lunedì 15 luglio 2013

Lgbt: Cos'è l'omofobia interiorizzata? Esiste una qualche forma di discriminazione degli omosessuali verso gli altri omosessuali?

Esiste una qualche forma di discriminazione degli omosessuali verso gli altri omosessuali?
È possibile non riconoscere se stessi tanto da non voler riconoscere gli altri?
Cos'è l'omofobia interiorizzata?

A furia di dirtelo, finisce che ci credi. Può capitare. Succede a tutti di interiorizzare: le donne, ad esempio, di credersi “il sesso debole”, il bambino di “essere cattivo”. Di rispondere a richieste sociali più o meno velate e di confermarle, sentirsi sbagliati o dalla parte del torto.

Io parlo da scrittrice, certo, non da psicologa, quello che immagino sia l’omofobia interiorizzata, un po’ più complessa dell’omofobia, lo percepisco da racconti e da quanto posso leggere sui libri, ma la sensazione, credo, sia comune.

Nel depliant sull’argomento distribuito da Arcigay,(http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/depliant-Volta.pdf) si legge questa definizione, ricavata dagli atti di un convegno La scala di Giacobbe:
L’omofobia interiorizzata consiste nell’accettazione da parte di gay e lesbiche di tutti i pregiudizi, le etichette negative e gli atteggiamenti discriminatori verso l’omosessualità. Questa interiorizzazione del pregiudizio è per lo più inconsapevole e può portare a vivere con difficoltà il proprio orientamento sessuale, a contrastarlo, a negarlo o addirittura a nutrire sentimenti discriminatori nei confronti degli omosessuali.

Esiste dunque, una forma di discriminazione degli omosessuali verso gli altri rappresentanti della comunità? Un non riconoscere se stessi che diventa non voler riconoscere gli altri?

Mi viene sempre in aiuto la mia esperienza personale di donna e femminista, il giudizio morale sulla condotta di altre donne, il dibattito su quale atteggiamento tenere, la mancanza di modelli femminili di riferimento, l’incapacità di assorbire, accogliere, un modello di libertà totale e non un modello che scambiasse la libertà sessuale per libertà tout court.

Rispettare poi, apertamente, posizioni divergenti dalle nostre, non introiettare pensieri maschilisti e dire “dovrebbe stare a casa ad allevare i suoi figli” di una madre, magari militante e impegnata.

Ma chi può insegnarti ad amare la tua natura? Se le coppie innamorate che vedi rappresentate, soprattutto nei media, hanno ruoli standardizzati? Ruoli in cui non ti riconosci? Eppure esistono un sacco di modi diversi e differenti di vivere l’amore.

Certo l’omofobia interiorizzata, il non accettarsi, può avere conseguenze pesanti, soprattutto se è in seno alla famiglia che si si sente inadeguati e non compresi.

Si rischia di disapprovarsi, negare se stessi, dice l’opuscolo di Arcigay che si può arrivare a fingersi eterosessuali e a non sviluppare una sana vita di relazione. E in questo caso si parla di relazioni affettive, di coppia, di amore.
Si può vivere disconoscendo la militanza dei diritti gay, o senza scendere in piazza a richiedere il matrimonio omosessuale e altre tutele, ma diventa di certo più vuota la vita senza un sano rapporto sentimentale. Val dunque la pena indagarsi e conoscersi, se è il caso chiedere una mano d’aiuto. Alla fine è con noi stessi che trascorriamo tutta la vita. Facciamo in modo che sia più bella e piena.
fonte http://www.queerblog.it Scritto da: Daniela Gambino

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