Le organizzazioni nazionali ed internazionali, che investono nelle politiche di diversità ed inclusione nel mondo del lavoro, negli ultimi anni hanno fatto passi in avanti sia in termini di risorse investite che di incisività nell’attuazioni delle politiche elaborate. Il concetto di gestione delle differenze nasce negli Stati Uniti negli anni ‘60 e solo dagli anni ’90 in poi ha cominciato a diffondersi prima in Europa e poi successivamente anche in Italia.
Il Diversity Management può essere definito come "un approccio diversificato alla gestione delle risorse umane, finalizzato alla creazione di un ambiente di lavoro inclusivo, in grado di favorire l'espressione del potenziale individuale e di utilizzarlo come leva strategica per il raggiungimento degli obiettivi organizzativi" (Barabino, Jacobs e Maggio). Ma cosa significa questo in termini pratici per i cittadini, ma soprattutto per i lavoratori e per le organizzazioni pubbliche o private, e perché ormai è diventato indispensabile adottare politiche del lavoro inclusive?
Sin dagli anni ‘80, in seguito alla crescita dei flussi migratori, al processo di globalizzazione e all'internazionalizzazione dei mercati, i cittadini, i lavoratori e le aziende hanno dovuto relazionarsi con stakeholder e utenze eterogenei, e ciò ha comportato una variazione sostanziale nella composizione della forza lavoro. Le strutture stesse delle città in cui viviamo, ormai sempre più multiculturali, favoriscono la contiguità fra diverse appartenenze (territoriali, etniche, culturali e religiose) e diversi sistemi simbolici e valoriali.
Per questi motivi, oggi la sfida per le organizzazioni, pubbliche e private, è duplice: da un lato, è necessario che esse riconsiderino la vita lavorativa delle risorse impiegate al loro interno e i servizi offerti ai lavoratori; dall'altro è necessario adattare gli aspetti relazionali, sociali ed economici delle organizzazioni stesse in funzione di nuovi valori quali inclusione, creatività ed innovazione attraverso la creazione di nuove modalità di gestione delle risorse umane fondate sulle specificità dei singoli individui e la comprensione della differenza che contraddistingue le varie tipologie di soggetti attivi, in modo da dare avvio ad una modalità di gestione più partecipativa e inclusiva.
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fonte: Marco Buemi per http://obiettivo-sostenibile.blogautore.espresso.repubblica.it/
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