sabato 15 ottobre 2011

LGBT: PARLAMENTO EUROPEO VOTA RISOLUZIONE PER LA DEPATOLOGIZZAZIONE DEL TRANSESSUALISMO. GRANDE PASSO AVANTI DI CIVILTA’


Roma, Bruxelles, 13 ottobre 2011
Dichiarazione di Maria Gigliola Toniollo, Responsabile Cgil Nuovi Diritti e Sergio Rovasio, Segretario Associazione Radicale Certi Diritti:

“Il 28 settembre scorso il Parlamento Europeo ha votato una Risoluzione a sostegno dell'esclusione del transessualismo dalla lista delle malattie mentali nella futura versione della ICD - International Classification of Diseases" dell'Organizzazione Mondiale della Sanita'.

La risoluzione sostiene la battaglia che le associazioni delle persone transessuali stanno conducendo in tutto il mondo per ottenere nell'ICD 11 una riclassificazione della cosiddetta "disforia di genere", che preveda il ricorso ai farmaci, alle cure mediche e chirurgiche per le persone transessuali, ove ne abbiano la necessità, senza lo stigma negativo dell'inquadramento medico-psichiatrico.

L'Associazione Radicale Certi Diritti si felicita con il Parlamento Europeo, e ringrazia la parlamentare olandese Emine Bozkur, del gruppo socialista, presentatrice del testo, per l'impegno civile dimostrato verso una situazione umana complessa e gravemente colpita dal pregiudizio e rinnova il proprio impegno in favore della liberta' e dell'autodeterminazione delle persone”.
fonte Associazione Radicale Certi Diritti

Lgbt Stati Uniti: Samuel Brinton fù torturato a 12 anni per "guarirlo" dall'omosessualità, oggi ha 23 anni e lo racconta


Samuel Brinton oggi ha 23 anni, studia presso il Massachusetts Institute of Technology ed è gay.
Intervistato dal gruppo "I'm From Driftwood", un'associazione che raccoglie le testimonianze di gay, lesbiche e transgender in giro per gli Stati Uniti,ha svelato alcuni terribili retroscena riguardo al trattamento che gli avrebbero riservato la sua famiglia e la comunità religiosa dei Battisti del sud a causa delle sue preferenze sessuali.

Samuel aveva solo 12 anni quando decide di parlare ad un religioso dell'attrazione fisica che provava verso le persone dello stesso sesso. Davanti a quella affermazioni il missionario della chiesa Battista dello Iowa reagì iniziando a picchiarlo, al punto da mandarlo in ospedale.

Per lui, però, quello era solo l'inizio di un calvario: i maltrattatemi divennero sistematici e fu poi costretto a sottoporsi a delle "terapie" per "curarlo". Sul piano psicologico si adattò una tecnica a dir poco terroristica: gli venne detto che era malato di Aids e che era l'unico gay rimasto al mondo perché il governo aveva già sterminato gli altri: se voleva rimanere in vita doveva tenere ben nascosta l'attrazione che provava verso gli altri uomini.

Sul piano fisico, invece, si cercò di inculcargli l'associazione fra l'amore gay ed il dolore fisico: era costretto tenere cubetti di ghiaccio o a subire terribili scottature mentre gli venivano mostrate immagini di uomini che si baciavano. Torture che cessavano solo quando gli venivano mostrate immagini di amore eterosessuale.
Arrivarono addirittura ad infilargli degli aghi nelle dita per l'elettrocuzione mentre gli mostravano fotografie esplicite di sesso gay.

Dopo mesi di torture Samuel arrivò a pensare di suicidarsi e si spinse fino a salire sul tetto di un palazzo di tre piani. La madre cercò di fermarlo promettendogli «di amarlo ancora se fosse cambiato», quasi come se la vita di suo figli avesse avuto valore solo se eterosessuale.

Dopo essere stato scomunicato ed allontanato dalla famiglia, per Samuel la vita è finalmente cambiata ed ora è libero di poter raccontare e testimoniare quanto ha dovuto subire.
fonte http://gayburg.blogspot.com/

Lgbt: Femmina, maschio o non specificato: tra i passi avanti dell’Australia e la farsa italiana


Il Governo australiano, il 14 Settembre scorso, ha annunciato le nuove linee guida in materia di regolamentazione dell’indicazione relativa all’identità di genere sui passaporti.

Grazie a queste nuove norme d’ora in poi sarà più semplice, per le persone con sesso e/o identità di genere diverse da quelle della maggioranza della popolazione, poter scegliere l’indicazione di genere che sentono propria indipendentemente dall’essersi o meno sottoposti a riattribuzione chirurgica del sesso, mentre le persone intersessuali potranno scegliere, se lo vorranno, una terza opzione x per, traduco, indeterminato, non specificato o intersex oltre alle tradizionali o e a.

Si tratta dunque di un grande passo avanti nel riconoscimento dei diritti delle persone trans e intersessuali poichè alle persone trans viene riconosciuta la possibilità di adeguare il passaporto all’aspetto fisico e alla propria identità di genere senza necessità di sottoporsi alla riattribuzione chirurgica di sesso o prima di sottoporvisi; e alle persone intersex per la prima volta viene riconosciuto il diritto a definirsi appartenenti a un sesso/genere altro rispetto alla dicotomia maschio/femmina dominante, oppure a scegliere F o M come genere di appartenenza anche se diverso da quello che è stato attribuito loro alla nascita.

Sarà sufficiente una lettera da parte del medico che certifichi che la persona ha ricevuto o riceve trattamenti clinici appropriati per la transizione, oppure che si tratta di una persona intersex che non si identifica con il sesso assegnato alla nascita ma con quello opposto o con il genere intersex, il terzo genere o un genere non specificato.

Questa la notizia dall’Australia. Passiamo ora a vedere come è stata data in Italia, perchè il modo in cui la notizia è stata filtrata dalle maggiori agenzie di stampa italiane e essa stessa una notizia, una notizia che produce riflessioni e considerazioni amare.

In primo luogo spariscono subito le persone intersex.
Non c’è agenzia di stampa italiana in cui venga scritta la parola intersessuale.

Evidentemente il concetto di intersessualità nel nostro paese continua a risultare per lo più ignoto e ignorato: e perchè mai un giornalista serio dovrebbe prendersi la briga di verificare il significato di quell’intersex o di quel sex and gender diverse people presente nelle fonti originali? Già, perchè mai..?
Meglio tradurre sbrigativamente transessuali, senza riflettere sulle conseguenze di questa scelta.

La sparizione del termine intersex dai primi comunicati italiani ha avuto come primo effetto quello di sminuire enormemente dal punto di vista simbolico la rilevanza della decisione australiana che ha invece una portata storica reale.

Il riconoscimento pubblico della legittimità dell’essere e riconoscersi intersessuali è una conquista enorme per tutti e per le persone intersex in particolare, proprio a causa dell’invisibilizzazione cui invece sono generalmente costrette fin dalla nascita, invisibilizzazione che significa in primo luogo privazione dei diritti umani fondamentali quali il diritto all’integrità del proprio corpo, il diritto a non ricevere interventi di chirurgia estetica invasivi e irreversibili sui genitali e senza consenso informato, il diritto a non ricevere somministrazione di farmaci a vita per una ‘normalizzazione’ al maschile o (molto più spesso) al femminile non richiesta.

La cancellazione del termine e della categoria intersex e della sua sostituzione con transgender (o, peggio, con transessuali come se la decisione australiana si riferisse esclusivamente a persone di sesso femminile che transizionano verso il maschile), ha creato automatismi e certezze laddove invece la materia è tutt’altro che certa: nelle linee guida infatti la possibilità di scegliere la x esplicitata solo per le persone intersex.

Per le persone in transizione (for people transitioning) si parla della possibilità di cambiare il dato sul passaporto, sempre previa dichiarazione medica, specificando il genere di elezione (femminile o maschile), senza necessità di intervento chirurgico ai genitali ma rimanendo all’interno del binarismo sessuale, a meno che (sembra di leggere tra le righe) non venga loro certificata una qualche forma di intersessualità o di indeterminatezza di genere.

Detto questo, si può poi certamente discutere sull’opportunità o meno dell’indicazione del genere sui documenti; io sono tra coloro che caldeggiano l’eliminazione di questo dato da ogni tipo di documento di riconoscimento: il Governo britannico sta riflettendo proprio su questa possibilità sempre in relazione ai passaporti
(http://www.guardian.co.uk/uk/2011/sep/19/home-office-gender-free-passports).

Bisogna però anche tenere realisticamente conto del fatto che quella è una battaglia non facile da vincere nell’immediato futuro, visto che ci troviamo in società che si fondano proprio sul binarismo sessuale e sulla gerarchia dei ruoli sociali di genere.

Anche per queste difficoltà l’aggiunta di una categoria di sesso/genere e di una lettera corrispondente nei documenti può essere una soluzione (seppure intermedia e temporanea) e uno strumento per il riconoscimento di realtà altrimenti negate e private dei diritti elementari.

Il riconoscimento burocratico, infatti, non soltanto protegge dalle discriminazioni e facilita movimenti e azione quotidiane per le persone trans, ma restituisce legittimità giuridica, civile e sociale alla propria esistenza a chi invece è stato invisibilizzato fin dalla nascita e fisicamente modificato proprio perchè la sua esistenza fisica intersex era ritenuta inaccettabile in quanto non rispondente alla cornice culturale del binarismo sessuale.

Infine, come alcuni hanno fatto notare, rimane il pericolo costituito dall’esibire in paesi estremamente transfobici, omofobici e intersexfobici un documento che presenta un’alternativa al tradizionale rigido dimorfismo di genere.

In questi paesi, però , la situazione per chi non è conforme era e rimane pericolosa anche senza un documento che dia riconoscimento: è pericoloso nel momento in cui viene esibito un documento con un’indicazione di genere che non corrisponde all’aspetto attuale della persona; e in questi paesi generalmente le persone transgender già evitano il più possibile di fare scalo.

Certo è che in Italia difficilmente si potrà aprire un dibattito pubblico allargato alla cittadinanza estesa e un confronto serio su questi argomenti se chi ha il dovere di fare informazione corretta e precisa passa invece un’informazione distorta e falsata, e se di questa informazione noi continuiamo a fidarci prendendola per buona.

*Transessualità o DIG (disforia dell'identità di genere)
Situazione vissuta da quelle persone che sentono che la propria identità di genere non combacia con il corpo anatomico: per superare questa condizione di sofferenza la transessuale (MtoF: persona che nasce maschio e si sente donna)
o il transessuale (FtoM: persona che nasce femmina e si sente uomo)
cercherà di intraprendere un percorso di riallineamento fra l'identità di genere e le caratteristiche fisiche del proprio corpo, attraverso assunzione di ormoni e interventi chirurgici.

*Intersessualità o DSD (disorders of sex development)
Con intersessualità si indica una molteplicità e varietà di condizioni in cui si trova chi nasce con cromosomi sessuali, e/o un apparato riproduttivo, e/o caratteri sessuali secondari che variano rispetto alle definizioni tradizionali di ciò che è considerato femminile e maschile.
Spesso l'intersessualità non è evidente alla nascita ma si palesa durante la pubertà o può essere scoperta in età adulta.
fonte http://altracitta.org di Michela Balocchi per l’AltracittÃ

giovedì 13 ottobre 2011

Lgbt Polonia: primo deputato trans al Sejm Anna Grodzka capolista a Cracovia per movimento Palikot, vera sorpresa voto


VARSAVIA: Anna Grodzka, capolista a Cracovia per il Movimento Palikot (MP), una nuova formazione radicale fortemente anticlericale che ha ottenuto un autentico exploit di consensi alle legislative di ieri in Polonia, sara' il primo deputato transessuale sui banchi del Sejm, la Camera bassa del parlamento nazionale.

Come ha confermato infatti la tv pubblica Tvp, la Grodzka figura tra i nuovi parlamentari eletti al voto ieri, che ha visto la larga affermazione del partito liberale di centro Piattaforma Civica (Po) del premier Donald Tusk (39,19% dei voti), a spese di quello conservatore Diritto e Giustizia (PiS) dell'euroscettico Jaroslaw Kaczynski (29,88%).

Il Movimento Palikot a sorpresa si e' piazzato al terzo posto col 10,01%, davanti al Partito dei contadini (Psl) all'8,36% e all'Alleanza della sinistra democratica (Sld) quinta con l'8,25%. Anna Grodzka, 57 anni, psicologa e produttore cinematografico, ha cambiato sesso da non molto dopo aver vissuto per anni da uomo con il nome di Ryszard.

Attualmente presiede la Fondazione Trans-Fuzja che si batte per la parita' dei diritti dei transessuali. Il Movimento Palikot, dal nome del fondatore Janusz Palikot - un ricco, eccentrico imprenditore, e' destinato ad esercitare un'azione dirompente nella societa' polacca, tradizionalmente conservatrice e cattolica.
fonte http://www.ansa.it

Lgbt Brasile: In 700.000 sulla spiaggia di Copacabana per il Pride di Rio


Secondo le stime delle autorità, sono questi i numeri del sedicesimo Pride di Rio de Janeiro, mail più grande del mondo resta quello di San Paolo con i suoi 3 milioni di persone.

Domenica scorsa, in occazione del sedicesimo Gay Pride di Rio de Janeiro, 700.000 persone con bandiere rainbow, coloratissimi costumi o semplicemente tenendo per mano il proprio compagno o la propria compagna, si sono riversate per le strade della città del carnevale invadendo, come da tradizione, la spiaggia di Copacabana per chiedere a gran voce leggi più rigide contro l'omofobia.

E' quella della capitale San Paolo, però, ad essere considerata da sempre la manifestazione dell'orgoglio gay più partecipata del mondo.
Di solito, infatti, alla parata di San Paolo partecipano circa 3 milioni di persone.

L'omosessualità è legale in Brasile e la prima legge contro le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale risale al lontano 1988.

Adesso, le associazioni che si battono per i diritti delle persone lgbt hanno iniziato una serie di campagne per chiedere il riconoscimento delle nozze gay con pari diritti per le coppie etero e gay. In più, una battaglia importante è quella per chiedere allo Stato di intervenire contro le violenze ai danni delle persone lgbt.
fonte http://www.gay.it

Ricerca Lgbt: Omosessuali e trans discriminati sul lavoro: numeri dall’invisibilità


La discriminazione di gay, lesbiche, bisessuali e trans esce dall’invisibilità e dal silenzio grazie a “Io Sono Io Lavoro”: la prima ricerca scientifica quali-quantitativa di rilievo nazionale mai realizzata in questo campo in Italia.

La rilevazione è stata svolta da Arcigay, nell’ambito di un progetto omonimo, con il contributo del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

Attraverso 2.229 questionari compilati da persone lgbt, 52 interviste a testimoni qualificati e 17 storie di discriminazione sul lavoro prende finalmente forma un fenomeno finora inesistente nella riflessione scientifica e per il quale non esiste ancora alcun sistema consolidato di rilevazione.

“Grazie a questa ricerca la discriminazione delle persone gay, lesbiche, bisessuali e trans sul lavoro assume una dimensione reale sia attraverso i dati qualitativi che quantitativi”, dichiara Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay,

“Con la comprensione delle cause e della modalità della discriminazione di gay, lesbiche, bisessuali e trans sul lavoro – continua Patanè – possiamo finalmente definire delle strategie di prevenzione e contrasto non su situazioni presunte ma sul clima, spesso pesante, che si respira in imprese, aziende o enti pubblici. L’urgenza è quella di convincere le vittime a denunciare: la ricerca è chiarissima su questo. Gay, lesbiche, bisessuali e trans, se vittime di discriminazione, sono impotenti e non hanno punti di riferimento. Lavoreremo su questo”.

QUALCHE DATO
Il 19.1% delle persone lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e trans) intervistate riferisce di essere stata discriminata sul lavoro. Quanto alle discriminazioni la forma più grave, il licenziamento, è stata esperito dal 4,8% degli intervistati, in particolare da trans. Oltre due intervistati su tre affermano di aver parlato con qualcuno dell’accaduto, la maggioranza di questi si è rivolto ad amici e parenti, colleghi di lavoro e medici o psicologi, senza però trovare una effettiva soluzione all’accaduto.

Anche l’accesso al lavoro risulta difficoltoso: il 13% delle persone lgbt dichiara di aver vista respinta la propria candidatura per un posto di lavoro in ragione della propria identità sessuale.

Il 48% del campione controlla scrupolosamente le informazioni personali che comunica sul posto di lavoro per non correre il rischio di essere trattato ingiustamente.

Così un quarto degli omosessuali è completamente invisibile (nessuno è a conoscenza dell’orientamento sessuale) sul posto di lavoro; si tratta, in particolare, di intervistati con titolo di studio e livelli di inquadramento elevati. Negli enti pubblici lo svelamento del proprio orientamento, e quindi la condivisione serena della propria realtà, è meno diffuso, mentre lo è maggiormente nelle cooperative e associazioni. La visibilità è più elevata con sottoposti e colleghi, meno con datori di lavoro (52,5%), molto meno con clienti, utenti o committenti (24,6%). I settori lavorativi nei quali le persone lgbt sono maggiormente visibili sono nell’ordine: attività artistiche sportive e ricreative, poi alberghiero e ristorazione, poi le libere professioni, poi il commercio. Le persone lgbt sono maggiormente invisibili, in ordine di invisiblità, nelle forze armate, nei trasporti, nella scuola e nel’industria.

A parità di lavoro, gli uomini omosessuali guadagnano dal 10% al 32% in meno dei loro colleghi eterosessuali; nella maggior parte dei casi l’ingiustizia subita resta non denunciata né segnalata, portando, tra l’altro, a una grave mancanza di dati statistici e di informazioni tecniche sul fenomeno, gli autori delle discriminazioni sono solo o soprattutto uomini. Tutti i dati sono disponibili nel report pubblicato qui.

LA PAROLA AGLI STAKEHOLDER
Gli stakeholder, testimoni qualificati dal mondo delle aziende, sindacati, imprese, intervistati dai ricercatori di Io sono io lavoro aprono nuovi campi di indagini sulla discriminazione lgbt.

Più della metà mostra una mancanza di conoscenza del fenomeno discriminatorio contro le persone lgbt. In generale hanno poche informazioni o nessuna sul panorama legislativo riguardante il mobbing, sulla possibilità di inserire clausole anti-discriminazione in sede contrattuale e su quali procedure adottare per difendersi da trattamenti ingiusti e iniqui relativi all’orientamento sessuale. Sussiste confusione sull’esistenza di servizi a cui rivolgersi in caso si sia vittime di discriminazione.

Uniformità di pareri è espressa sulla discriminante nei confronti delle persone HIV+ sul luogo di lavoro, a causa della paura del contagio: la cura e l’assistenza sociale sono garantite, secondo gli intervistati, ma l’accesso di queste persone al mondo del lavoro è negato o viene attuato il licenziamento qualora la sieropositività sia nota.

ANTOLOGIA DI STORIE DI DISCRIMINAZIONE
La ricerca ha raccolto ben 17 storie di discriminazione. Eccone due a titolo esemplificativo.

Matteo, 29 anni: “se nel fare le loro lamentele non toccano il privato dei miei colleghi, quando devono lamentarsi con me mi affibbiano nomignoli omofobici. Quanto litigano con i miei colleghi non li deridono per la loro sessualità, per il loro privato o per le loro fattezze fisiche. Con me, invece, per il modo in cui appaio, lo scontro si concentra sul personale.”

Rosa, 50 anni: “È molto difficile provare questi tipi di discriminazione. Mi sono sfogata con amici e psicologi ma non ho mai intrapreso azioni legali. C’è paura di parlare e la consapevolezza che il sistema legale italiano non tutela nella maniera giusta, quindi si preferisce incassare e cercare lavoro da un’altra parte sperando che l’esperienza non si ripeta. Sento un grande vuoto in Italia per gestire questo aspetto della mia vita. Anche adesso non so se denuncerei. Forse ora ho più strumenti per reagire ad attacchi, sono più prevenuta, più prudente, non permetto agli altri di intromettersi in situazioni che poi si possono ritorcere contro di me. Ciò non toglie che essere invisibili sul lavoro sia una grande fatica e frustrazione: significa non essere visti, non essere considerati sotto un aspetto umano”. Tutte le storie di discriminazione al link: http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/Report-Io-sono-io-lavoro.pdf

MESSAGGI IN BOTTIGLIA
Ben 630 persone (pari a poco meno di 1 intervistato su 3) hanno voluto lasciare un proprio pensiero. Omosessuali, lesbiche, bisessuali e trans dicono: “Bisogna cambiare l’Italia, combattendo l’omofobia e il pregiudizio”, “La condizione delle persone LGBT sul lavoro, come anche fuori dal lavoro, migliorerà sensibilmente quando la mentalità della gente cambierà, maturerà e smetterà di discriminare”, “Fare tante campagne d’informazione”, “Serve maggiore informazione su cosa è veramente lgbt… farci conoscere dagli etero”, “Combattere l’ignoranza”, “Serve un rinnovamento culturale per una società felice e non chiusa in se stessa”, “Formazione anti-discriminazione”, “accettarsi per essere accettati”, “Essere se stessi sempre e ovunque”, “Non avere paura, dare valore a noi stessi ed alle persone con cui lavoriamo”, “Non avere paura”.

LE PRIME REAZIONI
“Finalmente possiamo comprendere in profondità sia il numero di episodi di omofobia e di discriminazione sul posto di lavoro sia la necessità impellente di dare risposte adeguate e rispettose della vita delle persone lgbt. Arcigay, con questa ricerca “dimostra ancora una volta il suo impegno concreto e propulsivo nella storia di questo Paese. Per il diritto al lavoro senza discriminazione e per un’effettiva pari opportunità per tutti e tutte” Paolo Patanè Presidente Nazionale Arcigay.

“La discriminazione colpisce direttamente una minoranza di lavoratori lgbt. L’impatto indiretto è invece molto più ampio; secondo alcuni osservatori esso è persino universale, visto che tutte le persone lgbt si trovano, prima o poi, a domandarsi se essere visibili o meno sul lavoro, ad anticipare le conseguenze del proprio coming out. Sorprende l’uniformità territoriale di questi fenomeni: nord, centro e sud Italia appaiono infatti accomunati da questi fenomeni. Non sorprende invece, purtroppo, la vera e propria emergenza in cui vivono le persone trans che lavorano, la maggior parte delle quali viene tuttora respinta o espulsa dal mercato. Se da un lato, infine, “Io Sono Io Lavoro” dimostra che la maggioranza dei lavoratori lgbt ha comunque raggiunto, con risorse proprie, un equilibrio più o meno soddisfacente sul lavoro, dall’altro lato va sottolineata la sofferenza e la solitudine che si trovano a vivere ancora troppe persone lgbt vittime di discriminazione sul lavoro” Raffaele Lelleri, sociologo e responsabile scientifico della ricerca.

“Questa ricerca fornisce non solo un importante strumento sociale per combattere le discriminazioni sul lavoro ai danni delle persone lgbt, ma offre anche uno strumento legale di tipo tecnico-pratico in caso di processi che coinvolgano vittime di discriminazione sul lavoro. Le statistiche infatti, in sede di dibattimento potranno essere presentate come prova ai sensi del decreto legislativo 216/2003. Il progetto ha poi formato ben 40 mediatori che lavoreranno nei comitati Arcigay per la costruzione di una rete nazionale che supporterà le vittime di discriminazione. A breve, nell’ambito di questo progetto, sarà pubblicato un manuale rivolto a chi opera nel mondo del lavoro che costituirà certamente uno strumento per affrontare il fenomeno” Michele Giarratano, responsabile del progetto.

IL REPORT FINALE di IO SONO IO LAVORO

IO SONO IO LAVORO

“Lotta all’omofobia e promozione della non discriminazione sui luoghi di lavoro come strumento di inclusione sociale” finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ai sensi della lett. f) della L. 383/2000 – Direttiva annualità 2009 a cura di: Arcigay www.arcigay.it – www.iosonoiolavoro.it

Coordinamento e amministrazione:
Responsabile e coordinatore del progetto: Michele Giarratano.
Supervisore: Rosario Murdica.
Coordinamento e amministrazione: Alessandro Ballarin, Carmela Castellano.
Contabilità: Antonio Piras.
Logistica: Alessandro Ballarin. Collaboratori: Matteo Cavalieri, Roberto Dartenuc, Paolo Patanè, Federico Sassoli.
Settore Ricerca: Responsabile scientifico e coordinatore del gruppo ricerca: Raffaele Lelleri.
Assistenti alla ricerca: Laura Pozzoli (ambito quantitativo), Priscilla Berardi (ambito qualitativo).
Ricercatori: Marco Carnabuci (Catania), Laura Guercio (Genova), Daniele Paolini (Firenze).

Settore Formazione:
Coordinamento formazione: Michele Giarratano, Linda Giuriato, Laura Pozzoli.
Formatori: Stefano Basaglia, Claudia Benvegnù, Michele Giarratano, Linda Giuriato, Miles Gualdi, Luca Pietrantoni, Laura Pozzoli, Emilio Tanzi, Fausto Viviani. (lista in via di aggiornamento)

Settore Comunicazione:
Responsabile comunicazione: Carmela Castellano.
Architettura sito web e contenuti: Carmela Castellano, Michele Giarratano, Linda Giuriato, Raffaele Lelleri, Daniela Tomasino.
Webmaster: Francesco Giudice.
Grafico: Alessandro Ballarin.
Ufficio stampa: Stefano Bolognini.
Steering Committee: Alessandro Ballarin, Carmela Castellano, Michele Giarratano, Raffaele Lelleri, Rosario Murdica.
fonte http://www.arcigay.it

Lgbt Radio: Su Antenna Radio Esse si parla di laicità e diritti civili, Piergiorgio Odifreddi e l'on. Sandro Gozi ospiti a “Oltre le Differenze”

l'on. Sandro Gozi

Piergiorgio Odifreddi

Venerdì 14 ottobre alle 21 va in onda il format radiofonico dedicato al mondo LGBTQ condotto da Natascia Maesi ed Eleonora Sassetti

Il vuoto legislativo sui diritti civili in Italia è causato dalla mancanza di laicità? Questa è solo una delle riflessioni che saranno al centro della prossima puntata di “Oltre le Differenze” il primo ed unico format radiofonico in Toscana interamente dedicato al mondo gay, lesbico, bisex, transessuale e queer.

Nello spazio condotto da Natascia Maesi e Eleonora Sassetti in onda venerdì 14 ottobre alle 21.00 sulle frequenze di Antenna Radio Esse (FM 91.25, 93.20, 93.50 99.10) o in streaming su www.antennaradioesse.it, parleremo del rapporto tra laicità e diritti civili: dal testamento biologico, alla procreazione assistita, fino al riconoscimento delle unioni di fatto, con il contributo del matematico, scrittore e divulgatore scientifico Piergiorgio Odifreddi, presidente onorario dell'Unione Atei Agnostici Razionalisti.

Insieme all'on. del PD Sandro Gozi, portavoce nazionale del manifesto del gruppo Laicità e Diritti, analizzeremo dal punto di vista legislativo lo stato di alcune "battaglie di civiltà": legge 40 sulla fecondazione assistita, riconoscimento delle coppie di fatto, anche omosessuali, e proposta di legge in merito alla Dichiarazione Anticipata di Trattamento.

Ascolteremo anche l'intervista ad Alessandro Cresci, responsabile diritti civili per l'Italia dei Valori Toscana e coordinatore dei lavori del convegno "Chi ha paura dei diritti?" che si terrà sabato 15 ottobre a Firenze.

Non mancherà lo spazio per l'esilarante hit delle castronerie e la puntata si concluderà con lo scaffale, il consueto momento con i consigli su libri, film e appuntamenti a tema. Per chi ascolta “Oltre le differenze”, c'è la possibilità di interagire con la redazione del programma chiamando 366 2809050 o scrivendo a redazione.oltreledifferenze@gmail.com.

E’ possibile inoltre visitare la pagina facebook e il blog: http://oltreledifferenze.splinder.com/
fonte redazione "Oltre le Differenze"

martedì 11 ottobre 2011

Verona: Arriva il gruppo di sviluppo e crescita LGBT “CAMMINIAMO INSIEME”


“Camminiamo insieme” è un percorso di gruppo in cui persone omosessuali, bisessuali, transessuali, ma anche pesone vicine che desiderano compiere un pecrorso di crescita, si incontrano ed entrano in relazione per vivere un’esperienza comune.

E’ un luogo in cui il gruppo diventa uno spazio in cui desideri, bisogni, vissuti, ricordi e sogni possono essere espressi e condivisi e talvolta ri-vissuti.

Il gruppo diventa occasine per la crescita della singola persona e del gruppo nel suo insieme. La modalità di lavoro è esperienziale, per cui attiva e partecipata e passa attraverso lo scambio, la condivisione, il racconto e l’ascolto, l’azione, la libera manifestazione di sè tramite il movimento e l’espressione creativa.

Gli incontri sono in totale nr. 16 di 2 ore ciascuno e si terranno il mercoledi (con l’eccezione dell’incontro del 11 ottobre che cade di martedi) dalle ore 21.00 alle 23.00 secondo il calendario di seguito riportato; in corrispondenza della data, è indicato il titolo della serata.

Anno 2011
28/09 “Inizia il percorso: presentazione del gruppo, aspettative, desideri…”
11/10 “C’era una volta” (n.b. martedi)
26/10 “Chi l’avrebbe mai detto”
09/11 “M’ama, non m’ama”
23/11 “Uffa, non ne posso più”
07/12 “Non vedo l’ora che…”
21/12 “Come te non c’è nessuno”
Anno 2012
11/01 “Le occasioni mancate…”
25/01 “Il piacere e il dolore”
08/02 “A tutto so resistere tranne che alle tentazioni”
22/02 “Se mi guardo indietro vedo… se mi guardo in avanti vedo…”
07/03 “Se l’avessi saputo prima”
21/03 “Il dono”
04/04 “Ma chi me lo fa fare?”
18/04 “Non tutte le ciambelle escono col buco”
02/05 “Termina il percorso di gruppo, restituzione del al gruppo”

Luogo degl incontri: Via Santa Felicita 9 (zona Ponte Pietra) - Verona.
Il conduttore è Ermanno Marogna che da anni si occupa di sostegno e aiuto tramite il counseling e la modalità attiva (psicodramma, sociodramma, teatro dell’oppresso), a singole persone, a coppie, a gruppi e a famiglie.

Partecipanti: 12 - 14 persone
Per la partecipazione viene richiesto un contributo economico volontario per le spese.
Per informazioni e/o adesioni telefonare al numero 349 4641139 o scrivere a info@sostegnogay.it oppure a formazionelgbt@yahoo.it

Ermanno Marogna
Formazione LGBT - Verona
tel. 349 4641139
email: formazionelgbt@yahoo.it
fonte http://www.yourgossips.com viahttp://www.tuttouomini.it

Iniziative Lgbt: La Capitanata pronta per il progetto Arcigay, Gianfranco Meneo: “Ci sono voluti 25 anni”

Gianfranco Meneo (ph: Michele Sepalone)

Foggia – NASCE per portare un cambio di mentalità e per affermare il principio della democrazia. Nasce per confrontarsi e per incidere, in modo significativo, sulla matrice culturale di una città segnata da Tarsu, parcheggi e rifiuti. La notizia principale, per intanto, è l’Arcigay nasce.
Anche se, per lo meno fino a sabato e domenica prossimi, non si può dire ancora con i crismi dell’ufficialità.

Il sodalizio si muove grazie all’impegno profuso dai suoi primi animatori: Gianfranco Meneo, Laura Cinquepalmi, Bruno Colavita, Francesco Camasta, Valentina Vigliarolo, Raffaele Piacente. Sono loro i menbri del Comitato Promotore che si è accollato il difficile compito di vincere la resistenza del conformismo, rompando gli schematismi ideologici e sparigliando le carte dell’associazionismo di Capitanata.

Donne e uomini con una missione, più che con un incarico. Per loro, fra sette-otto giorni, la trasferta al congresso nazionale di Bologna significherà non semplicemente giungere alla meta, quanto piuttosto schiudere le porte dello stadio, per provare a spingersi oltre nei risultati e negli obiettivi.

Sarà quello lo start up cronologico per incominciare a discutere di affiliazione, insediamento, congresso provinciale, tesseramento. Infatti, per il momento, il Comitato si sta muovendo senza una sede fisica, senza un centro operativo fisso. Che, si sa, in tempi di rete, network, internet, è determinate per stabilire i contatto.

Stato Quotidiano ha parlato con uno dei principali artefici del progetto Arcigay, il docente Gianfranco Meneo, autore, fra le altre cose, di un testo interessante (“Trasgender. Le sessualità disobbedienti”, edito dalla barese Palomar), che aiuta a vederci più chiaro nell’ignoto (per la maggior parte delle persone) universo lgtb.

Meneo conferma che l’idea dell’Associazione ballava nei progetti da tempo, spinto soprattutto dal valido precedente, tuttavia ancora recente, dell’Agedo, sodalizio che riunisce le famiglie di figli omosessuali, che, sul territorio cittadino del Capoluogo, ha il merito di aver innestato la fenomenologia del confronto.

Meneo, ovvero Il coraggio di portare a Foggia un’associazione che potrebbe squarciare molti veli…

(sorride) Arcigay esiste a livello nazionale da 25 anni. Noi siamo nel 2011 e soltanto adesso siamo riusciti a paventare la possibilità della sua creazione. Questo conferma, di certo, una cosa. Foggia, per troppo tempo, ha evitato di guardare nella direzione del discorso che noi vogliamo aprire. D’altronde, è evidente che il contesto è poco informato in merito all’argomento. E, con l’ignoranza, intesa letteralmente come mancanza di conoscenza, si sono alimentate cattive pratiche. E, su di esse, s’è cristallizzato un pensiero sbagliato. Ecco allora che essere ricchione, o frocio, o finocchio, è diventato una categoria offensiva facilmente applicabile a tutti.

Foggia è terra vergine, dunque?

Piuttosto direi che è terra scoperta. In città, soltanto il coraggio incredibile di Gabriele Scalfarotto, presidente dell’Agedo, ha rotto il vetro dell’indifferenza e colmato un vuoto altrimenti insopportabile. ma, per lui come per noi, vale il discorso del ritardo. C’è voluta una vita prima di poter arrivare all’obiettivo.

Obiettivo. Voi procederete certo per obiettivi, finalità. Quali sono le emergenze da affrontare?

Sicuramente aprire degli spazi di discussione che consentano ad una serie di soggetti di poter liberamente affrontare la loro sessualità.

Come?
Ascoltando e parlando, rapportandosi con gli altri. Voglio ricordare che, a Foggia come in tanti contesti civici, sopravvivono retaggi che impongono la rimozione dell’omosessualità. O, comunque, delle sessualità diverse dall’eterosessualità. Questo reaggio è deleterio per la persona ed ingenera una forma di isolamento forzato. Il prodotto è una vita intristita, di solitidine estrema. Questo accade tanto fra i ragazzi e le ragazze, quanto fra le persone adulte.

Non vi spaventa impiantarvi su Foggia, città che, negli ultimi anni, ha subito un’escalation decisa di violenza?

Diciamo che abbiamo messo in conto di non avere un’accoglienza travolgente e che, piuttosto, pioveranno su di noi molte critiche. D’altronde, se fosse così semplice dar vita ad un movimento organico che tratti delle problematicità lgtb, già si sarebbe fatto. Ed invece, credo sinceramente, e lo crediamo tutti all’interno del Comitato Promotore (e non solo), che si tratti dell’accettazione di una sfida cui non possiamo sottrarci. Siamo consapevoli che, fintanto che l’omosessuale, la lesbica, il trans resta solo a parlare, è zero, non fa nppure numero. Mettere insieme più esperienze, più voci-menti-corpi può invece costituire il cambio di passo decisivo. Può significare più ‘fastidi’. E dicendo fastidi voglio intendere difficoltà di attecchimento ulteriore delle forme di discriminazione. La nostra iontelligenza sarà anche nell’essere in grado di distiguere gli attacchi personali, che fanno parte del quotidiano e il più delle volte sono gratuiti, dagli attacchi mirati, rivolti al gruppo in quanto portatore di valori.

Senta Meneo. Immagini da ora a tre anni la vita dell’Arcigay. Quali risultati concreti immagina di aver raggiunto? O come conta di aver veicolato, culturalmente, la città?

E’ molto difficile, per noi che puntiamo ancora alla costituzione formale, pensare a cosa avverrà tra quualche anno. Preferisco discutere nel contemporaneo, su quel che avverrà oggi, domani, a breve scadenza. Sembrerò poco, ne sono consapevole. Ma auspico, in questo stretto giro, di poter attivare il dibattito, arricchire il dialogo e la partecipazione. Ecco, il nostro orizzonte programmatico da qui a qualche anno è dimostrare che Foggia non è una città negata per il dialogo.

A proposito di dialogo, come pensate di correlarvi con istituzioni e soggetti del territorio?

Chiaramente, in maniera propositiva. La nostra finalità è di non chiuderci all’interno di una sede fisica a discutere al nostro interno. Di movimenti così ce ne sono sin troppi. La nostra intenzione è aprire le porte all’esterno. Uscire noi e far entrare gli altri con noi.

Condividere, di volta in volta, gli spazi. Puntiamo a colloquiare progettualmente con le associazioni del territorio, a spingere con gli Enti per promuovere le nostre istanze.

Noi non abbiamo gli usci spalancati. E non li avremo.
Non siamo un partito politico e non siamo afferenti a nessuna formazione o leader. Ed anche il nome può trarre in inganno.
Sebbene in relazione con l’Arci, non siamo affiliati all’Arci.
Dunque, dovremo guadagnarci il nostro spazio con progetti, proposte, competenze.
fonte http://www.statoquotidiano.it, di Piero Ferrante

Film lgbt "Tomboy" Il segreto di Laure, l’ambiguità sessuale di una preadolescente nel film di Céline Sciamma


La riprova che il sistema di sostegno al cinema francese funziona è la messe di nuovi talenti già professionalmente maturi e finanziariamente solidi che spuntano continuamente da un paese in cui la cultura è ancora considerata importante e (gasp!) persino redditizia.

Ultima testimonianza del buon funzionamento di quel sistema è Tomboy di Céline Sciamma, regista appena trentenne ma già alla sua opera seconda dopo Naissance des pieuvres, premio César come miglior esordio del 2007.

Tomboy, il cui titolo significa «maschiaccio», è la storia di una bambina di dieci anni, Laure (la straordinaria Zoé Héran, creatura di confine fra il maschile e il femminile perfettamente innocente nella sua ambiguità sessuale come lo era il Tadzio di Morte a Venezia), che approfitta di un trasferimento della propria famiglia per inventarsi un’identità maschile.

Laure si presenta infatti ai nuovi amici come Mickael e procede a giocare a pallone con loro, a fare il bagno (imbottendo il costume), a baciare una compagna di giochi.

Grazie ad una regia mai insistita e sempre attenta a cogliere la verità nelle reazioni dei giovanissimi interpreti, respiriamo insieme a Laure l’ebbrezza dell’inganno e il terrore di essere smascherata, percepiamo sulla nostra pelle (giacchè Tomboy è un film eminentemente fisico) il respiro della libertà nello sfuggire alle restrizioni di genere e il panico sottile nel dover costruire una bugia sempre più intricata.

Sciamma è maestra nel mostrarci come, all’interno di una famiglia piena di amore incondizionato verso tutti i propri membri, Laure non abbia mai dovuto scegliere di appartenere ad un sesso piuttosto che a un altro, né conformare la propria identità individuale ad un genere specifico.

In particolare è straordinario il rapporto fra la ragazzina e la sorella minore Jeanne (Malonn Lévana, una minidiva senza nessuno dei manierismi della star bambina) che, al contrario di Laure, è istintivamente iperfemminile e allo stesso tempo in grado di accettare completamente la sorella e di vivere nella sua dimensione ludica (ben presente nella storia, anche quando il gioco si fa socialmente pericoloso) la sua trasformazione in Mickael.

Ma la società «civile», con i suoi schematismi e il suo bisogno di incasellare le individualità, è in agguato, come lo è per ogni bambino che si affacci all’adolescenza.

Il dettaglio più crudele di Tomboy è che quella società è incarnata dalla stessa madre di Laure, che pur avendola sempre accettata nella sua complessità, si ritrova ad agire con efferata crudeltà quando apprende dell’inganno della figlia nei confronti del resto del mondo.

Il gesto della madre è ancora più eclatante perché si contrappone a quell’arcadia sfumata che fino a quel momento ha visto Laure in simbiosi con la natura e con gli altri senza bisogno di categorie e definizioni, in una spontanea armonia.

La naturalezza delle riprese e la veridicità nel raccontare l’interazione fra preadolescenti ricorda quella di Abdel Kechiche ne La schivata, altro film delicato e crudele emerso nel recente passato dalla fabbrica di talenti d’oltralpe.

E il punto di vista della Sciamma, pur nella lievità della confezione, è definito e personalissimo: anche questo un lusso consentito dall’industria cinematografica d’oltralpe che si ricorda di non interferire, a livello produttivo, con la capacità dei neoregisti di esprimere la propria visione artistica.

La storia di Laure non è mai scontata, la sceneggiatura di Tomboy è scritta in punta di penna facendo leva più sui silenzi che sulle parole, e il finale aperto rispetta la capacità degli spettatori di immaginarsi un seguito e di decidere se l’inganno di Laure sia il prodromo di una futura omosessualità o solo la sperimentazione tipica dell’età in cui è ancora lecito giocare a «fare finta».

Forse l’aspetto più convincente di Tomboy è la capacità della regista-sceneggiatrice, con poche ed essenziali pennellate, di contrastare il senso di onnipotenza dei bambini, padroni incontrastati del loro microcosmo, con la repressione dell’età adulta che lascia i piccoli alla mercè delle decisioni dei grandi, siano esse un trasloco o una richiesta di scuse.

Sciamma ci fa rivivere quel delirio di onnipotenza e quella frustrazione con uguale partecipazione emotiva e uguale intensità, e ci ricorda che, a dieci anni, conta solo l’attimo presente, che sia gioioso o disperato.
fonte http://www.europaquotidiano.it, di Paola Casella

lunedì 10 ottobre 2011

Lgbt Australia: Per i trans FtoM “Sei legalmente un maschio. Anche se non ti sei operato”


In Australia la Corte Suprema ha riconosciuto come maschi due trasgender che conservano integri gli organi femminili

Biologicamente donne, legalmente uomini. In Australia due transgender che non hanno ancora concluso il trattamento medico per il cambiamento di genere sono stati riconosciuti come maschi dalla Corte suprema.

CHIRURGIA NON NECESSARIA
La coppia, già sottoposta a rimozione dei seni e a terapia ormonale maschile, conserva ancora integro l’organo sessuale femminile. La decisione dei giudici ha generato soddisfazione tra i transgender, che d’ora in poi potranno evitare di sottoporsi ad intervento chirurgico per vedere ricososciuto un cambio di genere.

La corte ha stabilito che le caratteristiche fisiche in grado di determinare se una persona legalmente sia uomo o donna sono quelle visibili, “socialmente riconoscibili” e che, per stabilirlo, non c’è bisogno di conoscere gli organi sessuali. Precedentemente il Consiglio per il cambiamento di genere (il Gender Reassignment Board) dell’Australia occidentale si era rifiutato di prendere la decisione per via delle operazioni mediche incomplete.

LA SODDISFAZIONE
Prima d’ora – ha spiegato Aram Hosie, portavoce del Western Australia Gender Project - i transgender non erano capaci di cambiare legalmente sesso senza ricorrere all’invasività degli ambulatori medici. Peter Hyndal, della Gender Agenda, ha detto che la sentenza è in linea con quanto già stabilito in Sudafrica, Gran Bretagna ed altri paesi europei che hanno ridotto i requisiti chirurgici per cambiare sesso legalmente.

Già dal mese scorso l’Australia consentiva alle persone transgender di cambiare genere sul passaporto senza chirurgico per il cambio di sesso.
FONTE http://www.giornalettismo.com, di Dario Ferri

Lgbt: Censimento 2011, questionari online e coppie gay le novità


Le famiglie italiane hanno già ricevuto il plico da compilare a partire da oggi e, sempre nella giornata odierna, è stato aperto il sito per l’inserimento dei dati online: è partito il Censimento 2011, la quindicesima raccolta statistica che permetterà di fotografare la società italiana.

I risultati di come sia cambiata la popolazione italiana dal 2001 non verranno diffusi prima della primavera 2012, ma tre sono le scadenze: la fine dell’anno per i comuni con meno di 20.000 abitanti, gennaio per quelli fino a 150.000 e febbraio per le cittadine di dimensioni maggiori.

Tre sono anche le modalità di consegna: si dice addio all’addetto scelto dall’Istat, il quale non passerà più casa per casa a raccogliere le informazioni sulle famiglie italiane, perché il Censimento 2011 è un opera di auto-compilazione.

Può essere quindi inoltrato agli uffici postali, ai centri di raccolta comunali oppure, e questa è la modalità più innovativa, si può compilarlo per via telematica, evitando così uno spostamento non previsto dalla propria abitazione.

Peccato, però, che i primi esperimenti online abbiano riservato qualche intoppo di troppo.

Complice il debutto e la curiosità di molti italiani, il sito preposto per il Censimento ha subito rallentamenti e malfunzionamenti inaspettati.

Dall’Istat promettono di risolvere il tutto quanto prima, nel frattempo si ricorda che per avere accesso ai servizi online è necessario utilizzare la password univoca riportata sul plico ricevuto per posta tradizionale.

Ma non è solo la vocazione internettiana a costituire la novità di questo censimento, appuntamento che si ripete ogni 10 anni sullo Stivale.

Da quest’anno, infatti, sarà possibile conteggiare anche le coppie conviventi, comprese quelle dello stesso stesso sesso.

Da giorni le associazioni gay e i promotori di questa iniziativa, compresi rappresentanti politici come Anna Paola Concia del PD e la radicale Emma Bonino, invitano la comunità omosessuale a non rinunciare a questa opportunità mentendo sul questionario, perché la cartina al tornasole che emergerà dal Censimento potrà essere di indubbio aiuto alla formulazione di leggi di tutela della comunità LGBT.

Va ricordato, inoltre, come la riservatezza delle informazioni fornite verrà garantita, perché in primavera non verranno pubblicati i singoli dati di ogni cittadino, bensì delle analisi aggregate degli stessi. Così la Bonino ha commentato questa occasione:

«Io invito tutti quanti a parlare il linguaggio della verità. Già molti accusano la politica di ipocrisia o di non affrontare la verità, io volevo chiedere a tutti di non avere paura: chi è convivente scriva che è convivente.

E se è convivente con persone dello stesso sesso lo scriva.
Io credo che questo atto di coraggio, che poi in un paese normale dovrebbe essere assolutamente normale, mi auguro che lo facciano e lo facciano tutti.»

Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, ha invece aggiunto perché il censimento sia un appuntamento irrinunciabile per la popolazione italiana:

«Il censimento è un rito collettivo che celebra le diversità nell’unità. Le informazioni che l’operazione censuaria ci restituirà rappresentano un patrimonio insostituibile non solo per chi ha la responsabilità di stabilire strategie di sviluppo e assumere decisioni nell’interesse del Paese, ma anche per le imprese che vogliono programmare e pianificare attività e progetti, offrire servizi, e per i cittadini, per monitorare politiche e interventi sul territorio.
Per questo motivo il censimento è un dovere civico, ma anche un importante contributo alla conoscenza del nostro Paese e al suo sviluppo futuro.»
PER INFO MAGGIORI VAI A QUESTO LINK:
http://www.gay.it/faicontareiltuoamore/

Fonte: Repubblica, via http://www.diredonna.it/

Lgbt: Alitalia, addio all'italiano: steward e piloti si parleranno solo in inglese


ROMA «Assistenti di volo prepararsi al decollo» addio.

Niente più «Armare gli scivoli» e nemmeno «Imbarco completato».
D’ora in poi su tutti gli aerei del gruppo Alitalia si parla inglese.

La novità è di questi giorni e ha lasciato disorientati non pochi habituè dell’alta quota.

Già perché è un altro pezzetto d’Italia che va in pensione per lasciare il posto all’Europa, alla globalizzazione. Semplicemente al terzo millennio.

È così che va, è così che deve andare. Però fa sempre strano. Perché quegli annunci, per chi era solito viaggiare con Alitalia, erano una piacevole abitudine. Un po’ come l’interruttore del corridoio di casa: se te lo spostano passano anni prima che riprendi le misure.

Per non parlare di quelli che hanno paura di volare: quelle frasi, sempre le stesse come fossero una preghiera o un mantra, erano dei punti fermi ai quali aggrapparsi e farsi coraggio fino a tirare un sospiro di sollievo, come fosse un riflesso condizionato, quando all’altoparlante dell’aeroplano si sentiva «Assistenti di volo prepararsi all’atterraggio».

Adesso, invece, l’Alitalia ha deciso (nessuno gliel’ha imposto) che le comunicazioni tra l’equipaggio devono essere rigorosamente in lingua inglese. Così prevede la nuova procedura e i nuovi manuali operativi di bordo.

Da qualche giorno, quindi, «Assistenti di volo prepararsi all’atterraggio» è diventato «Cabin crew prepare for take off», «Assistenti di volo armare gli scivoli» è stato sostituito da «Cabin crew arm slides and cross check» e ovviamente «Imbarco completato» ha lasciato il posto a «Boarding completed».

La piccola rivoluzione non riguarda solo le comunicazioni di servizio ma anche le procedure di emergenza che da quando è stata fondata la compagnia di bandiera italiana sono sempre state impartite in italiano.

Non c’è da augurarselo, ma chissà cosa possono dire in un momento delicato uno steward e una hostess magari di fronte a una maschera dell’ossigeno che non scende automaticamente.
fonte http://www.ilmessaggero.it, di Davide Desario