ph. Gianmarco Chieregato |
Trace Lysette ha 34 anni e tre stelle tatuate sul collo, una è più grande delle altre: "È mia mamma, le piccole siamo io e mia sorella" rivela, facendo una smorfia come per dire “sono romantica, lo so”. A questo punto cosa importa del passato, dove l’attrice non torna neanche tanto volentieri quando le chiedi se la storia di Monica assomiglia alla sua. La madre della protagonista, che lei interpreta per Andrea Pallaoro in un film sul perdono e sull’accettazione in concorso a Venezia 79, dice alla figlia transgender “Da adesso in poi non potrò più essere tua madre”, c’è un blackout di 20 anni tra loro. E quando si ritrovano, il tempo rimasto è poco.
Trace che è un’attrice e un’attivista transgender quasi si scusa: "Sono molto protettiva nei confronti della mia famiglia, ho deciso di non metterli in mezzo, voglio solo celebrare dove siamo ora e dire che li amo tantissimo. Cerco solo di stare qui, in questo posticino dove siamo arrivati, è bellissimo e ho una mamma fantastica".
Cosa significa per lei questo ruolo?
È il prodotto di tanto duro lavoro e del mio non essermi mai arresa, lo aspettavo da anni. Ho letto il copione in una notte, ho chiesto di poter fare un’audizione, sapevo che era una storia importante da raccontare, con un personaggio transgender al centro e non secondario come di solito succede. Opportunità come queste sono davvero rare, è un film raccontato attraverso gli occhi di Monica, io sono in ogni scena: questa è stata la sfida più grande.
Lei cambia così tanto da una scena all’altra, a seconda di quello che succede…
Abbiamo tutti tanti strati, siamo tante cose insieme, questa complessità è il nostro bello. E io mi identifico profondamente con Monica e con il suo viaggio.
Il momento peggiore del suo viaggio quale è stato?
Mio Dio, non so se riesco a tornare a quel periodo, ovviamente ho cercato di trovare un ponte tra me e il personaggio, in passato ho parlato della mia storia ma adesso vorrei andare oltre e tenere quei ricordi per me.
courtesy |
Che altre donne le piacerebbe raccontare?
Ci sono così tante storie di transgender che meriterebbero attenzione, mi vengono in mente quelle pazzesche di alcune artiste del Carousel, uno showbar di Parigi, oppure di Finocchio’s a San Francisco, un locale di cabaret, una specie di Moulin Rouge sempre con donne trans dove molte celebrity andavano e guardavano, spesso nascevano relazioni con alcune di loro, tutto molto nell’ombra perché non era una cosa socialmente accettabile. Soprattutto mi piacerebbe far conoscere la storia di Aleshia Brevard, un’attrice che lavorava lì. Ci siamo scritte lettere per anni prima che morisse, ha recitato in un paio di film negli anni ’60, ’70, poi è diventata un’insegnante di recitazione ma non aveva rivelato a tutti la sua storia… Sì, passerei volentieri alla regia ma prima devo seguire Andrea (Pallaoro) per un po’, ho ancora molto da imparare .
L’incontro con la madre, il loro riavvicinamento è raccontato, come è nello stile di Pallaoro, con grande delicatezza: come si è trovata con Patricia Clarkson?
Abbiamo legato subito, mi ricordava la mia vera madre per molti aspetti, mi sentivo a mio agio e poi è un’attrice fantastica, ci siamo anche divertite.
C’era spazio per l’improvvisazione?
Sì, ma tendenzialmente ci siamo fidate di Andrea e del copione. Ogni giorno discutevamo delle scene, di cosa avremmo potuto fare di diverso. Abbiamo lavorato davvero bene, trovato un nostro ritmo, è importante. E lui era molto curioso riguardo alla mia esperienza personale che nutriva il personaggio di Monica .
Un incidente di percorso? Una scena che avete rifatto più volte?
Quando mi si rompe la macchina di notte. Ho urlato così forte che ho rotto il microfono ma ce ne siamo accorti troppo tardi così ho dovuto registrare l’urlo e il pianto in studio in sync con la scena. Non è stato facile.
La mamma ha già visto il film?
Non ancora e non vedo l’ora di vederlo con lei.
fonte: Di
www.elle.com
Nessun commento:
Posta un commento