martedì 26 marzo 2013

Lgbt: «Per salvarmi ho dovuto uccidermi» L'intervista ad Abdellah Taïa scrittore marocchino


L'intervista ad Abdellah Taïa, uno scrittore marocchino che da adolescente ha subito violenze solo perché gay. Ora vive a Parigi e con i suoi libri difende i diritti degli omosessuali musulmani

Da bambino ha scoperto che la società era alla ricerca di qualcuno da sacrificare.
Qualcuno su cui riversare le proprie paure, ossessioni e frustrazioni.
La sorte ha voluto fosse proprio lui quella persona: «E così ho imparato a morire dentro, tutto d'un colpo».

Abdellah Taïa, 39 anni, è uno scrittore marocchino che vive a Parigi.
Dal 2006 è conosciuto per aver dichiarato pubblicamente in Marocco la sua omosessualità.
Essere gay lì è considerato illegale: «Ma non era illegale, quando avevo 12, 13 anni, essere lo strumento sessuale di uomini repressi. Per il quartiere la vergogna era la mia indole, non le violenze che subivo».

Nei suoi libri ha raccontato la difficoltà di essere gay in un paese musulmano, e, nonostante tutte le umiliazioni che ha vissuto, oggi crede che le cose vadano meglio: «Prima della primavera araba ero pessimista, ora sento il dovere di non esserlo più nel rispetto di tutti quelli che combattono per la libertà, il processo di cabiamento è appena iniziato, ma ce la faremo».

Quando ha capito di essere gay?
«Non c'è stato un giorno preciso, l'ho sempre saputo. Alle elementari mi sentivo diverso dalla maggioranza dei bambini maschi, ma non mi pesava. Ho amato in modo innocente alcuni compagni di classe, e so che qualcuno di loro ha ricambiato il mio amore. L'innocenza e la purezza rendeva tutto "normale"».

Quando sono cambiate le cose?

«Verso i 12 anni. Lì ho capito che ero "un certo uomo", rientravo in una categoria diversa da quella dei miei fratelli. Ero diventato l'oggetto del desiderio di alcuni signori del quartiere. Improvvisamente avevo una reputazione, ero "il frocio". C'era chi mi guardava male e chi, di nascosto da tutti, mi voleva possedere. Avevo solo 12 anni».

L'oggetto del desiderio di uomini gay?

«Certo che no, non esiste l'omosessualità in Marocco. Nelle loro testa mi usavano solo per soddisfare alcuni bisgni sessuali. Dall'amore puro delle elementari, improvvisamente è diventato tutto violento. Gli uomini (di qualsiasi età, ndr) potevano prendermi e soddisfare le loro esigenze fisiche. Nel mondo occidentale si chiamerebbe "stuprare"».

Come succedeva
?
«Per esempio un mio vicino di casa di 26 anni quando m'incontrava per la strada mi prendeva per mano e mi portava a casa dei suoi genitori, quando loro non c'erano. Mi faceva sdraiare sul letto e faceva quello che voleva. Poi mi lasciava andare, come se nulla fosse. Tanti uomini facevano così: mi toccavano, volevano che io li toccassi e poi in paese mi offendevano».

Lei come reagiva?

«Lasciavo fare. Nella mia testa mi dicevo: "Questo è il tuo ruolo, Abdellah". Non ero felice, ma allo stesso tempo pensavo che fosse normale che "un frocio" vivesse tutte quelle umiliazioni. Il pensiero della società era chiaro: "Esistono questi uomini perché tu sei così"».

Si sentiva in colpa?
«No, mi sentivo solo profondamente triste».

I suoi genitori sapevano che cosa le stava succedendo?
«Sapevano tutto, ma facevano finta di niente perché la vergogna ero io. Loro preferivano che fossi violentato e deriso piuttosto di ammettere che ero gay e proteggermi».

Che rapporto ha con loro?

«Non sono più arrabbiato. Da adolescente li ho odiati per non avermi aiutato. Oggi so che non avevano gli strumenti per capirmi. Quando la tua religione e il tuo stato ti insegnano che essere uomo e amare un altro uomo è una cosa riprovevole, è normale crescere credendo che sia vero».

Quando quegli uomini hanno smesso di "usarla"?
«Verso i 14, 15 anni».

Perché?
«Perché sono cambiato. A 13 anni ho rischiato di morire per aver toccato un cavo della corrente. Ho preso una forte scossa di elettricità. L'ho fatto apposta. Oggi lo leggo come un tentativo di suicidio. Quando mi sono svegliato era tutto diverso: ho perso la mia spontanneità per diventare l'uomo razionale che sono oggi. Ho perso i sogni e l'amore. Da quell'episodio ho deciso di cambiare per costruire un uomo fatto solo di pensiero».

Che cosa è sucesso dopo quell'espisodio?

«Ho iniziato a dire "no" a quegli uomini, a scappare. Ho smesso di essere un ragazzo gay, sono diventato solo un buon musulmano e un ottimo studente: studiavo, pregavo, studiavo».

Quando ha lasciato il Marocco?

«A 25 anni. Ho scelto Parigi per il cinema che amo sin da bambino. Guardavo i film egiziani con le mie sorelle, erano simbolo di ibertà. Poi a Parigi ho incontrato un editor che ha creduto in me, ha letto i miei racconti brevi e ha deciso di pubblicarmi».

Ha ritrovato se stesso?

«No, l'Abdellah dei sogni e dei sentimenti è ancora attaccato a quel cavo dell'elettricità davanti a casa, in Marocco. Non ho mai più dato il vero me a nessuno, per salvarmi ho dovuto uccidermi».

La scrittura l'ha aiutata?
«Mi aiuta a parlare alla gente. Mi sento fortunatao: molti uomini e donne gay del mio paese vivono ancora nascosti nell'ombra. Io scrivo per loro».

Il suo ultimo progetto?
«Ho appena finito di girare il primo film da regista. Un film tratto dal mio romanzo L'esercito della salvezza (Isbn Edizioni, 11, 48 euro). Abbiamo girato in Marocco, questo è un altro segno che le cose stanno cambiando. Davvero».

In Italia Isbn Edizioni ha pubblicato tre dei suoi romanzi:
L'esercito della salvezza; Uscirò da questo mondo e dal tuo amore; Ho sognato il re
fonte http://www.vanityfair.it di Greta Privitera

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