venerdì 31 ottobre 2014

Lgbt Roma: Cambio di sesso, la denuncia di 4 transgender "Rovinate a vita da una tecnica sperimentale"

Il caso di alcuni pazienti che hanno subito l'intervento al Policlinico Umberto I di Roma. "Non ci avevano detto dei rischi, il risultato è un'infibulazione". Dalla struttura si difendono: "Loro negligenza dopo l'intervento". E ora la procura indaga su 24 persone

Dopo gli articoli dell'Espresso, che aveva raccolto le denunce di quattro transgender, è arrivata la conferma: ventiquattro medici dell'Umberto I di Roma sono indagati per lesioni colpose aggravate, come riporta oggi la Repubblica. I legali delle trans sostengono che siano state attuate "sperimentazioni illegali come nel caso Stamina".

Una serie di interventi chirurgici dall’esito disastroso, che al posto dell'atteso cambio di sesso hanno portato infezioni e malformazioni invalidanti a quattro ragazze: la Procura di Roma ha avviato un'inchiesta su 24 medici e specializzandi del Policlinico Umberto I di Roma, dopo un esposto delle pazienti che accusa l'Ospedale di aver sperimentato su di loro nuove tecniche e farmaci senza le dovute autorizzazioni né un consenso debitamente informato.

Le ragazze, come accade in genere in questi casi, avevano già percorso tutto l'iter tipico delle persone transgender: cure ormonali, sostegno psicologico, trasformazione lenta e graduale del proprio corpo, il seno, i fianchi, la voce. Mancava solo il passo finale: ovvero la demolizione dei genitali maschili con la creazione di una vagina. Ora, secondo i protocolli tradizionali, in genere la vagina si ricostruisce rivoltando la pelle del pene (precedentemente rimosso, ma appositamente conservato) e ricoprendo con questo tessuto una cavità creata ad hoc.

Ma all'Umberto I i medici decidono di non applicare i protocolli consueti, e preferiscono una nuova via: nell'arco di due anni, dal 2011 al 2013, eseguono una serie di operazioni che definiscono innovative. Il metodo, poi da loro stessi celebrato in una rivista scientifica statunitense, e messo sotto accusa nell'esposto, consiste in questo: il tessuto per la ricostruzione dell'organo genitale viene prelevato dalla mucosa della bocca, poi coltivato in vitro, quindi rigenerato, per essere infine innestato nella cavità vaginale.

Un sistema, questo, che era stato sperimentato qualche anno prima dalla stessa equipe dell'Umberto I, ma solo su tre casi, peraltro del tutto differenti: tre donne che per una rara sindrome, la Mayer Rokitanski Kuster Hauser, non avevano sviluppato in modo completo la vagina.

La denuncia “Il risultato è un'infibulazione”
Evidentemente lo staff del Policlinico romano avrà pensato di trasporre quell'esperienza anche nell'ambito della transizione uomo-donna, utilizzando il tessuto della mucosa della bocca, il più simile in qualche misura a quello vaginale. Ma, secondo le accuse, l'innesto avrebbe causato infezioni, la necessità di riparare con interventi successivi e, infine, la chiusura dell'organo genitale, con gravissimo danno per tutte e quattro le ragazze. "Un'infibulazione", recita l'esposto alla Procura. Peraltro, i chirurghi hanno continuato a proporre questo metodo anche quando avevano già verificato numerose complicazioni nelle prime pazienti transgender.

Così i medici sono stati portati davanti alla magistratura, in due diversi procedimenti. Uno di carattere civile, visto che il risarcimento potrà servire a nuove operazioni riparatorie. Interventi che le ragazze hanno scelto di fare all'estero, da San Francisco a Bangkok, non fidandosi più della sanità italiana. E poi c'è il penale, che ha portato la procura di Roma a indagare i 24 sanitari.

Alessandra Gracis, avvocatessa che difende le quattro pazienti, spiega che "i medici hanno indotto le ragazze a scegliere questa operazione, prospettata come innovativa, aggiungendo un allettante incentivo: e cioè che poteva essere fatta subito. Al contrario, se si fosse optato per l'intervento classico, dissero che si sarebbe dovuto attendere la normale lista di attesa, ovvero oltre 2 anni".
"Non è stato comunicato a nessuna di loro - afferma la legale - che si sarebbe eseguita una tecnica ancora sperimentale, quindi non riteniamo completo il consenso informato acquisito dalle pazienti”.

Non basta: l'avvocatessa, nei suoi esposti, contesta ai medici di non aver acquisito né l'autorizzazione del Comitato etico, né dell'Aifa (Agenzia del Farmaco), "necessarie quando si sperimentano nuovi metodi e medicine". Il tessuto innestato, infatti, "non è né più né meno che una sorta di farmaco sperimentale, visto che si tratta di cellule manipolate e ingegnerizzate, dagli sviluppi imprevedibili". Gracis ha inviato all'Aifa una denuncia con le cartelle cliniche delle sue assistite, chiedendo di essere rassicurata sulla non pericolosità del materiale iniettato, “potenzialmente dannoso o addirittura cancerogeno”.

In uno scambio di mail che la legale ha incluso nella sua documentazione, Beatrice, una delle pazienti, si lamenta con la dottoressa che aveva operato inizialmente le tre donne prive di vagina, e che aveva ispirato quindi i successivi interventi sulle persone transgender. La studiosa alla fine ammette: "Cara Beatrice, mi dispiace ancora per la sua storia di cui non conosco il finale. Tuttavia posso dirle che mentre la mia tecnica è perfetta per le ragazze con la sindrome di Mayer Rokitanski Kuster Hauser è ancora sperimentale nelle riassegnazioni del sesso".

Il Policlinico: “Ragazze negligenti dopo le operazioni”
Dal Policlinico Umberto I per il momento i medici, i dirigenti e i legali preferiscono non rilasciare dichiarazioni: l’ufficio comunicazione del Direttore generale del nosocomio spiega che, come in altri casi analoghi, è stata avviata un’indagine interna, eseguita da una commissione creata ad hoc.

Nella memoria difensiva presentata alla magistratura dagli avvocati dell’ospedale, si legge che sui nove pazienti su cui è stata utilizzata la metodologia dell’innesto di cellule della mucosa orale in vagina (sei transgender e tre donne), in cinque si ritengono soddisfatti dei risultati (due transgender e le tre donne), mentre in altri quattro in effetti si sono riscontrate complicazioni: “In due casi questo è dovuto - recita la memoria - a un non corretto utilizzo del tutore vaginale nei tempi e nelle modalità consigliate” (si tratta di uno stent che serve a divaricare la neovagina, da portare diverse ore al giorno nei mesi successivi all’intervento, ndr). “In un altro caso, le infezioni sono da ascriversi a variabili esterne all’intervento (rapporti sessuali e scarsa igiene)”. Nell’ultimo caso, i medici si astengono dalla valutazione, “in quanto il paziente ha eseguito altra procedura chirurgica in altra sede che ne ha modificato irreversibilmente i caratteri”.

L'avvocatessa Gracis, anche lei transgender come le quattro pazienti che difende (ma ha scelto di operarsi in California), segue un'altra quindicina di casi simili in tutta Italia, pure loro in transizione da uomo a donna, presunte vittime di episodi di malasanità.

"E' il nostro sistema che è sbagliato alla radice - spiega - Si fanno pochi interventi l'anno in decine di ospedali, da Pietra Ligure a Ragusa, quindi non ci si può specializzare a fondo. Piuttosto, come accade all'estero - ad esempio a Ghent in Belgio, dove si registrano risultati di eccellenza - bisognerebbe puntare su un'unica struttura nazionale, in cui questo tipo di chirurgia diventi di routine, e dove si possa investire seriamente su ricerca, innovazione, formazione e aggiornamento. Si risparmierebbero tanti soldi pubblici, oggi forzatamente utilizzati per riparare a posteriori operazioni venute male: un danno per i singoli coinvolti ma anche per la sanità”.

“Sarebbe importante - conclude la legale - parlare di questi problemi con il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, se solo volesse ricevere per un confronto me e le mie ragazze: abbiamo lanciato molti segnali e provocazioni, ma non abbiamo mai ricevuto risposta".
fonte http://espresso.repubblica.it di Antonio Sciotto
http://espresso.repubblica.it/attualita/2014/07/09/news/cambio-di-sesso-la-denuncia-di-4-transgender-rovinate-da-una-tecnica-sperimentale-1.172742?ref=fbpe

Diritti Lgbt in Europa: l’Italia arranca, ma non molla

L’esito del sondaggio svolto dall’Agenzia dei diritti fondamentali (FRA) ed i dati forniti dall’Associazione internazionale lesbiche, gay, bisessuali, trans ed intersex mostrano l’arretratezza italiana. Ma Scalfarotto fa notare i passi avanti compiuti

Negli ultimi 12 mesi, in Italia il 54% delle persone Lesbiche, gay, bisessuali, transessuali (Lgbt) si sono sentite molestate sulla base proprio orientamento sessuale; il 93% dei giovani Lgbt ha sentito commenti negativi nei confronti di compagni di scuola percepiti al loro gruppo sociale; il 69% ha dichiarato di nascondere o mascherare sempre o spesso di avere preferenze sessuali non solo etero. Questi i risultati del sondaggio (che non considera una quinta categoria, gli intersex, (coloro i cui cromosomi sessuali, i genitali e/o i caratteri sessuali secondari non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili) svolto dall’Agenzia dei diritti fondamentali dell’Ue (FRA) e presentati oggi a Bruxelles in occasione della Conferenza “Affrontare la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e l’identità di genere”.

Per quanto riguarda l’Italia, il sondaggio ha rilevato in tutti e tre i campi d’indagine una percentuale superiore alla media europea. L’unica eccezione riguarda la discriminazione registrata dal gruppo Lgbt quando si ricerca un lavoro. In questo caso la media europea del 20% coincide con quella italiana.

A confermare la preoccupante situazione delle persone Lgbt in Italia vi sono i dati raccolti dall’ dall’Associazione internazionale lesbiche, gay, bisessuali, trans ed intersex (ILGA).
L’indice Europa arcobaleno,(http://www.glen.ie/attachments/Side_A_-_Rainbow_Europe_Map_May_2014.pdf) utilizzato dall’ILGA per definire la tutela nazionale dei diritti Lgbt, è estremamente basso per l’Italia e si attesta al 25%, ben lontano dall’82% del Regno Unito o al 78% del Belgio e 70% dell’Olanda. Peggio di noi fanno solo Lituania (22%), Andorra (21%), Bosnia Erzegovina (20%), Cipro (20%), Lettonia (20%), Lichtenstein (18%), Kosovo (17%), Moldavia (17%), Bielorussia (14%), San Marino (14%), Turchia (14%), Macedonia (13%), Ucraina (12%), Monaco (10%), Armenia (9%), Azerbaijan (7%) e Russia (6%).

L’esponente del Partito Democratico Ivan Scalfarotto riconosce la triste situazione italiana nel corso del suo intervento alla Conferenza, che è stata promossa dalla Presidenza semestrale italiana dell’unione europea. “In Italia sono un cittadino di serie B”, ha affermato il politico, che pure è sottosegretario al ministero per le Riforme Costituzionali. Scalfarotto ha ricordato un periodo di lavoro trascorso nel Regno Unito ed ha riconosciuto “amaramente” che come cittadino appartenente al gruppo Lgbt ha ricevuto un trattamento migliore nel paese britannico piuttosto che nella penisola.

Al contempo tuttavia ci sono segnali positivi per le persone Lgbt, come la stessa Conferenza FRA, organizzata dalla Presidenza Italiana del Consiglio, primo evento di questo tipo nella storia delle presidenze di turno.
Ciò dimostrerebbe una rinnovata volontà delle istituzioni europee di affrontare la discriminazione e l’ostilità fronteggiata tutt’oggi in Europa dalle persone Lgbt.
Secondo l’ambasciatore Stefano Sannino, rappresentante italiano presso l’Ue, l’Italia nel periodo di presidenza del Consiglio europeo vuole “aprire la porta in Europa alla questione Lgbt. Vogliamo discutere e cambiare la mentalità e l’atteggiamento nei confronti delle persone omosessuali, nelle scuole, nei posti di lavoro e nella società. Abbiamo bisogno di lavorare per dare voce a quella parte di società che non ne ha una”.

Della stessa opinione il direttore della Fra Morten Kjaerum, secondo il quale: “La corrente sta cambiando, molti stati membri stanno vivendo momenti positivi. Dobbiamo costruire su questa situazione. Il nuovo Parlamento e la nuova Commissione stanno per insediarsi, e il tempo è maturo per rimettere l’uguaglianza e la non discriminazione delle persone Lgbti nell’agenda Ue”.

Tuttavia, bisogna essere cauti sugli eventuali risultati raggiungibili perché “c’è un limite a quello che la Commissione è in grado di fare, considerato il rispetto per le leggi e le competenze degli stati membri” ha ricordato Martine Reicherts, commissaria Ue per la Giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza. “Se spingiamo troppo vi è il rischio di ottenere una forte opposizione”, ha sottolineato la Reicherts. Di conseguenza, secondo la commissaria “è necessario sviluppare un action plan in cooperazione con gli stati membri se vogliamo affrontare efficacemente le discriminazioni”. Al contempo, “si deve essere disponibili ad accettare compromessi. Perché poco è meglio di nulla”.

Riprendendo le parole del presidente del Consiglio Matteo Renzi, enunciate nelle Aule del Parlamento e nei dibattiti televisivi, Scalfarotto ha dichiarato che il Partito Democratico ha come progetto “quello di riconoscere le unioni civili tra persone omosessuali secondo un modello di legge simile a quello tedesco”.
I diritti delle coppie omosessuali “formali” verrebbero equiparati a quelli delle coppie etero sposate. Inoltre, sempre seguendo lo stampo tedesco, verrebbe riconosciuta anche l’adozione del figlio del partner altresì nota come “step child adoption”, che consente di tutelare il bambino cresciuto dalla coppia omossessuale mediante il riconoscimento del genitore non biologico.
In questo modo ad esempio, se il genitore biologico dovesse morire, “il minore non rimarrebbe abbandonato perché il genitore non biologico conserva il diritto a vedere il bambino che ha cresciuto”. Questo è l’impegno che ha preso il Presidente del Consiglio, il quale, “ha dichiarato di voler mettere in questo provvedimento la stessa energia spesa per il Jobs act” ha sottolineato Scalfarotto.

Quando viene fatta notare la diversa sensibilità mostrata sull’argomento dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, Scalfarotto ritiene che per “modernizzare il Paese è necessario rinunciare a parte della propria identità novecentesca. Così come il partito democratico ha fatto tale rinuncia, così tocca anche alla destra”. E le parole di Alfano sulle nozze gay? “Un eccesso di zelo” secondo Scalfarotto. In Italia le trascrizioni non producono effetti giuridici, ma “il tempo degli atti simbolici è passato. Oggi è il momento delle decisioni vere”.

Non vi sono scadenze precise in merito alla legge sulle unioni civili anche se il sottosegretario aspetta di concludere la riforma entro il 2018, sebbene Renzi abbia invece definito la data di scadenza subito dopo la seconda lettura della riforma costituzionale e l’approvazione della legge elettorale. “Noi siamo impegnati nella riforma costituzionale del bicameralismo, della legge elettorale, della giustizia, del fisco, della pubblica amministrazione, della scuola, quindi lo sforzo riformatore del governo comprende una serie enorme di attività che non possono essere fatte tutte quante nello stesso momento”. Dopotutto, ha sottolineato l’esponente del PD “sono 49 anni che aspetto, che siano 49 anni e 6 mesi oppure 50 non fa differenza. È più importante sottolineare che per la prima volta un presidente del consiglio dice queste cose, poiché nessuno lo aveva mai fatto prima”, ha concluso il Scalfarotto.

Il tema della tutela dei diritti Lgbt si inserisce nel quadro più ampio delle riforme legate ai diritti civili, come il divorzio breve, l’assegnazione ai bambini del cognome della madre, e alla modernizzazione dei diritti legati alla vita privata dei cittadini. Nuovi passi avanti stanno per essere compiuti e secondo Scalfarotto c’è da aspettarsi un effetto a valanga, frutto di “un percorso più laico più rispettoso delle differenze”.
fonte http://www.eunews.it-Daria Delnevo

giovedì 30 ottobre 2014

Arriva il nuovo social network "Ello" l'anti-Facebook e spopola nella comunita' Lgbt

Si chiama Ello ed e' gia' stato ribattezzato l'anti-Facebook, punta sull'assenza di pubblicita' e si presenta con un manifesto in cui promette di non trattare gli utenti come merce.

Il nuovo social network ha debuttato alcuni mesi fa, ma la sua popolarita' sta avendo un picco ora, soprattutto tra la comunita' Lgbt, in polemica con Facebook per la sospensione di alcuni account di drag queen 'colpevoli' di aver usato il loro nome d'arte al posto di quello reale.


Oggetto del contendere e' una nuova regola di Facebook che impone di usare - nei profili personali ma non nelle pagine pubbliche di artisti, enti e aziende - il nome che compare sulla carta d'identita'. La societa' di Mark Zuckerberg ha motivato l'adozione della 'Legal Name Policy' con la volonta' di mantenere il social sicuro, ma per alcune drag queen, che hanno bollato la scelta come ''ingiusta e discriminatoria'', non e' affatto cosi'. Per protestare hanno indetto una manifestazione, il 2 ottobre a San Francisco, pubblicizzandola anche su Facebook, dove l'iniziativa conta gia' l'adesione di oltre mille persone.

Ad approfittare di questa bagarre sembra essere proprio Ello, che sta registrando un boom di iscrizioni. Il social network e' ancora in versione beta e per farne parte occorre conoscere qualcuno che e' gia' dentro, oppure chiedere un invito sul sito internet. Stando al fondatore, il creatore di giochi Paul Budnitz, Ello sta ricevendo 4.000 richieste di invito all'ora. ''Non devi usare il tuo vero nome per essere su Ello. Noi incoraggiamo le persone a essere chi vogliono essere'', ha detto Budnitz. ''Ello da' il benvenuto alla comunita' Lgbtq. Siamo entusiasti di vedere che tante persone si stanno spostando sul nostro social network''.

E la liberta', sulla nuova rete sociale, e' anche dalla pubblicita'. ''Il tuo social network e' di proprieta' degli inserzionisti. Ogni post che condividi, ogni amicizia che stringi, ogni link su cui clicchi viene monitorato, registrato e convertito in dati'', si legge sul manifesto di Ello. ''Gli inserzionisti acquistano i tuoi dati in modo da poterti mostrare piu' annunci pubblicitari. Sei il prodotto che viene comprato e venduto. Noi crediamo che ci sia un modo migliore. Crediamo che un social network possa essere non uno strumento per ingannare, costringere e manipolare, ma un luogo per connettersi, creare e celebrare la vita. Tu non sei un prodotto''.
fonte http://www.ansa.it/RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA-foto Ansa

Lgbt: Danimarca cambiare genere sui documenti senza l’obbligo del chirurgo

A partire dal 1° settembre, in Danimarca, le persone trans che vorranno modificare la definizione di genere riportata nei loro documenti d’identità non saranno più tenute a sottoporsi a invasivi interventi chirurgici per cambiare il sesso.

Il Parlamento del paese scandinavo, infatti, ha introdotto una legge in base alla quale sarà sufficiente la sola autocertificazione del soggetto interessato. Gli unici requisiti richiesti saranno un’età minima di 18 anni e un periodo di sei mesi di attesa durante il quale gli interessati verranno invitati dagli psicologi a ponderare ulteriormente la loro scelta.

Con questa decisione la Danimarca diventa la nazione europea con la legislazione più avanzata in tema di cambiamento legale del genere nel quale ci si identifica.
Fino ad oggi – sottolineano le organizzazioni LGBT – solo l’Argentina aveva una normativa simile.
fonte http://www.west-info.eu/it/di Ivano Abbadessa

Lgbt: Daria Bignardi ai microfoni di “Oltre le Differenze” focus anche sulla transessualità tra piccoli riconoscimenti e vuoti legislativi, venerdì 31 ottobre

Venerdì 31 ottobre focus anche sulla transessualità tra piccoli riconoscimenti e vuoti legislativi con la testimonianza di Vittoria Agnese e il parere dell’avvocata Cathy La Torre

Sarà la scrittrice, giornalista e conduttice tv Daria Bignardi ad aprire la puntata di “Oltre le Differenze”, il format radiofonico di informazione sul mondo gay, lesbico, bisex, transessuale e queer, condotto da Natascia Maesi e Oriana Bottini, venerdì 31 ottobre alle 21 su Antenna Radio Esse (FM 91.25, 93.20, 93.50, 99.10 o diretta online dal sito www.antennaradioesse.it) e in replica sabato 1° dalle ore 15.

Daria Bignardi dal programma tv di La7 “Le invasioni barbariche” ai microfoni di Oltre le Differenze per presentare il suo nuovo libro "L'amore che ti meriti" edito da Mondadori, quarto romanzo dell’autrice ferrarese in cui si racconta di segreti, amori, famiglie, indagini… e la giornalista approfitterà anche per parlare di tutti gli amori e di diritti civili. Daria Bignardi sarà inoltre a Pienza sabato 1 novembre alle 18 nell’ambito del Caffeina Festival, intervistata da Luca Sofri.

Approfondimento poi sul mondo transessuale, in particolare sulla battaglia per la rettifica del sesso anagrafico senza ricorso all’intervento chirurgico
in favore delle persone intrappolate in un corpo dal genere biologico diverso da quello psicologico. Ascolteremo la testimonianza di Vittoria Agnese, studentessa catanese che ha ottenuto il cambio di nome sul libretto universitario e il parere di Cathy La Torre, avvocata esperta in materia nonché vice-presidente del MIT di Bologna.
Non mancheranno i consigli su libri, serie tv, eventi lgbt e moda nella rubrica Rainbow Life Style.

E' sempre possibile interagire con la redazione del programma attraverso la mail redazione.oltreledifferenze@gmail.com, la pagina fan su Facebook e il blog www.oltreledifferenze.wordpress.com.
fonte Redazione OLTRE LE DIFFERENZE

mercoledì 29 ottobre 2014

Lgbt Libri: “Le inutili vergogne” di Eduardo Savarese

Eduardo Savarese, magistrato di professione, è anche uno scrittore di romanzi a tematica lgbt: il suo primo romanzo “Non passare per il sangue”, storia omosessuale vissuta all’interno dell’esercito, rivisitazione da L’amore assente, ha avuto un buon successo.

E’ appena uscito il suo secondo romanzo “Le inutili vergogne”, edito sempre da E/O, presentato lo scorso giovedì 23 ottobre presso Rain, circolo culturale lgbt di Caserta, e la cui narrazione si focalizza sul rapporto difficile e ostile tra omosessualità e Chiesa.
Gli amori, gli affetti, il peccato, i sensi di colpa, la pressione di una cultura, quella cattolica, che inevitabilmente influenza vite ed esperienze di persone che vivono il nostro contesto, i corpi, la loro esaltazione, il loro mutamento, le questioni dell’identità di genere sono le parti portanti della storia su cui si evolve il romanzo: abbiamo intervistato Eduardo, affrontando anche questioni da lui affrontate attraverso la sua attività giurisprudenziale e giuridica in riferimento ai diritti lgbt.

Come è nata l’idea del libro?
L’idea è nata da tre nuclei, due immaginativi, l’altro più concettuale. Il primo nucleo: un personaggio di un certo peso sociale e di età matura, che “esplodesse” portando alla luce tutto quanto teneva nascosto; il secondo nucleo: una creatura transessuale, che fosse per certi versi inquietante e poco credibile, per altri l’ancora di salvezza del protagonista; il terzo nucleo, concettuale, fare narrativa intorno al rapporto tra corpo e anima.

Sei magistrato e ti occupi di diritti, spesso violati: quale è la situazione attuale a livello culturale e giuridico che il Paese sta affrontando in merito ai diritti Lgbt?
Il livello giuridico, se pensiamo alla mancanza di norme, è molto buono: i giudici cercano di tutelare i diritti e di trovare un concreto spazio di vita per essi: credo che a livello culturale ci sia ancora molta confusione, ed una comunicazione che stenta a fare chiarezza.

Diverse iniziative come affermazione civile promuovono i diritti nella loro affermazione, appunto, attraverso ricorsi e procedimenti giudiziari: quali sono gli effetti di questo percorso ormai affermato da più anni attraverso l’esperienza di diverse associazioni per i diritti Lgbt? È utile come metodo in un contesto giuridico basato sulla legge scritta e non sul precedente giurisprudenziale?
E’ utilissimo: viviamo in un sistema giuridico transnazionale e la creazione giurisprudenziale del diritto è ormai al centro.

Veniamo al libro che hai avuto modo di presentare presso Rain lo scorso giovedì, “Le inutili vergogne”: il titolo, perché una scelta così diretta, anticipatrice e manifesta del contenuto che il lettore si attende nella lettura? Esiste una scelta letteraria in questo?
Il titolo del romanzo è quasi didascalico, lo so: tuttavia, leggendolo fino all’epilogo, credo si comprenda che il percorso tracciato, e vissuto dai personaggi, è meno scontato e politicamente corretto di quanto il titolo lasci immaginare; direi, quindi, che è un procedimento letterario improntato all’ironia, nel senso più proprio del termine, quello che ha dato vita al titolo.

Le reazioni da parte del pubblico finora registrate?

Molto intense e appassionate: l’aggettivo più usato? Che è un libro “vero”, e che “riconcilia” con l’esistenza.

Come possiamo classificare, se così si può dire, “Le inutili vergogne”?
Un romanzo di formazione, ma non nel senso classico del termine: direi una formazione a ritroso, per ri-pensare e ri-fondare vite già vissute a fondo.

Gli amori, gli affetti, il peccato, i sensi di colpa, la pressione di una cultura, quella cattolica, che inevitabilmente influenza vite ed esperienze di persone che vivono il nostro contesto, i corpi, la loro esaltazione, il loro mutamento, le questioni dell’identità di genere: tutti questi temi come vengono calibrati e affrontati all’interno della narrazione del libro?
I temi che citi sono calati nelle esperienze di vita di tutti i personaggi che vivono nelle pagine del mio romanzo: solo un’esperienza esistenziale profondamente radicata nella realtà può dare vita a personaggi “pieni”, in grado di restare, ben al di là delle occasioni di trama; ho adoperato un duplice livello narrativo, uno nel presente, in terza persona, più lineare, ed anche grottesco e crudo; un altro nel passato, in un misterioso dario scritto in corsivo in prima persona, dove la visione mistica della vita è al centro … per riconnettersi, infine, alla preziosità irripetibile della carne di ciascuno di noi.

A chi hai voluto rivolgerti maggiormente attraverso la scrittura del tuo libro?
Mi rivolgo ai misteri che ciascuno di noi si porta nascosti, nel cuore.

Le fasi della composizione del testo: come sono avvenute e quali sono state?
Il romanzo è stato scritto e riscritto. Alla fine, è emersa (chissà da quale recesso nascosto di me) la voce del passato, quella che parla, al femminile, in prima persona. Con la quale ho tentato la mia riconciliazione e composizione armonica, narrativamente parlando, tra le pulsioni della carne, i bilanci di una vita, le occasioni e le rinunce, e il percorso che ci porta al Divino.

Cosa ti aspetti dal futuro come magistrato e come scrittore, soprattutto, in un cambiamento a favore dell’eguaglianza nelle differenze effettiva dei cittadini, auspicabile ma ancora altamente ostile nel suo verificarsi?
Mi aspetto un maggiore coinvolgimento delle persone omosessuali nell’affermazione della loro verità e dei loro diritti; da cattolico, mi aspetto una ventata di ossigeno nella concezione dell’amore omosessuale; e, a breve termine, una legge intelligente su matrimonio e filiazione. Ma, mi aspetto pure che si ricorra poi in concreto a questa legge e che non resti un trofeo di carta.
fonte http://www.pianetagay.com By Alessandro Rizzo

martedì 28 ottobre 2014

Lgbt: Anna Marchesini, ritorno a Teatro dopo la malattia: "La vita è sorprendente, mi sento una donna del '900"

La storia di un professore in pensione, dall'esistenza piatta e monotona.

E' con questa storia che torna a calcare le scene Anna Marchesini, per la prima volta a teatro da autrice e attrice dopo la malattia che l'ha colpita. "Solista" in un certo senso, lei che è stata uno dei volti dello storico Trio con Solenghi e Lopez, la Marchesini con "Cirino e Matilda" torna in scena al Teatro Piccolo di Milano con lo spettacolo-reading dopo sei anni di assenza. Come racconta in un'intervista al Corriere della Sera "la storia del povero pensionato è simile a tante altre: lui non vive ma si lascia vivere senza capire neanche il perché. E' uno che non ha. Sono quelle vite che scorrono piane, senza scosse, senza sogni né desideri...m a basta uno scivolone oppure una inaspettata carezza, o un incontro speciale, insomma una minima increspatura dell'ordinarietà e la vita può cambiare direzione".

Al centro del suo spettacolo, quindi c'è la solitudine: "Quella che viviamo tutti in questa società numericamente molto affollata, iper stimolata, super tecnologizzata e globalizzata, ma alla fine risulta solo la somma di tante solitudini". Ma tutto questo non basta per sentirsi parte di qualcosa: "Ci ritroviamo orfani di attenzioni, di rapporti interpersonali, di un confronto con l'altro". "Io rifuggo da iPhone, iPad, web persino dai computer. Stare davanti allo schermo mi dà l'ansia, mi fa venire caldo, basti dire che non uso nemmeno la macchina da scrivere, i miei libri li scrivo a penna. Non sono e non voglio essere aggiornata, non voglio conoscere i segreti di internet, io sono una donna del Novecento, anzi direi a cavallo tra '800 e '900. Non ho voglia di imparare questo genere di comunicazione che non comunica nulla. Desidero morire senza sapere nulla".
fonte http://www.huffingtonpost.it