mercoledì 15 novembre 2017

Lgbt: Politiche di pari opportunità e stereotipi di genere nei media italiani e scandinavi. Di Marco Buemi


In una società consumistica la pubblicità ed il marketing contribuiscono a definire e formulare i sogni, i desideri, le idee e le motivazioni degli individui. Se vogliamo costruire una società in linea con gli interessi dei cittadini e dai forti valori sociali, è cruciale affrontare il tema della pubblicità e dei media sensibilizzando i cittadini su uno dei valori più importanti: l'uguaglianza di genere. (In foto a Stoccolma - Spazio riservato per immagini di donne nude e ritoccate)

Finché l'immagine delle donne e degli uomini rimarrà limitata a degli stereotipi, o a meri oggetti di desiderio, sarà impossibile raggiungere una concreta uguaglianza dei sessi.

 A tal fine, risulta utile chiedersi in che modo la pubblicità, le notizie, e i principali strumenti di comunicazione influenzano e incrementano il divario di genere e come sensibilizzare il pubblico ad una visione consapevole delle problematiche legate a tale questione. In questi giorni a Roma, al Macro di Testaccio, è stato organizzato dall'agenzia di comunicazione sociale "Sulle Ali" un Festival dedicato alle donne e alla violenza di genere  “Signori e Signore… ingresso libero dalla violenza”, quattro giorni dedicati a teatro, fotografia, arte, cinema, spettacoli, laboratori e convegni per sensibilizzare al grande problema sociale ma anche economico e sanitario della violenza sulle donne. I dati che emergono dall’ultimo rapporto Istat e presentati all’audizione del 27 settembre scorso alla Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere ci dicono che è del 31,5% la percentuale delle donne fra i 16 e i 70 anni che hanno subito violenza fisica e sessuale nella loro vita. Il 10,5% di queste hanno un’età compresa fra i 25 e i 34 anni, e 4 su 10 sono le donne che hanno subito vessazioni psicologiche a cui sono seguite le violenze. Una dei workshop più interessanti, alla quale ho avuto il piacere di partecipare, insieme ad altri giornalisti di radio, televisione e carta stampata, è stata quella in cui si è analizzato e discusso l’importante ruolo dei media nel trattare temi riguardanti la violenza sulle donne e di come essi possano influire nella creazione di una cultura sessista. A che punto sono arrivate in Europa e, soprattutto, in Italia le politiche tese ad arginare tale fenomeno, e come si possono porre limiti ad una stereotipazione latente che plasma e modella i sistemi cognitivi e valoriali della popolazione? Nella fattispecie, il mio intervento ha analizzato la diffusione di pubblicità sessiste in Italia e la differenza tra il nostro paese ed i paesi nordici, grazie al fatto di aver studiato e lavorato in Svezia per l'Ombudsman contro le discriminazioni.
Uno spunto di riflessione ce lo dà la recentissima pubblicazione del rapporto 2017 del World Economic Forum (WEC) sul Global Gender Gap che stabilisce una classifica dei paesi più virtuosi sulla parità di genere in quattro aree fondamentali: economia, politica, salute e formazione. Secondo il rapporto del WEC nel 2017, l'Italia perde ben 32 posizioni rispetto al  2016 dove si trovava al 50° posto, e 41 posizioni rispetto al 2015 dove si trovava al 41° posto, collocandosi nel 2017 all'82esimo posto su 144 paesi analizzati.
Global Gender Gap Report 2017 - Italy

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fonte: Marco Buemi per http://obiettivo-sostenibile.blogautore.espresso.repubblica.it/

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