sabato 5 aprile 2014

Lgbt: Transessuali e ospedali, la vergogna dello Stato italiano che non riconosce il sesso di elezione della persona ricoverata

La notizia ci arriva da un comunicato congiunto di Arcigay Napoli e Salerno.
E riguarda il calvario che le persone transessuali subiscono quando vengono ricoverate in ospedale. La loro dignità è calpestata senza se e senza ma. Ecco quanto accaduto in un ospedale partenopeo qualche giorno fa.


“Una donna transessuale – si legge nel comunicato- è ricoverata per un ictus da diversi giorni presso l’Ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, e come accade sempre in questi casi, è ricoverata in un reparto maschile. E’ lancinante lo sconcerto per il disorientamento che si legge negli occhi di questa persona, costretta, da norme che non riconoscono il suo corpo ma solo un nome su un documento non ancora “normalizzato”, a subire un sopruso di fronte al quale siamo impotenti.

Invochiamo il rispetto della dignità di questa persona, ed allo stesso tempo ci chiediamo se sia ancora possibile che si debba intervenire, ogni volta, confidando nel buon cuore e nella disponibilità del responsabile di reparto di turno.
Chiediamo che si intervenga affinchè sia regolamentato l’accesso alle strutture sanitarie pubbliche per le persone transessuali con documenti non ancora corrispondenti alla loro identità, attesa anche l’incredibile complessità delle procedure previste dalla legge vigente per la riattribuzione anagrafica. Sono procedure che prevedono tempi lunghissimi, un doppio procedimento giudiziario, e l’obbligo della sterilizzazione preventiva, con liste d’attesa oramai proibitive nei nostri ospedali.

Alcune amiche assistono la ricoverata, mettendo una coperta tra lei e gli uomini con cui condivide la stanza, mentre il personale sanitario la spoglia per le operazioni di pulizia.
Questo è rispetto? Al momento la paziente non è in grado di intendere e rispondere, nemmeno ha l’uso della parola. È sola da diversi giorni, abbandonata a se stessa in un reparto maschile Ancora solitudine e sofferenza.
Importante è averla trovata (D.L. Falanga). Manlio Converti ha segnalato un altro caso, quello di Claudia, ricoverata dopo essere stata aggredita in piena notte. Claudia è stata ricoverata in un reparto maschile, chiamata con nome maschile, trattata come se la sua persona non ci fosse.

“Quanti e quante di noi – sottolineano dall’Arcigay- trovandosi in ospedale, per emergenza o procedure legate alla transizione, si sono sentit* ferit* e pres* in giro, anche in quei reparti dove le persone transessuali ci sono ogni giorno?
Quanti uomini FtM, per affrontare l’isterectomia, si sono visti mettere in isolamento in una stanza di ginecologia e sono stati invitati a non vagare per i corridoi, essendo un reparto femminile che ospita un uomo?
Per l’organizzazione mondiale della sanità salute significa: stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia.
Lo stato ci nega i documenti. La sanità ci nega la dignità.
E’ ora di dire basta. Siamo persone, non oggetti in riparazione da tenere nascosti”.


Per dire basta a questo stato di cose Michela Angelini di Livorno ha lanciato in rete una petizione di firme per una proposta di legge da presentare al presidene del Senato Piero Grasso.

Eccone il contenuto:
Mi chiamo Michela e sono una donna nata maschio. Vivo come donna da ormai tre anni e ho una relazione stabile con un ragazzo che ha fatto il percorso inverso al mio (da donna a uomo) che è anche un ottimo genitore.

Abbiamo una vita tranquilla e felice, finché non abbiamo necessità di utilizzare i nostri dati anagrafici.In Italia, infatti, per cambiare l’indicazione di sesso e nome sui documenti viene richiesto un lungo e costoso iter medico e giuridico che può durare anche 6 anni e che troppo spesso viene concesso solo dopo l’avvenuta sterilizzazione chirurgica.
Durante questo periodo è inevitabile l’obbligo di convivere per anni con l’aspetto desiderato ma con documenti che non ci rappresentano più, con inevitabili problemi e continue violazioni della privacy.Io, come tante altre persone transessuali, non ho intenzione di subire mutilazioni genitali, perché sono in perfetta sintonia con il mio corpo attuale.
Io, come tante persone transessuali, sono stanca di perdere tempo, energie e soldi per colpa di una legge scritta 32 anni fa, che nessuno intende rinnovare.
In questi anni me ne sono capitate diverse, la più frequente è il dover spiegare perché sui documenti che mostro c’è un nome maschile quando pago con la carta di credito, quando ritiro le analisi, quando passo un check-in, quando mi intestano una fattura, ritiro un pacco o prelevo dei soldi allo sportello delle poste e, ovviamente, tutti i presenti ne vengono così a conoscenza.

Sono veterinaria, quanti clienti avrei timbrando ogni prescrizione e ogni fattura con un nome ed un codice fiscale maschili?
Quanti colloqui di lavoro sono stati bruciati dall’essere transessuale?
Qualche mese fa ho superato ben tre selezioni, con tanto di complimenti da parte dell’ultimo esaminatore.
Nessuno aveva pensato di chiedermi i documenti.
Quando sono stata obbligata a svelarmi come donna transessuale sono iniziate le scuse e il lavoro è andato a qualcun altro.
Quanto tutto questo incide sulla transfobia che porta l’Italia ad essere il primo paese in Europa per omicidi di persone transessuali?
Quanto tutto questo incide sui suicidi e sull’isolamento che quotidianamente avvengono nel nostro paese?
Per garantire dignità ed inserimento sociale alle persone transessuali e transgender e per vietare gli interventi mutilativi sui neonati nati intersessuali, chiedo alla Presidente della Camera Laura Boldrini e al Presidente del Senato Pietro Grasso che tale proposta venga celermente avviata all’iter di approvazione e convertita in legge.

Per firmare basta cliccare su questo link:
https://www.change.org/it/petizioni/per-l-approvazione-di-una-legge-che-tuteli-le-persone-transessuali
Noi di NEWS DAL MONDO LGBT abbiamo firmato!..Che tu sia etero gay o lesbica anche la tua firma è importante....
fonte http://www.unavoceperledonne.it By Viviana Pizzi

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