso teatrale del locale”.

Destino ancora più infausto quello del Teatro dell’Angelo, aperto nel 1995 (lo spettacolo inaugurale fu di Vittorio Gassmann) nel quartiere Prati, forte di un’apprezzata e partecipata stagione di prosa in grado di richiamare sempre grandi nomi, e di una scuola di teatro con corsi anche per bambini. Il Teatro è chiuso da mesi, e ci sono lavori in corso, ripresi dopo la fine del lockdown: dai cartelli installati sul cantiere pare che il teatro sia destinato a essere trasformato in un supermercato (la società proprietaria dello stabile, Menni srl, è titolare di diversi noti supermarket). Le attività sono cessate con la stagione 2017/2018: il teatro non era infatti più in grado di sostenere i costi dell’affitto. Era stata anche lanciata una petizione per evitare la chiusura del teatro.

Del caso si sta interessando il Codacons, che potrebbe dare il via a una battaglia per salvare il teatro. Anche se le possibilità sono molto ridotte.

fonte: di   www.finestresullarte.info