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domenica 19 novembre 2023

Dipendenza da cellulare, l'allarme di Save The Children: l’uso dello smartphone inizia già a 6 anni

Davanti a tv, pc e tablet fin dalla primissima infanzia. Adolescenti connessi per oltre 5 ore al giornoBambini e adolescenti iperconnessi, fin dalla più tenera, anzi tenerissima età. 

Nonostante le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) - accolte anche in Italia dalla Società Italiana di Pediatria (Sip) -di non utilizzare dispositivi digitali per i bambini di età inferiore ai 2 anni, secondo una recente indagine dell'Istituto Superiore di Sanità, in Italia il 22,1% dei bambini di 2-5 mesi passa del tempo davanti allo schermo (tv, pc, tablet o smartphone), per la maggior parte per meno di un'ora al giorno. 

I livelli di esposizione crescono con l'aumentare dell'età: se si considera il tempo di fruizione complessivo, che va da meno di un'ora a oltre tre ore, la percentuale di bambine che ha un'esposizione agli schermi tra gli 11 e i 15 mesi d'età in media arriva al 58,1%, quasi 3 su 5. Oltre 1 bambino su 6 tra undici e quindici mesi è esposto a schermi almeno un'ora al giorno, il 3% per tre ore e più al giorno. Questi alcuni dei dati della XIV edizione dell'Atlante dell'infanzia a rischio in Italia, dal titolo "Tempi digitali", diffusi da Save the Children. Tra i rischi dell'esposizione troppo precoce e prolungata, oltre al possibile impatto negativo sullo sviluppo cognitivo, linguistico e emotivo del bambino, nel lungo periodo c'è quello di favorire comportamenti sedentari e obesità infantile. Non solo degli schermi, c'è anche un alto utilizzo degli Bassistenti vocali: il 46% delle famiglie con almeno una figlia o un figlio entro gli 8 anni d'età è in possesso di un assistente vocale, tra questi 1 bambino su 3 interagisce con questi apparecchi in autonomia, nonostante non siano stati progettati per loro. 

Si abbassa l’età in cui si usa un cellulare

In Italia il 78,3% di bambini tra gli 11 e i 13 anni utilizza internet tutti i giorni e lo fa soprattutto attraverso lo smartphone. Si abbassa sempre di più l'età in cui si possiede o si utilizza uno smartphone, con un aumento significativo di bambini tra i 6 e i 10 anni che utilizzano il cellulare tutti i giorni dopo la pandemia: dal 18,4% al 30,2% tra il biennio 2018-19 e il 2021-22. 

Adolescenti e social: crescono Instagram, Tit tok, Snapchat e vieogiochi. In calo Fb 

Ragazze e ragazzi sfruttano la connessione per molteplici attività, a partire dalla messaggeria istantanea, utilizzata dal 93% dei 14-17enni. Tra le altre attività online preferite dagli adolescenti ci sono: guardare i video (84%, in crescita), frequentare i social media (79%) – con Facebook in drastico declino mentre avanzano Instagram, TikTok e Snapchat - e l'uso dei videogiochi (72,4%). 

Se le ragazze frequentano con più costanza e intensità i social media (84% contro il 74% dei maschi), il gaming impegna di più i ragazzi (81% contro il 64% delle ragazze) anche se le videogiocatrici sono in crescita. 

Tra gli adolescenti cresce anche il tempo trascorso online: a inizio 2023 quasi la metà (il 47%) dei 3.400 11-19enni intervistati in occasione del Safer Internet Day ha dichiarato di passare oltre 5 ore al giorno online (era il 30% nel 2020) e il 37% controlla lo smartphone più di dieci volte al giorno.

I rischi di cyberbullismo

I videogiochi - che in Italia sono un mercato in continua espansione rappresentato per il 47% da giovani tra i 6 e i 24 anni  - sono luoghi sociali dove bambini e adolescenti costruiscono anche la propria identità, luoghi valoriali dove i più giovani discutono e si confrontano su molteplici tematiche, ma che li espongono anche a pericoli, dal rischio di bullismo a quello di non comprendere le regole della privacy o le modalità di interazione con gli altri giocatori o di subire le scelte degli algoritmi. 

Dipendenza da internet

 L’Atlante di Save the Children evidenzia che in Italia le ragazze e i ragazzi di 11, 13 e 15 anni che mostrano un uso problematico dei social media sono il 13,5%. Sono soprattutto le ragazze a soffrirne e l’età più critica è quella dei 13 anni: tra le principali motivazioni dell’uso intensivo dei social media c’è quello di scappare da sentimenti negativi. Per quanto riguarda, invece, i videogiochi, il 24% dei giovani di 11, 13 e 15 anni ne fanno un uso problematico: qui sono però i ragazzi a essere più esposti e l’età, in questo caso, si abbassa a 11 anni.

Benché ancora non esista una definizione univoca di dipendenza da internet, in Italia ci sono 87 centri territoriali che offrono assistenza ai minorenni attraverso équipe multidisciplinari formate da psicologi, assistenti sociali, educatori. Delle 10mila persone, tra giovani e adulti, che finora hanno contattato questi servizi, la fascia d’età più rappresentata è quella dei 15-17enni (con il 13,7% dei maschi e il 9,2% delle ragazze) mentre quella tra 0 e 17 anni, nel suo complesso, costituisce quasi il 30% del totale.

I giovani si informano on line

Ma i giovani utilizzano la connessione anche per informarsi: il 28,5% degli 11-17enni legge riviste e giornali online (percentuale che sale al 37% nella fascia 14-17 anni) e sfrutta i social media come canali di informazione, anche se non sempre dichiara di sapersi difendere dalle insidie delle fake news. 

Usare il cellulare non vuol dire avere delle competenze digitali

In questo ambito l’Italia mostra serie carenze e si trova al quart’ultimo posto in Europa. Tra i ragazzi che hanno tra i 16 e i 19 anni, la quota di chi ha scarse o nessuna competenza è del 42%, contro una media europea del 31%. Ad aver acquisito elevate competenze digitali sono poco più di 1 su 4 (il 27%), mentre sono il 50% dei coetanei francesi e il 47% degli spagnoli.

Il dato appare ancora più distante se si prende in considerazione il Sud Italia dove oltre la metà dei ragazzi ha scarse o nessuna competenza (52%) mentre il Nord e il Centro sono più vicini ai valori medi europei (34% e 39%).

fonte: Mariavittoria Savini www.rainews.it

venerdì 25 marzo 2022

Istat: Discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ (in unione civile o già in unione) - Anni 2020-2021

Comunicato Stampa: Istat e UNAR presentano i principali risultati della rilevazione condotta nel 2020-2021 sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ rivolta alle persone in unione civile o che si sono unite civilmente in passato (ma che non lo sono più per scioglimento dell’unione civile o per decesso del partner).

Sono oltre 20 mila, pari al 95,2% del totale, le persone in unione civile o già in unione che vivono in Italia e dichiarano un orientamento omosessuale o bisessuale. Per il restante 4,8%, lo 0,2% dichiara un orientamento asessuale, l’1,3% un altro orientamento, la quota restante preferisce non rispondere.

Tra quanti dichiarano un orientamento omosessuale o bisessuale e sono occupate o ex-occupate, il 26% dichiara che il proprio orientamento ha rappresentato uno svantaggio nel corso della propria vita lavorativa in almeno uno dei tre ambiti considerati (carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento, reddito e retribuzione).

La stragrande maggioranza delle persone omosessuali o bisessuali (in unione civile o già in unione), occupate attualmente o in passato, dichiara che il proprio orientamento sessuale è o era noto almeno a una parte delle persone del proprio ambiente lavorativo (92,5%), con un’incidenza minore tra le persone bisessuali (l’86,2%).

Tuttavia, il 40,3% riferisce, in relazione all’attuale (per gli occupati) o ultimo lavoro svolto (per gli ex-occupati), di aver evitato di parlare della vita privata per tenere nascosto il proprio orientamento sessuale (41,5% tra le donne, 39,7% tra gli uomini). Una persona su cinque afferma di aver evitato di frequentare persone dell’ambiente lavorativo nel tempo libero per non rischiare di rivelare il proprio orientamento sessuale.

Circa sei persone su dieci hanno sperimentato almeno una micro-aggressione, tra quelle rilevate, nell’attuale (per gli occupati) o ultimo lavoro svolto (per gli ex-occupati). Per micro-aggressione si intendono brevi interscambi ripetuti che inviano messaggi denigratori ad alcuni individui in quanto facenti parte di un gruppo, insulti sottili diretti alle persone spesso in modo automatico o inconscio. La più diffusa è “aver sentito qualcuno definire una persona come frocio o usare in modo dispregiativo le espressioni lesbica, è da gay o simili”.

Relativamente alle discriminazioni subite e ascrivibili a una pluralità di caratteristiche (es. origini straniere, condizione di salute, convinzioni religiose o idee politiche, genere, orientamento sessuale etc.), una persona su tre, tra le persone omosessuali e bisessuali in unione civile o già in unione che vivono in Italia, dichiara di aver subito almeno un evento di discriminazione mentre cercava lavoro. Circa una persona su cinque, occupata o ex-occupata in Italia, afferma di aver vissuto almeno un evento di clima ostile o aggressione nel proprio ambiente di lavoro. Con riferimento ai soli dipendenti o ex-dipendenti, il 34,5% riferisce di aver subito almeno un evento di discriminazione, tra quelli rilevati, durante lo svolgimento del proprio lavoro (attuale per i dipendenti, ultimo lavoro svolto per gli ex-dipendenti).

La percentuale di coloro che dichiarano di aver subito, nell’ambito dell’attuale o ultimo lavoro un’aggressione fisica, non necessariamente ricondotta dal rispondente a motivi legati all’orientamento sessuale, da persone dell’ambiente lavorativo è dell’1,1% sul totale degli occupati o ex-occupati.

Quasi una persona omosessuale o bisessuale su due (46,9%) dichiara di aver subito almeno un evento di discriminazione a scuola/università.

Passando ad altri ambiti di vita il 38,2% delle persone in unione civile o già in unione che si sono definiti omosessuali o bisessuali e che vivono abitualmente in Italia, dichiara di aver subito, per motivi legati al proprio orientamento sessuale, almeno un episodio di discriminazione in altri contesti di vita (ricerca casa, rapporti di vicinato, fruizione servizi socio-sanitari, uffici pubblici uffici pubblici, mezzi di trasporto negozi o altri locali).

Oltre il 68,2% ha dichiarato che è capitato di evitare di tenere per mano in pubblico un partner dello stesso sesso per paura di essere aggredito, minacciato o molestato. Il 52,7% di esprimere il proprio orientamento sessuale per paura di essere aggredito, minacciato o molestato.

Con riferimento agli ultimi tre anni, l’incidenza di chi ha affermato di aver subito minacce, per motivi legati all’orientamento sessuale, escludendo episodi avvenuti in ambito lavorativo, è pari al 3,9%; le aggressioni di tipo violento vengono segnalate invece dal 3,1%. Le offese legate all’orientamento sessuale ricevute via web sono riportate dal 13% delle persone omosessuali e bisessuali in unione civile o già in unione che vivono in Italia.

 Tag: diritti, disuguaglianza, genere, inserimento lavorativo, lavoro, occupazione, rilevazione, società

fonte: Comunicato stampa  www.istat.it

martedì 19 aprile 2011

Lgbt libri: “Togliamo il disturbo” di Paola Mastrocola presentato a Palazzo Vecchio


Un libro “che fa pensare”, con “una forte valenza politica” perché “si occupa della cosa più importante di una società e di una comunità, la scuola”.

Così Matteo Renzi ha definito “Togliamo il disturbo, Saggio sulla libertà di non studiare”, l’ultimo libro di Paola Mastrocola, professoressa torinese classe 1956 che si è fatta conoscere per il suo pensiero acuto e non convenzionale sul mondo della scuola.

“Il libro, ha spiegato Renzi, che ha presentato il volume insieme all’autrice e al capocronista de La Nazione Luigi Caroppo nella Sala degli Elementi di Palazzo Vecchio, non solo offre una godibile e ironica istantanea sui ragazzi di oggi,
dalla cura o incuria del look ai pregi e difetti del correttore automatico di word, ma mette in discussione anche modelli come don Milani o Gianni Rodari, e infine ci invita a pensare a come vorremmo la scuola del futuro, a ragionare se la impostiamo sui sogni dei ragazzi o piuttosto sulle paure del nostro tempo”.

“Questo libro, ha spiegato l’autrice, è una battaglia, perché la cultura non abbandoni la nostra vita e prima di ogni altro luogo la nostra scuola, rendendo il futuro di tutti noi un deserto.

È anche un atto di accusa alla mia generazione, che ha compiuto alcune scelte disastrose e non manifesta oggi il minimo pentimento.

Infine, è la mia personale preghiera ai giovani, perché scelgano loro, in prima persona, la vita che vorranno, ignorando ogni pressione, sociale e soprattutto famigliare.

E perché, in un mondo che li vezzeggia, li compatisce, e ne alimenta ogni giorno il vittimismo, essi con un gesto coraggioso e rivoluzionario si riprendano la libertà di scegliere se studiare o no, sovvertendo tutti gli insopportabili luoghi comuni che da almeno quarant’anni ci governano e ci opprimono”.
fonte www.avisoaperto.it

giovedì 20 gennaio 2011

Lgbt ricerche: Gli amici? Sono 'colpa' dei geni, ci condizionano nella loro scelta e danno forma alla nostra rete sociale


Gli amici non li scegli solo sulla base di interessi in comune, ma anche, senza saperlo, perché hanno un corredo genetico simile al tuo: infatti nelle reti sociali le persone unite da vincoli di amicizia condividono tra loro dei geni, come se misteriosamente qualche forza dentro di loro li portasse ad avvicinarsi di preferenza a persone geneticamente simili.

E' quanto emerso da uno studio pubblicato sulla rivista dell'Accademia Nazionale delle Scienze Usa, 'Pnas'.

Il lavoro, basato sul confronto di alcuni geni nel Dna di persone unite da vincoli di amicizia, è stato coordinato da James Fowler dell'università di San Diego e Nicholas Christakis della Harvard University di Boston, un duo di scienziati che negli ultimi anni ha svelato tantissimi segreti sulle amicizie, le regole (invisibili) che esse seguono e l'influenza che hanno gli amici sui nostri comportamenti e sulla salute.

Il loro nuovo lavoro suggerisce che i geni in qualche maniera misteriosa ci condizionano nella scelta delle amicizie, dando forma alla nostra rete sociale.

Un esempio? Persone che hanno nel Dna una certa mutazione a carico del gene 'Drd2' tendono ad essere amiche con persone portatrici della stessa mutazione.
fonte ansa

giovedì 2 settembre 2010

Reality MTV "I Want a Famous Face" rincorrere il successo delle star a colpi di bisturi, una concorrente trans vuole i lineamenti di Pamela Anderson


In "I want a famous face" i pazienti si sottopongono di proposito ad interventi di chirurgia plastica per assomigliare alla loro star preferita. E così due ragazzi come Mike e Matt (nella foto) decidono di voler diventare degli attori con le sembianze di Brad Pitt, un transgender di 26 anni vuole a tutti i costi i lineamenti di Pamela Anderson per avere successo nella sua attività di regista di film per adulti e Audrey, un’aspirante modella di 22 anni che vuole aumentare la taglia del seno contro il parere della madre.

Purtroppo non tutti gli interventi si concludono nel migliore dei modi, soprattutto quando si tratta di richieste quasi impossibili da soddisfare. Ma il canale Mtv vuole offrire (dato che che i pazienti non sborsano nemmeno un dollaro per sottoporsi a questi interventi chirurgici) a questi ragazzi un sogno, una nuovo futuro e se possibile un lavoro nel mondo dello spettacolo, proprio come i loro beniamini.

In un’intervista post-operatoria i due fratelli Mike e Matt si sono stupiti di come questo cambiamento abbia cambiato la loro vita quotidiana: “alcune persone che prima non ci consideravano nemmeno ora continuano a fissarci incuriositi e stentano a riconoscerci, è buffo quali cose possano accadere con la faccia di un attore famoso!” Nel loro caso rifarebbero ogni singola operazione per ottenere il risultato che adesso li ha resi popolari non solo tra i loro coetanei.

Per altri concorrenti il risveglio alla realtà non è stato così piacevole: è il caso di Jessica, una ragazza di Chicago che voleva a tutti i costi diventare una top model ed assomigliare a Jennifer Lopez. Il risultato è sosprendente considerando i lineamenti di partenza, ma la sorpresa più grande è stato il dolore fisico durante il decorso post operatorio come lei stessa ha ammesso in una dichiarazione.
fonte mondoreality.com Di Melania Biolchi