venerdì 29 maggio 2015

Lgbt: A Verona il 30 maggio una giornata con Marcella Di Folco

CIRCOLO PINK E TRANSFORMAZIONE PRESENTANO
Una giornata con Marcella Di Folco, storica figura del movimento Trans italiano.

ore 19.30 Inaugurazione
mostra fotografica con Apericena:
“Marcella torna a Verona” I passaggi veronesi di Marcella Di Folco, 2001-2007.

Sarà con noi Porpora Marcasciano, presidentessa del MIT di Bologna, con cui ripercorreremo la vita di Marcella, i suoi passaggi veronesi e il suo ruolo politico e culturale nel panorama trans italiano. Una vita spesa a spallate senza troppi riguardi, una figura anche controversa ma che sicuramente ha cambiato la vita di molte
e molti di noi, non solo veronesi. Tante son state le manifestazione e le iniziative a cui Marcella ha partecipato a Verona, l’ultima sua apparizione durante la campagna elettorale per le amministrative del 2007, quando venne per sostenere la candidatura di Laurella a Sindaca di Verona. Ma la ricordiamo anche alla Frocessione nel 2006 o alla manifestazione del 2005 sempre a Verona o ancora alla inaugurazione del Pink in Via Scrimiari sempre nel 2005.
La proiezione del film e la mostra vogliono essere il nostro “tributo” alla sua figura politica e umana nel 30° anniversario della costituzione del Pink, fondato nel 1985

ore 20.30 / 21.00 Proiezione del film:
“Una nobile rivoluzione” un film di Simone Cangelosi con Marcella Di Folco

Una nobile rivoluzione è un documentario di Simone Cangelosi sulla vita di Marcella Di Folco, leader del movimento LGBT italiano, scomparsa nel settembre 2010. Marcella ha avuto molte vite. Una maschile e una femminile. Una da “Cerbero” del Piper Club, nella Roma degli anni ‘60, e una da caratterista del cinema italiano, per i più grandi maestri, a cominciare da Fellini. E poi una vita da leader politica, simbolo delle battaglie per i diritti civili in Italia e all’estero, che la portò a diventare la prima transessuale al mondo a essere eletta a una carica pubblica.

Leader carismatica, ma anche attivista capace di realizzare progetti concreti e innovativi, Marcella è stata indimenticabile Presidente del Movimento Identità Transessuale, con il quale ha fondato il primo consultorio per la salute delle persone transessuali gestito da transessuali e riconosciuto dal servizio sanitario nazionale.
Il racconto della vita di Marcella non è solo la narrazione di un percorso individuale: è un modo per avviare una prima storicizzazione del movimento LGBT e delle grandi stagioni dell’impegno civile e politico vissute, nel recente passato, dal nostro Paese.

Presenta il film: Porpora Marcasciano
Circolo Pink e Transformazione
fonte http://www.pane-rose.it/

Lgbt Diritti: I transgender e la battaglia per cambiare nome

La comunità lgbt chiede una legge che permetta di poter aggiornare nome e sesso all'anagrafe senza l'intervento di sterilizzazione. E un parere di Palazzo Chigi e il dibattito in Cassazione sembrano aprire

La comunità transgender aspetta da tempo una legge che permetta di poter cambiare sesso e nome all'anagrafe senza l'obbligo di un intervento chirurgico di sterilizzazione: perché sul lavoro, negli uffici pubblici, in tante relazioni quotidiane se l'aspetto fisico è diverso dai dati dei documenti il rischio di discriminazione è molto alto.

Se il Parlamento sul punto è completamente fermo, pochi sanno che invece sulla questione qualche mese fa si è espresso Palazzo Chigi, con un parere sostanzialmente favorevole alle rivendicazioni delle associazioni: l'Atto di intervento del Presidente del consiglio è datato 30 dicembre 2014, è indirizzato alla Corte costituzionale (perché sul tema la Consulta è stata chiamata a pronunciarsi dal Tribunale di Trento, nell'agosto scorso), è stato redatto dall'Avvocatura generale dello Stato e controfirmato dall'allora sottosegretario Graziano Delrio.

Se da un lato quindi il governo Renzi prende posizione su un tema così delicato come quello del "gender", che crea contrasti nella sua stessa maggioranza, dall'altro, il 21 maggio scorso, si è aggiunto un altro importante tassello: il nodo della rettifica dei dati anagrafici delle persone transgender è arrivato per la prima volta in Cassazione, grazie al caso di Sonia Marchesi (sui documenti ancora Massimiliano), che si è vista rifiutare dal Tribunale di Piacenza e dalla Corte di Appello di Bologna la sua richiesta a essere iscritta come "Sonia" anche negli atti civili per il fatto che, pur avendo acquisito negli anni un'apparenza e una coscienza di sé come donna, non intende però operare i propri genitali, i cosiddetti "caratteri sessuali primari" (essendo definiti "secondari" altri tratti dell'aspetto fisico, dai seni agli zigomi, al timbro della voce, che contribuiscono a caratterizzare i i due sessi sul piano biologico e anatomico).

"LANCETTE FERME AGLI ANNI OTTANTA"
L'intervento della Presidenza del consiglio è stato allegato alla memoria difensiva del ricorso in Cassazione dall'avvocata di Sonia, Alessandra Gracis, a sua volta transgender e che difende una cinquantina di persone trans in diversi procedimenti giudiziari. Il documento firmato da Delrio si pronuncia sulla legge oggi in vigore, la 164 del 1982, interpretata storicamente e per prassi dai giudici con l'obbligo dell'intervento chirurgico per ottenere il cambio di sesso e di nome: tranne nel caso di alcune sentenze più recenti – tribunali di Roma, Siena, Rovereto e Messina – che invece hanno concesso la rettifica a prescindere dall'operazione ai genitali. Il governo si dichiara a favore di queste ultime interpretazioni, ritenendole più in linea con i tempi: "Si può, quindi, ritenere – recita il testo inviato dalla Presidenza del consiglio alla Consulta – che la nozione di identità sessuale non sia limitata ai caratteri sessuali esterni, ma possa essere determinata anche da elementi di carattere psicologico e sociale".

La pubblicazione della sentenza della Cassazione si attende a giorni, ma in udienza i magistrati sono apparsi abbastanza inclini ad accogliere le istanze di Sonia. La giudice relatrice, Maria Acierno, è la stessa che ha seguito il caso delle "due Alessandre": il 21 aprile scorso la Corte ha sentenziato che il vincolo coniugale contratto da Alessandra Bernaroli prima di cambiare sesso e nome, non viene annullato, e che quindi la donna resta a tutti gli effetti sposata con un'altra donna (la moglie si chiama anche lei Alessandra). La procuratrice generale, Francesca Ceroni, si è pronunciata per l'accoglimento della richiesta di Sonia, spiegando che a suo parere il giudice di Bologna che le ha negato la rettifica all'anagrafe "ha fermato le lancette ai primi anni Ottanta".

"NON SI PUO' RIVENDICARE UN TERZO GENERE"
"Il Tribunale di Piacenza ci aveva liquidate senza neanche ordinare delle perizie – spiega l'avvocata Gracis, che assiste Sonia Marchesi insieme al legale di Rete Lenford, Francesco Bilotta – All'appello di Bologna, al contrario, il giudice ha chiesto due consulenze tecniche d'ufficio, a un'endocrinologa e a una psicologa. Le conclusioni di queste perizie sono state a nostro favore: hanno riconosciuto entrambe che nonostante Sonia non si sia sottoposta a intervento chirurgico, è a tutti gli effetti una donna".

Eppure, nonostante questo, il giudice ha respinto la richiesta: questo perché in uno dei due pareri era scritto che dopo anni di terapia ormonale "l'azzeramento dell'attività testicolare" era "quasi completo", e che le caratteristiche femminili di Sonia erano "per lo più irreversibili". Inferendo da queste espressioni che la transizione non era completa al 100 percento, la Corte d'appello ha quindi motivato il rigetto spiegando che Sonia avrebbe potuto in futuro compiere il percorso inverso, sentendosi legittimata a ritornare maschio, e che non si può riconoscere il diritto "alla rivendicazione di un un terzo genere", fatto della "combinazione dei caratteri sessuali primari e secondari dei due generi".

La Pg della Cassazione Ceroni ha smontato l'interpretazione del giudice bolognese: "La teoria del terzo genere – ha spiegato – si basa sull'erroneo presupposto che l'identità di genere sia legata solo alle caratteristiche sessuali, e non anche a quelle psichiche, al contesto sociale e culturale, al diritto di autodeterminazione della persona". A proposito, la Pg ha citato due importanti sentenze europee: la Risoluzione 2048 (aprile 2015) “Discrimination against transgender people in Europe” dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, e la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo , che lo scorso marzo ha censurato la scelta della Turchia di imporre la sterilizzazione chirurgica a una persona transessuale FtM (in transizione da donna a uomo) che chiedeva di poter cambiare i documenti senza doversi operare.

Sia il Consiglio d'Europa che la Corte dei diritti di Strasburgo hanno posto alla base delle proprie decisioni il diritto all'autodeterminazione e quello alla salute, all'integrità psichica e fisica della persona. Principi sanciti anche dalla nostra Costituzione, agli articoli 2 e 32, come viene ricordato nella memoria in difesa di Sonia.
E la procuratrice Ceroni, dando infine parere per l'accoglimento della richiesta della donna transessuale (che ha sempre nominato al femminile), ha concluso con una citazione letteraria: "Come diceva Simone de Beauvoir: donne non si nasce, lo si diventa".
fonte: Articolo di Antonio Sciotto http://espresso.repubblica.it/attualita/2015/05/25/news/i-transgender-e-la-battaglia-per-cambiare-nome-1.214409

Lgbt: “Io aggredita perchè trans”, il racconto shock di Aurora. Gay Center: “Lesbiche, gay e trans sono ancora persone di serie B”

Drammatico episodio di omofobia ad Aprilia, in provincia di Latina. Una giovane trans, Aurora M., ha raccontato con un toccante video a questo link su YouTube:
https://www.youtube.com/watch?v=otmMougP4Z4 di essere stata aggredita da un branco.

“Mi hanno aggredita in cinque: mi hanno insultata, uno mi ha sputato addosso, hanno tirato fuori un coltello. Mi dicevano: fai schifo, mezzo uomo e mezza donna, trans di merda” ha denunciato visibilmente scossa.

“Ero uscita a fare una passeggiata, erano le 21,10 –ha spiegato – questi ragazzi mi sono venuti incontro e hanno cominciato a insultarmi. ‘Trans di merda’. ‘Fai schifo’. ‘Mezzo uomo e mezza donna’. ‘A quanto la fai una pompa’. Io ho cercato di proseguire, ma in due si sono avvicinati, parandosi davanti a me. Uno di loro mi ha sputato addosso”.

A questo punto, Aurora ha replicato ad alta voce e uno del branco ha estratto un coltello. Terrorizzata, allora, è fuggita. “Mi hanno inseguito in tre, io credo per fare in modo che potessero tenermi in due, mentre l’altro mi poteva accoltellare. Se non fossi fuggita temo che mi avrebbero ucciso, o ferito molto gravemente”. “Il mio palazzo ha molti cancelli di entrata, perché è situato in un grande condominio, quindi ho sperato che almeno uno fosse aperto, non avrei mai avuto il tempo di estrarre la chiave. Appena ne ho trovato uno aperto, sono riuscita a passare e a sbattergli il cancello in faccia. Loro hanno continuato a insultarmi, tentando di trovare un altro ingresso, ma a quel punto ho raggiunto casa attraversando il cortile e mi sono salvata” ha concluso.

“Quanto capitato ad Aurora – ha dichiarato in una nota Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay center – è un fatto molto grave, che purtroppo si ripete in forme simili tutti i giorni in tutta Italia. In questo Paese lesbiche, gay e trans sono ancora persone di serie B: basti pensare che in Parlamento sono al palo la legge contro l’omofobia e quella sulle unioni civili. Anche noi aderiamo alla campagna #iostoconaurora, mobilitarsi sui social network non è sufficiente. Ci vorrebbe subito un tavolo di confronto tra le associazioni Lgbt, il ministero dell’Interno e le prefetture. Le aggressioni sono un problema di ordine pubblico, non le unioni gay”.
La giovane transgender ha sporto denuncia ai Carabinieri, contro ignoti.
fonte: di Paola Ambrosino http://www.lazio24news.net/

giovedì 28 maggio 2015

Lavoratori Lgbt? Un’indagine conoscitiva

Lo studio è stato promosso dall'ANDDOS in collaborazione con il circolo Eagle Nest – RED, in vista del convegno “La condizione lavorativa nell’era del jobs act” che si terrà il 26 giugno a Bologna. Per rispondere al questionario, c’è tempo fino al 13 giugno.


Ci vogliono solo cinque minuti per rispondere alle domande e c’è tempo sino al 13 giugno per partecipare
.

Stiamo parlando di un’indagine statistica per i lavoratori Lgbt, in vista del Convegno “La condizione dei lavoratori LGBT nell’era del jobs act: tutele legali e buone prassi, che si terrà a Bologna il 26 giugno.

L'Associazione Nazionale ANDDOS, in collaborazione con il Circolo Eagle Nest-Red di Bologna, promuove la compilazione di un questionario online, assolutamente anonimo, che metterà in luce caratteristiche e problematiche della forza lavoro Lgbt in Italia.

In Italia, l’indagine scientifica di tipo quantitativo non è particolarmente sviluppata su questi temi.
Nel 2011 e 2012 sono stato pubblicati due studi, che ora questa ricerca mira ad approfondire ed aggiornare: Io Sono Io Lavoro (messa a punto da Arcigay nel 2011) e Lavoro e minoranze sessuali in Italia: il punto di vista della popolazione generale (realizzata dal sociologo Raffaele Lelleri nel 2012).

Questo breve sondaggio è rivolto principalmente alle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, trans) maggiorenni che lavorano o hanno lavorato in Italia.
Queste le principali domande che si troveranno sul questionario: Quanto siamo visibili sul posto di lavoro? Siamo mai stati discriminati in quanto lavoratori e lavoratrici LGBT? Essere LGBT è un vantaggio o uno svantaggio nel mercato del lavoro oggi in Italia? La situazione è cambiata negli ultimi 5 anni?


«Chiediamo di rispondere a tutte le domande e con sincerità, perché non esistono risposte giuste o sbagliate – spiegano gli organizzatori ANDDOS e Eagle Nest – Red – le domande del questionario sono 15, sono tutte chiuse a crocette ed, in media, sono necessari circa 5 minuti per compilarle.»
Gli organizzatori evidenziano che per raccogliere le risposte, è necessario arrivare alla fine del questionario e confermare l’invio.

«Abbiamo bisogno della collaborazione di tutti e di tutte per promuovere il questionario e raccogliere il maggior numero di questionari. - sottolineano i responsabili di ANDDOS - Più questionari raccoglieremo, e più diversi tra di loro, migliore sarà la fotografia che avremo del fenomeno.»

E aggiungono: «Il questionario è rivolto principalmente alle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, trans) maggiorenni che lavorano o hanno lavorato in Italia. In ogni caso, raccoglie l’opinione di tutti e tutte.
Abbiamo aperto anche una pagina su Facebook(https://www.facebook.com/lavoroLGBT2015) per diffondere l'informazione sullo studio e ricevere aggiornamenti.»

Per partecipare all'indagine, è necessario essere maggiorenni. Il questionario è on-line ed è, lo ricordiamo, assolutamente anonimo. Le informazioni raccolte saranno utilizzate con la massima riservatezza e soltanto ai fini della ricerca. I risultati verranno presentati in
lavoro-e-lgbt

forma aggregata, nel rispetto della normativa sulla privacy (decreto legislativo 196/2003,) a il 26 giugno a Bologna in occasione del convegno La condizione dei lavoratori LGBT nell'era del jobs act: tutele legali e buone prassi. Inoltre, verranno successivamente pubblicati sul sito di ANDDOS e su quello del sociologo Raffaele Lelleri, responsabile scientifico del progetto.

Partecipare è davvero molto semplice, basta andare sul sito:
http://www.lelleri.it/sondaggio-lavoro2015/
e rispondere alle domande, bastano pochi minuti.
Io l’ho fatto, fatelo anche voi.
fonte: di Marinella Zetti http://www.pianetaqueer.it/

Lgbt: Diritti gay: caro Citati, le differenze esistono e le rivendichiamo

Egregio professor Citati, le scrivo – anche se lei non mi conosce e io sono solo un blogger – perché ho registrato un certo disappunto sui social per il suo commento apparso sul Corriere della Sera, dal titolo ‘Se gli omosessuali ora si riscoprono banali‘ dove sembra suggerire a noi persone Lgbt di evitare di chiedere il matrimonio perché perderemmo la nostra specificità. Temo che lei abbia capito poco di ciò che siamo e vogliamo e per spiegarglielo meglio vorrei soffermarmi su quanto ha detto.

Lei parte da una considerazione: «Non ci sono più né maschi né femmine, né eterosessuali né omosessuali, ma soltanto persone». Ebbene, qui forse c’è il primo malinteso. Nessuno di noi – tra militanti e semplici membri della gay community – ha l’arroganza di pensare che non esistano differenze tra i generi. La nostra battaglia affonda le sue radici nel pensiero opposto: ci sono gli uomini e ci sono le donne, con le loro imprescindibili differenze. Alcuni di loro obbediscono a una rappresentazione, altri se ne discostano. Ci sono “machi” e “donne con le gonne”, ma anche quelle con i pantaloni o che guidano il camion (senza essere per forza lesbiche) o ragazzi che ricamano e del tutto eterosessuali. Insomma: esistono le differenze e le rivendichiamo. Non tutti i maschi poi sono per forza rudi né le femmine necessariamente fragili o destinate a essere madri. È un concetto un po’ complicato, che lei ha sicuramente afferrato in virtù della sua levatura culturale. Certi discorsi lasciamoli al grigiore delle sentinelle e delle loro piazze silenziose. E, la stupirò, lasci tale pensiero anche a quegli omosessuali (purtroppo non pochi) che si vedono al di fuori di una normalità che fanno coincidere, loro sì, con l’eterosessualità.

Andando avanti, lei afferma: «Mentre conquistano i propri diritti, gli omosessuali pretendono di essere come gli altri: ciò che certo non sono; tanta è la singolarità di condizioni che li distingue». Anche qui però sbaglia. Grossolanamente. Noi non vogliamo essere come gli altri, combattendo una natura avversa. Noi chiediamo diritti proprio per come siamo e non perché abbiamo il dovere all’eguaglianza. È appunto una questione di accesso alle stesse prerogative di fronte alla legge. Perché la stupirà anche questo, i miei amici Dario e Andrea (sposati altrove e con prole a carico) le tasse le pagano esattamente come me (che sono gay) e lei (che presumibilmente non lo è). A parità di doveri, parità di diritti. E non chiediamo l’accesso al matrimonio per essere più vicini agli etero, ma perché quel diritto diventi più grande. E se i diritti sono più grandi, il mondo è più giusto.

Ancora: la rivendicazione «è un’offesa a loro stessi: un’offesa alla loro vita quotidiana». Strano, noi vorremmo solo poter mantenere casa se il nostro partner muore anzi tempo. Salvaguardarla, cioè, quella quotidianità. E ci offende semmai sentire qualcuno che ci dice cosa dobbiamo fare o meno delle nostre vite. E a tal proposito: lei cosa ne sa in merito? Ha mai vissuto da gay? Ha mai avuto un compagno? Si è mai sentito dire da un Giovanardi qualsiasi che il suo amore non può nemmeno definirsi tale?

Prosegue: «Gran parte di loro conserva la coscienza della propria natura di élite: la superbia di essere una minoranza, che nessuna eguaglianza di diritti può avvicinare al resto degli uomini». Ma ciò che lei chiama superbia, è solo fierezza. Un bel giorno ci siamo svegliati e abbiamo perso il nostro sguardo ferito. Per questo celebriamo i pride: gli stessi per cui gente come lei poi dice che ostentiamo troppa diversità per ottenere i diritti civili. E l’uguaglianza non ci rende per niente “normali, comuni e banali” come lei teme. Semmai ci tutela da chi fa discorsi come il suo non per dipingerci come supereroi (che non aspiriamo ad essere) ma come subumani (che non siamo).

In conclusione, egregio Citati, è tipico in questo paese parlare di persone Lgbt senza saperne molto in merito. È successo in passato con nomi molto noti, tra dichiarazioni stupide e ignoranti e scandalo conseguente. Serve per fare audience o vendere giornali. Temo sia finito nello stesso meccanismo perverso. Contrariamente all’attricetta e al calciatore senza congiuntivi che si cimentano in tali prodezze, lei è un intellettuale. Eviti di prestare il fianco a operazioni del genere. Non è dignitoso della sua singolarità. Non solo è comune e banale, ma anche patetico. Nessun uomo di cultura può permetterselo. E lei ci è arrivato tremendamente vicino, mi creda.
fonte: di Dario Accolla http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/27/diritti-gay-caro-citati-le-differenze-esistono-e-le-rivendichiamo/1724079/

Lgbt: Quando il vino diventa arte. In mostra alla Gran Guardia di Verona centosettanta famose opere in gloria di Bacco, fino al 16 agosto

Disquisire sul connubio Arte e Vino si rischia di fare un’omerica bevuta di frasi fatte o di enfatiche celebrazioni enologiche, o uno sproloquio di baccanali e canti carnascialeschi, o di estetiche meditazioni sulla metafisica dell’ebbrezza e della follia.

Non è solo una questione di etichette, di Bacco e Arianna, o di Bacco in trionfo, o di Bacco disfatto dal bere o di Bacchini malati come nel celebre dipinto caravaggesco.
Ma se non si fa letteratura e se non ci riferiamo a celebri mitologie iconografiche, di cosa stiamo parlando?


Beh, alziamo i calici e brindiamo a questa eccezionale occasione celebrativa: una colossale mostra di centossettanta opere d’argomento, da Tiziano a Reni, da Carracci a Rubens, a Tiepolo, a Boccioni, a Balla, a Picasso, per un arco di tempo che va dal Cinquecento al Novecento, frutto espositivo di una novantina di prestiti italiani e stranieri.

Intorno a questa preziosa mole di capolavori si sono appassionati più di venti studiosi, curatori, membri di comitati scientifici, autori di testi e schede di catalogo. Ed ecco, dopo due anni di lavoro, con la sapiente attenzione dei curatori Annalisa Scarpa e Nicola Spinosa, l’evento “Arte e Vino” è pronto ad essere varato, alla Gran Guardia di Verona, dall’11 aprile al 16 agosto, sotto l’egida di Comune di Verona, Provincia di Trento, Veronafiere, Ermitage, Mart (produzione e organizzazione di Villaggio Globale International e Skira Editore).
L’avvenimento, destinato a un clamore ampliato dalla quasi concomitanza con l’Expo, è stato presentato al Circolo della Stampa di Milano, presenti tutti i responsabili, sindaco veronese Flavio Tosi in testa (in tono dimesso, ad onor del vero, viste le ambasce politiche che l’hanno coinvolto in questo periodo).
Sono state illustrate le grandi linee della mostra, suddivisa in tre sezioni, Vino e il sacro, Vino e il mito, Vino e il lavoro, in una organica successione di scuole, simbologie, interpretazioni e personalità artistiche.

La filosofia che sottende questa ricca e singolare mostra è la considerazione che la storia dell’arte è la storia dell’uomo, e la storia dell’uomo è la storia anche del vino, della socialità, della convivialità, come suscitatrici di emozione, di fantasia.
Un bicchiere di vino si fa arte e, sedendo a tavola, diventa cultura, diventa passione. Per tutto ciò, ogni dipinto esposto diventa un frammento della storia dell’uomo, del genio dell’uomo, quando ha saputo miscelare con amore i doni della terra in raffinate essenze degustative.
Come han saputo fare le aziende agricole che ora hanno sponsorizzato la mostra veronese “Arte e Vino”. Sono fra le più note in Italia e nel mondo: una trionfale esaltazione “artistica” di uve bianche, di grappoli neri, di spumeggianti bollicine, dall’Amarone al Recioto, dal Vermentino all’Aglianico, dal Brunello di Montalcino ai favolosi Chardonnay, ai prosecchi della Valdobbiadene.
Anche questa è una galleria d’imperdibili entusiasmanti occasioni: dall’ebbrezza degli occhi al trionfo delle papille. Sempre arte è.

“Arte e Vino”, Palazzo Gran Guardia, Piazza Bra, Verona –
Dall’11 aprile al 16 agosto.
Per informazioni e prenotazioni: www.mostraarteevino.it tel. +39 045 71 101 27

fonte http://www.lospettacoliere.it(di Paolo A. Paganini)

mercoledì 27 maggio 2015

Lgbt: "DARIO FO DIPINGE MARIA CALLAS" AMO - Arena Museo Opera, Palazzo Forti, Verona fino al 27 settembre

All’AMO – Arena Museo Opera di Verona dal 22 maggio al 27 settembre 2015 è aperta al pubblico la mostra Dario Fo dipinge Maria Callas.

In esposizione le opere realizzate dal Premio Nobel tra il 2013 e il 2015 dedicate alla grande soprano.
Dopo il libro uscito a ottobre 2014 intitolato Una Callas dimenticata (di Dario Fo e Franca Rame, edito da Franco Cosimo Panini) e a seguire l’omonimo spettacolo teatrale a novembre (scritto a quattro mani con la compagna Franca Rame), Fo omaggia ancora una volta con la più rappresentativa espressione d’arte – la pittura – la cantante più famosa del secolo scorso.

L’amore per la pittura in Dario Fo nasce dal desiderio – maturato nel corso della sua carriera – di metter mano personalmente alla parte illustrativa degli spettacoli, dipingendo e inserendo gli elementi iconografici nelle quinte delle sue opere che potessero raccontare ancor meglio la vita dei suoi celebri personaggi. Ed è da questo intento che scaturisce l’ardore di narrare la vita di Maria Callas.
Tra le sale di AMO il drammaturgo presenta un reportage di vita e palcoscenico che ripercorre tutta la biografia della Divina.
La mostra, realizzata con il Patrocinio del Comune di Verona, è accompagnata da un catalogo Skira ed è promossa dalla Fondazione Arena di Verona e prodotta e organizzata da Arthemisia Group.

Informazioni e prenotazioni
www.arenamuseopera.com - Tel +39 02 54913.

fonte http://www.bitculturali.it/