lunedì 17 giugno 2013

Lgbt Cinema: “Lei è mio marito” il film su un’avvocatessa trans e sul suo matrimonio con una donna

"Lei è mio marito" è un film documentario, prodotto dalla Kenzi Productions di Milano e diretto da Annamaria Gallone, che verrà presentato ai festival internazionali di cinema.

Parla di Alessandra Gracis, un’avvocatessa civilista transessuale, che, dopo il cambio di sesso, ha sposato civilmente la sua compagna, ora moglie, Roberta, perché all’anagrafe il suo genere non è stato ancora rettificato.

Alessandra Gracis è un’affermata avvocatessa civilista di Treviso, di famiglia borghese, figlia di un famoso primario. Alessandra fino a qualche anno fa, però, era Alessandro (e per lo Stato lo è ancora, come vedremo). La sua storia ha ispirato un film documentario, Lei è mio marito, che ha seguito gli ultimi 3 anni della sua vita, fino all’operazione per il cambiamento di sesso e al matrimonio con la sua compagna.

La vicissitudini personali di Alessandra raccontano una storia in cui molte persone transessuali si potranno riconoscere: la curiosità da ragazzini per gli abiti femminili della madre, il turbamento della maturazione sessuale, il disagio nell’affrontare la vita nei panni di un uomo, la repressione.

Fino a quando, a Carnevale del 2005, Alessandra si fece convincere da un’amica a travestirsi da donna: “Ha scoperchiato una pentola che sapevo piena di sconvolgenti verità… Quando mi struccai, piansi.

Sapevo che il giorno dopo sarei tornata ad essere Kent, mentre io volevo conservarmi Superman, anzi Superwoman”. Alessandra desiderava fortemente esprimere la sua femminilità ed arrivò a organizzare un calendario di beneficenza in cui si fece ritrarre vestita e truccata da donna: “Nessuno avrebbe dubitato di me ed intanto avrei potuto rivedermi truccata e vestita”.

Poi, grazie anche all’aiuto del Mit, il Movimento di Identità Transessuale, di Bologna, Alessandra acquistò fiducia in se stessa e decise di cominciare a girare in abiti femminili, e all’inizio non fu facile, con i soci del suo studio che le voltarono le spalle.

Tuttavia, ricevette il supporto dell’ambiente giuridico, per esempio quando fu invitata ad un convegno a Pisa: “È stato commovente l’applauso dei presenti. Non lo dimenticherò mai. Non c’è stato alcun pregiudizio, anzi…

E poi l’Ordine degli Avvocati di Treviso che mi diede due tesserini professionali per agevolarmi: uno con la mia foto da uomo e l’altro con quella da donna.
Un apripista che mi ha permesso di avere in seguito la carta d’identità e il passaporto con foto femminile e nome maschile”.

Una cosa che l’ha sorpresa molto è stata il sostegno da parte dei clienti, sia quelli grandi, come Benetton, sia quelli piccoli, come un agricoltore di 70 anni, che, dopo aver appreso la notizia, le disse: “Avvocato, se lei ha avuto questo coraggio, allora la mia causa è davvero in buone mani”.

La famiglia non ha avuto la stessa reazione: “I miei genitori appartengono a un’altra generazione per loro è difficile capire.
Continuano a chiamarmi Sandro e per la mamma sono e sarò sempre il suo unico figlio maschio… Mi spiace aver causato tanto dolore ai miei: la mia non è una passeggiata sul tappeto della Croisette, ma una navigazione in un mare pieno di onde”.

Un posto speciale nel documentario, e nella vita di Alessandra, ovviamente, è occupato da Roberta.
La storia tra di loro era iniziata come una relazione eterosessuale, che si era interrotta quando Alessandra aveva iniziato il suo percorso verso il cambio di sesso. Roberta però le assicurò che le sarebbe sempre stata vicina, e così è stato.

Le due hanno convolato a nozze il 21 dicembre 2012, perché per lo Stato italiano Alessandra è ancora un uomo. È stata lei stessa a non formalizzare ancora il cambio di genere: “Il ritardo è per tutelare il mio matrimonio.
Il cambiamento di sesso in Italia è causa di scioglimento del vincolo. E io voglio tutelarlo”. Ironicamente il matrimonio è stato fissato nella data che per i Maya doveva significare la fine del mondo e che per lei è stata un nuovo inizio.

Molto soddisfatta della riuscita della pellicola è la regista Annamaria Gallone: “Ho incontrato Alessandra a Milano, mi era stata raccontata la sua storia e ne ero rimasta colpita…
Abbiamo parlato per cinque ore. E il suo personaggio mi ha affascinato.
Non è la solita storia di trans, ma il racconto dell’evoluzione di una persona accanto alla sua compagna. Devo dirlo: sono molto orgogliosa di questo film. Abbiamo parlato di un tema difficile senza mai cadere nella morbosità”.
fonte http://www.gaywave.it

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